La fenomenologia di Max Scheler
Max Scheler (1874- 1928), pensatore che si pone a cavallo tra Ottocento e Novecento. Appartiene alla fenomenologia (il cui esponente più noto è Edmund Husserl). La filosofia di Scheler tuttavia, è, per certi versi, alternativa a quella di Husserl.
Obiettivo della fenomenologia è istituire la possibilità di un ritorno alle cose stesse cioè ai fenomeni. Solo così è possibile la fondazione di un sapere rigoroso. E' evidente che nella fenomenologia- che tiene conto di Kant, ma si pone dopo Kant- il concetto di fenomeno muta di significato. Sembrerebbe paradossale, all'interno del paradigma kantiano, intendere i fenomeni come le cose stesse. Infatti, in Kant il fenomeno (ciò che si mostra sensibilmente, la cosa per noi) è contrapposto al noumeno (ciò che può essere solo pensato, la cosa in sé). Invece, la fenomenologia, oltre a eliminare il riferimento al noumeno, elimina la distinzione tra cosa per noi e cosa in sé: ci sono soltanto i fenomeni, ed essi sono le cose stesse. La fenomenologia non si pone soltanto dopo Kant, ma anche dopo ( e soprattutto contro) il positivismo, che intende per cose stesse soltanto i fatti positivi.
Proposta della fenomenologia è, quindi, la possibilità di pervenire alla cosa stessa, non attraverso un sapere che prenda come proprio oggetto fatti, cose in sé o cose per noi, ma attraverso un sapere di fenomeni.
Cogliere i fenomeni significa, dunque, cogliere la loro manifestazione, il loro manifestarsi. Il fenomeno è il manifestarsi della cosa. Es. cos'è il rosso?: in un maglione rosso, non vedo un pigmento rosso (il fatto positivo) o una rifrazione cromatica (cosa per noi), ma il manifestarsi di qualcosa di essenziale (il rosso). Si vede nel fenomeno ciò che in esso si manifesta. Ciò che si manifesta è certo una proprietà della cosa, ma essa è anche relativa alla coscienza a cui si manifesta: c'è una relazione strutturale tra la cosa che si manifesta e la coscienza che la percepisce (il rosso è la coscienza che io ho del rosso). Il rosso è carattere essenziale, è il carattere della cosa nell'atto di manifestarsi a una coscienza.
Manifestarsi significa manifestare se stesso; è il fenomeno che si manifesta. Tuttavia non si da manifestazione se non per qualcuno. Si tratta di una relazione intrinseca tra il manifestarsi del fenomeno e il suo manifestarsi a una coscienza (intesa come percezione, consapevolezza). In questo senso la coscienza è sempre intenzionale (nel suo significato latino di tendere a, essere rivolto a). La coscienza in quanto tale è sempre intenzionalità, non si da coscienza in sé, ma sempre coscienza di qualcosa, cioè tende sempre a cogliere la manifestazione del fenomeno.
La fenomenologia inaugura un nuovo modo di vedere le cose; il suo uno sguardo che permette la vista di fenomeni che altrimenti non potrebbero essere visti. Lo sguardo fenomenologico permette di cogliere la strutture eidetica (eidos= forma, idea), cioè la struttura essenziale, il manifestarsi della cosa nella sua pura idealità. Tuttavia non dobbiamo pensare all'idealità in termini platonici: in Platone l'idea è ricavata per astrazione ed è fuori dal fenomeno, più in alto del fenomeno; nella fenomenologia l'idea si dà nella manifestazione del fenomeno, in esso ho una percezione essenziale, e non accidentale. Per la fenomenologia nel paesaggio bello io vedo il Bello, in esso ho una visione del bello in quanto struttura eidetica.
Abbiamo detto che la fenomenologia è un nuovo atteggiamento verso le cose, è uno sguardo, e, in quanto tale, esso va educato e affinato. In un certo senso dobbiamo imparare a vedere ciò che non si sa vedere, imparare a vedere la struttura eidetica nel fenomeno. Serve una tecnica, un atteggiamento che sappia indirizzare lo sguardo: la riduzione cioè la messa tra parentesi dell'indice di realtà, o ancora l'epoche (sospensione del giudizio). Lo sguardo fenomenologico, contrariamente al nostro atteggiamento naturale che ci fa pensare le cose come realmente esistenti, prescinde dal rapporto che la cosa ha con la realtà (cioè con l'esistenza). Ai fini di cogliere la struttura eidetica della cosa, ciò che è essenziale è il manifestarsi del fenomeno alla coscienza, e non la sua reale esistenza. Anzi, il riferimento all'indice di realtà è elemento di disturbo dello sguardo.
La fenomenologia, nei suoi sviluppi, non è soltanto una filosofia in senso stretto, ma una metodologia, un atteggiamento di tipo descrittivo che può essere applicato a ambiti diversi tra loro. Ad esempio la lente fenomenologica applicata alla religione permette la descrizione pura del fenomeno religioso, senza alcun giudizio previo legato all'indice di realtà dell'oggetto considerato, che possa influire sulla sua comprensione. In altre parole: per cogliere, ad esempio, il Sacro in un particolare fenomeno religioso devo prescindere da ogni pregiudizio (indice di realtà) circa quel dato fenomeno.
La fenomenologia non è, però, neutrale rispetto all'oggetto (ogni neutralità cela in sé una forma di scetticismo). Essa è radicale: mette da parte ogni indice di realtà per lasciar parlare la cosa, lascia che essa si possa manifestare in maniera pura (ideale) alla coscienza.
Si può considerare la fenomenologia come un tentativo di riguadagnare, nella modernità post-kantiana, una immediatezza. Nella filosofia antica il conoscere è un legame immediato con la cosa conosciuta, si coglie l'essenza della cosa. Nella modernità, dopo Kant, questo non è più possibile poiché non si ha più rapporto immediato con la cosa, dal momento che le cose possono essere colte solo in quanto inscritte in forme a priori trascendentali (spazio e tempo). La fenomenologia tenta di raggiungere in una relazione reale, in una nuova immediatezza, l'essenza delle cose. Ciò può avvenire solo mettendo tra parentesi la varietà empirica delle cose, lasciando cadere tutti gli indici di realtà che situano storicamente la cosa. In questo modo abbiamo dinanzi agli occhi la cosa stessa in maniera immediata. Tuttavia non si tratta dell'immediatezza immediata degli antichi, ma di un'immediatezza ottenuta attraverso un faticoso lavoro di mediazione (la riduzione). L'immediatezza fenomenologia è una immediatezza riguadagnata.
Nella fenomenologia la coscienza è quella struttura alla quale il fenomeno si manifesta. In questo senso, la coscienza non è una coscienza individuale (cioè la mia coscienza), ma una coscienza trascendentale, un soggetto trascendentale inteso come condizione di possibilità della conoscenza della cosa; esso non è un soggetto individuale poiché, essendo trascendentale, non esiste di per sé ma solo in quanto applicato all'atto del conoscere. Si noti che questa nozione di soggetto è già presente in Kant: non si dà soggetto al di fuori della facoltà del conoscere. Se conosco deve essere presente anche il soggetto, poiché non si dà conoscenza senza un soggetto che unifichi il materiale che proviene dalla sensibilità, ma esso è tale solo in quanto forza di unificazione all'interno dell'atto conoscitivo. In questo senso l'io penso kantiano è soggetto trascendentale.
Non essendoci una coscienza individuale, ma solo trascendentale, il mondo fenomenologico diventa un mondo di idee. Tuttavia, non si tratta di idee astratte, bensì sempre incarnate nel fenomeno. Solo così si può garantire un sapere rigoroso.
Sebbene il gesto della riduzione possa, in prima battuta, far sembrare il contrario, la fenomenologia è una valorizzazione dell'esperienza. E' la preoccupazione circa l'esistenza a portarci lontano dall'esperienza, dal mondo della vita. In questo senso la fenomenologia è un empirismo radicale. Dove l'empirismo classico tiene conto dell'esperienza nella sua complessità e ricchezza.
Concetto centrale della fenomenologia è quello di intuizione: essa vuole sottolineare il carattere intuitivo della ragione, cioè la sua capacità di andare aò cuore della cosa, cogliendone l'essenziale. La conoscenza è intuizione: vedere chiaramente, vedere con immediatezza l'idea. In opposizione a Kant, che è sospettoso nei confronti di un'intuizione eidetica, si torna alle radici cartesiane del concetto di intuizione: l'intuizione è un'evidenza. Tuttavia, non si tratta di una evidenza immediata, bensì raggiunta attraverso il lavoro fenomenologico. Lo sguardo fenomenologico ci mette dinanzi all'evidenza della cosa, intuiamo immediatamente la cosa. L'intuizione è, quindi, dotata di una sua forza: nel momento in cui raggiungo l'evidenza, a essa non posso più sottrarmi, non posso chiudere gli occhi di fronte ad essa.
Differenze tra Husserl e Scheler
Il modello che la fenomenologia husserliana ha alle spalle è di tipo logico-matematico. Quando Husserl parla di idee e di sapere rigoroso ha in mente un modello generalissimo, costruito sulla base della matematica, che permetta di individuare una struttura permanente e trasparente della realtà. La proposta teorica di Husserl è più incentrata verso lo sviluppo del metodo fenomenologico e la sua applicazione in ambiti generalissimi (significativamente grande discepolo di Husserl è un esistenzialista: Martin Heidegger, il quale, rovesciando quest'ontologia generale, si applica a un'ontologia regionale, quella che pone al centro dell'indagine fenomenologia l'esistenza stessa.
Scheler, invece che dalla logica e dalla matematica, muove dalle questioni dell'etica, della società, della morale e della politica. La sua fenomenologia è attenta alla dimensione materiale e corporea. Mentre Husserl aveva definito come territori regionali ambiti quali il sentimento, la corporeità e l'eticità, la fenomenologia scheleriana pone al centro della propria riflessione proprio questi ambiti, cercando di cogliere in essi l'elemento carnale corporeo.
In alcuni esiti Husserl sembra andare verso una sorta di idealismo: abbiamo una cosa che si manifesta e una coscienza a cui si manifesta, cioè la cosa è conoscibile solo attraverso la coscienza intenzionale e trascendentale, ovvero, non una coscienza individuale (coscienza di qualcuno), bensì una Coscienza.
Però, se la coscienza è soltanto trascendentale e la cosa si manifesta nella sua idealità (cioè è un'idea), allora che relazione ha il conoscere con la realtà? La fenomenologia husserliana viene a essere un puro idealismi: ci sono soltanto idee pure e soggetti trascendentali puri. Questo esito viene rifiutato da Scheler. Egli lascia cadere l'idea di coscienza trascendentale, poiché ponendo enfasi su di essa il metodo fenomenologico finisce col diventare una visione idealistica della realtà.
Scheler non porta fino alle conseguenze estreme la radicalità del metodo husserliano, si limita soltanto a un approccio fenomenologico ai problemi. Il suo atteggiamento è di tipo analitico-descrittivo. Egli, in linea con i principi della fenomenologia, attraverso le descrizioni vuole rendere l'osservatore partecipe della nascita del fenomeno. La fenomenologia intende riuscire a far vedere ciò che ancora non vediamo nel momento in cui stiamo vedendo, e queso può avvenire solo descrivendo in maniera analitica il fenomeno dinanzi ai nostri occhi.
Caratteri della fenomenologia di Scheler
Prese di posizione rispetto a Kant
Qui Scheler espone una serie di tesi kantiane dalle quali intende prendere le distanze:
Obiettivo della fenomenologia è istituire la possibilità di un ritorno alle cose stesse cioè ai fenomeni. Solo così è possibile la fondazione di un sapere rigoroso. E' evidente che nella fenomenologia- che tiene conto di Kant, ma si pone dopo Kant- il concetto di fenomeno muta di significato. Sembrerebbe paradossale, all'interno del paradigma kantiano, intendere i fenomeni come le cose stesse. Infatti, in Kant il fenomeno (ciò che si mostra sensibilmente, la cosa per noi) è contrapposto al noumeno (ciò che può essere solo pensato, la cosa in sé). Invece, la fenomenologia, oltre a eliminare il riferimento al noumeno, elimina la distinzione tra cosa per noi e cosa in sé: ci sono soltanto i fenomeni, ed essi sono le cose stesse. La fenomenologia non si pone soltanto dopo Kant, ma anche dopo ( e soprattutto contro) il positivismo, che intende per cose stesse soltanto i fatti positivi.
Proposta della fenomenologia è, quindi, la possibilità di pervenire alla cosa stessa, non attraverso un sapere che prenda come proprio oggetto fatti, cose in sé o cose per noi, ma attraverso un sapere di fenomeni.
Cogliere i fenomeni significa, dunque, cogliere la loro manifestazione, il loro manifestarsi. Il fenomeno è il manifestarsi della cosa. Es. cos'è il rosso?: in un maglione rosso, non vedo un pigmento rosso (il fatto positivo) o una rifrazione cromatica (cosa per noi), ma il manifestarsi di qualcosa di essenziale (il rosso). Si vede nel fenomeno ciò che in esso si manifesta. Ciò che si manifesta è certo una proprietà della cosa, ma essa è anche relativa alla coscienza a cui si manifesta: c'è una relazione strutturale tra la cosa che si manifesta e la coscienza che la percepisce (il rosso è la coscienza che io ho del rosso). Il rosso è carattere essenziale, è il carattere della cosa nell'atto di manifestarsi a una coscienza.
Manifestarsi significa manifestare se stesso; è il fenomeno che si manifesta. Tuttavia non si da manifestazione se non per qualcuno. Si tratta di una relazione intrinseca tra il manifestarsi del fenomeno e il suo manifestarsi a una coscienza (intesa come percezione, consapevolezza). In questo senso la coscienza è sempre intenzionale (nel suo significato latino di tendere a, essere rivolto a). La coscienza in quanto tale è sempre intenzionalità, non si da coscienza in sé, ma sempre coscienza di qualcosa, cioè tende sempre a cogliere la manifestazione del fenomeno.
La fenomenologia inaugura un nuovo modo di vedere le cose; il suo uno sguardo che permette la vista di fenomeni che altrimenti non potrebbero essere visti. Lo sguardo fenomenologico permette di cogliere la strutture eidetica (eidos= forma, idea), cioè la struttura essenziale, il manifestarsi della cosa nella sua pura idealità. Tuttavia non dobbiamo pensare all'idealità in termini platonici: in Platone l'idea è ricavata per astrazione ed è fuori dal fenomeno, più in alto del fenomeno; nella fenomenologia l'idea si dà nella manifestazione del fenomeno, in esso ho una percezione essenziale, e non accidentale. Per la fenomenologia nel paesaggio bello io vedo il Bello, in esso ho una visione del bello in quanto struttura eidetica.
Abbiamo detto che la fenomenologia è un nuovo atteggiamento verso le cose, è uno sguardo, e, in quanto tale, esso va educato e affinato. In un certo senso dobbiamo imparare a vedere ciò che non si sa vedere, imparare a vedere la struttura eidetica nel fenomeno. Serve una tecnica, un atteggiamento che sappia indirizzare lo sguardo: la riduzione cioè la messa tra parentesi dell'indice di realtà, o ancora l'epoche (sospensione del giudizio). Lo sguardo fenomenologico, contrariamente al nostro atteggiamento naturale che ci fa pensare le cose come realmente esistenti, prescinde dal rapporto che la cosa ha con la realtà (cioè con l'esistenza). Ai fini di cogliere la struttura eidetica della cosa, ciò che è essenziale è il manifestarsi del fenomeno alla coscienza, e non la sua reale esistenza. Anzi, il riferimento all'indice di realtà è elemento di disturbo dello sguardo.
La fenomenologia, nei suoi sviluppi, non è soltanto una filosofia in senso stretto, ma una metodologia, un atteggiamento di tipo descrittivo che può essere applicato a ambiti diversi tra loro. Ad esempio la lente fenomenologica applicata alla religione permette la descrizione pura del fenomeno religioso, senza alcun giudizio previo legato all'indice di realtà dell'oggetto considerato, che possa influire sulla sua comprensione. In altre parole: per cogliere, ad esempio, il Sacro in un particolare fenomeno religioso devo prescindere da ogni pregiudizio (indice di realtà) circa quel dato fenomeno.
La fenomenologia non è, però, neutrale rispetto all'oggetto (ogni neutralità cela in sé una forma di scetticismo). Essa è radicale: mette da parte ogni indice di realtà per lasciar parlare la cosa, lascia che essa si possa manifestare in maniera pura (ideale) alla coscienza.
Si può considerare la fenomenologia come un tentativo di riguadagnare, nella modernità post-kantiana, una immediatezza. Nella filosofia antica il conoscere è un legame immediato con la cosa conosciuta, si coglie l'essenza della cosa. Nella modernità, dopo Kant, questo non è più possibile poiché non si ha più rapporto immediato con la cosa, dal momento che le cose possono essere colte solo in quanto inscritte in forme a priori trascendentali (spazio e tempo). La fenomenologia tenta di raggiungere in una relazione reale, in una nuova immediatezza, l'essenza delle cose. Ciò può avvenire solo mettendo tra parentesi la varietà empirica delle cose, lasciando cadere tutti gli indici di realtà che situano storicamente la cosa. In questo modo abbiamo dinanzi agli occhi la cosa stessa in maniera immediata. Tuttavia non si tratta dell'immediatezza immediata degli antichi, ma di un'immediatezza ottenuta attraverso un faticoso lavoro di mediazione (la riduzione). L'immediatezza fenomenologia è una immediatezza riguadagnata.
Nella fenomenologia la coscienza è quella struttura alla quale il fenomeno si manifesta. In questo senso, la coscienza non è una coscienza individuale (cioè la mia coscienza), ma una coscienza trascendentale, un soggetto trascendentale inteso come condizione di possibilità della conoscenza della cosa; esso non è un soggetto individuale poiché, essendo trascendentale, non esiste di per sé ma solo in quanto applicato all'atto del conoscere. Si noti che questa nozione di soggetto è già presente in Kant: non si dà soggetto al di fuori della facoltà del conoscere. Se conosco deve essere presente anche il soggetto, poiché non si dà conoscenza senza un soggetto che unifichi il materiale che proviene dalla sensibilità, ma esso è tale solo in quanto forza di unificazione all'interno dell'atto conoscitivo. In questo senso l'io penso kantiano è soggetto trascendentale.
Non essendoci una coscienza individuale, ma solo trascendentale, il mondo fenomenologico diventa un mondo di idee. Tuttavia, non si tratta di idee astratte, bensì sempre incarnate nel fenomeno. Solo così si può garantire un sapere rigoroso.
Sebbene il gesto della riduzione possa, in prima battuta, far sembrare il contrario, la fenomenologia è una valorizzazione dell'esperienza. E' la preoccupazione circa l'esistenza a portarci lontano dall'esperienza, dal mondo della vita. In questo senso la fenomenologia è un empirismo radicale. Dove l'empirismo classico tiene conto dell'esperienza nella sua complessità e ricchezza.
Concetto centrale della fenomenologia è quello di intuizione: essa vuole sottolineare il carattere intuitivo della ragione, cioè la sua capacità di andare aò cuore della cosa, cogliendone l'essenziale. La conoscenza è intuizione: vedere chiaramente, vedere con immediatezza l'idea. In opposizione a Kant, che è sospettoso nei confronti di un'intuizione eidetica, si torna alle radici cartesiane del concetto di intuizione: l'intuizione è un'evidenza. Tuttavia, non si tratta di una evidenza immediata, bensì raggiunta attraverso il lavoro fenomenologico. Lo sguardo fenomenologico ci mette dinanzi all'evidenza della cosa, intuiamo immediatamente la cosa. L'intuizione è, quindi, dotata di una sua forza: nel momento in cui raggiungo l'evidenza, a essa non posso più sottrarmi, non posso chiudere gli occhi di fronte ad essa.
Differenze tra Husserl e Scheler
Il modello che la fenomenologia husserliana ha alle spalle è di tipo logico-matematico. Quando Husserl parla di idee e di sapere rigoroso ha in mente un modello generalissimo, costruito sulla base della matematica, che permetta di individuare una struttura permanente e trasparente della realtà. La proposta teorica di Husserl è più incentrata verso lo sviluppo del metodo fenomenologico e la sua applicazione in ambiti generalissimi (significativamente grande discepolo di Husserl è un esistenzialista: Martin Heidegger, il quale, rovesciando quest'ontologia generale, si applica a un'ontologia regionale, quella che pone al centro dell'indagine fenomenologia l'esistenza stessa.
Scheler, invece che dalla logica e dalla matematica, muove dalle questioni dell'etica, della società, della morale e della politica. La sua fenomenologia è attenta alla dimensione materiale e corporea. Mentre Husserl aveva definito come territori regionali ambiti quali il sentimento, la corporeità e l'eticità, la fenomenologia scheleriana pone al centro della propria riflessione proprio questi ambiti, cercando di cogliere in essi l'elemento carnale corporeo.
In alcuni esiti Husserl sembra andare verso una sorta di idealismo: abbiamo una cosa che si manifesta e una coscienza a cui si manifesta, cioè la cosa è conoscibile solo attraverso la coscienza intenzionale e trascendentale, ovvero, non una coscienza individuale (coscienza di qualcuno), bensì una Coscienza.
Però, se la coscienza è soltanto trascendentale e la cosa si manifesta nella sua idealità (cioè è un'idea), allora che relazione ha il conoscere con la realtà? La fenomenologia husserliana viene a essere un puro idealismi: ci sono soltanto idee pure e soggetti trascendentali puri. Questo esito viene rifiutato da Scheler. Egli lascia cadere l'idea di coscienza trascendentale, poiché ponendo enfasi su di essa il metodo fenomenologico finisce col diventare una visione idealistica della realtà.
Scheler non porta fino alle conseguenze estreme la radicalità del metodo husserliano, si limita soltanto a un approccio fenomenologico ai problemi. Il suo atteggiamento è di tipo analitico-descrittivo. Egli, in linea con i principi della fenomenologia, attraverso le descrizioni vuole rendere l'osservatore partecipe della nascita del fenomeno. La fenomenologia intende riuscire a far vedere ciò che ancora non vediamo nel momento in cui stiamo vedendo, e queso può avvenire solo descrivendo in maniera analitica il fenomeno dinanzi ai nostri occhi.
Caratteri della fenomenologia di Scheler
- Istituire uno stretto contatto tra la fenomenologia e la vita concreta, l'esistenza.
- Tendenza a fare dell'atteggiamento fenomenologico uno stile di vita; non soltanto uno strumento, bensì un modo di rapportarsi al mondo. Il nostro atteggiamento naturalistico (criticato dalla fenomenologia in generale e da Scheler) ci porta a prendere le cose come Ding (cosa materiale), mentre lo sguardo fenomenologico, ci permette di cogliere le cose come Sache (cose nel senso latino di res).
- Intendere la dimensione biologica umana come capace d condizionare il nostro modo di conoscere (in questo punto c'è disaccordo netto con Kant).
- La ricerca filosofica è ricerca dell'essere assoluto (in questo senso è vicino a Kant, che pone nel tema dell'etica il tema dell'incondizionato). L'etica di Scheler apre alla religione.
- Istituire la possibilità di una conoscenza oggettiva, non soltanto soggettiva.
- Correggere l'impostazione kantiana che oppone a priori= puro, non sensibile, senza riferimento all'esperienza e materiale, delineando un a priori materiale. Per Scheler, l'eroe di Kant consiste nell'identificazione di materiale e empirico. Nella concezione scheleriana, i valori sono materiali, ma non empirici. Non sono formali, essi hanno un contenuto, cioè non dicono semplicemente cosa devo fare, come devo agire, ma dicono cos'è buono, giusto, ecc. Però questa volta assieme a Kant e contro Aristotele-il contenuto dei valori non è a posteriori, ma a priori, non è ricavato dall'esperienza (come ad esempio la saggezza di cui parla Aristotele). In questo senso si può parlare di a priori materiale. Secondo Scheler, quindi, Kant ha ragione nell'affermare che al morale per essere universale deve essere a priori, ma ha torto nell'intendere l'a priori soltanto come formale e non materiale.
- Cercare una via intermedia tra l'impostazione trascendentale di tipo idealistico e l'impostazione empiristico-positivista.
Prese di posizione rispetto a Kant
Qui Scheler espone una serie di tesi kantiane dalle quali intende prendere le distanze:
- Ogni etica materiale è necessariamente etica di beni e degli scopi (come l'etica aristotelica).
- Solo l'etica materiale è etica del successo, solo l'etica formale è etica delle intenzioni. Per Scheler nell'etica si deve tenere conto non soltanto dell'intenzione, ma anche della riuscita, del successo.
- L'etica materiale è edonistica, l'etica formale non dipende dagli impulsi sensibili.
- L'etica materiale è eteronoma.
- Solo l'etica formale è a priori e universale.
- L'etica materiale può prendere in considerazione solo la legalità dell'agire, e non la moralità del volere, come fa l'etica formale. L'etica materiale è legalistica, intende l'agire soltanto come volto al conseguimento di uno scopo.
- L'etica materiale trascura la persona. Solo l'etica formale può far emergere la Dignità dell'uomo. Il tentativo scheletrivano, invece, è la fondazione di un nuovo personalismo etico.
- L'etica materiale si basa su impulsi, solo il formalismo può essere universale, cioè indipendente da ogni forma di istinto, L'etica materiale si fonda su pulsioni istintualità particolari e le eleva a livello di norme assiologiche (=di valore) generali.