Ibn - Gebirol
Salomone Ibn-Gebirol fu riconosciuto da Munk come l'autore del Fons vitae che gli scolastici latini conobbero con il nome di Avicebron e ritennero arabo. Nato a Malaga nel 1020 o 1021, ebbe la sua educazione a Saragozza e visse probabilmente sino al 1069 o 1070. Fu celebre come poeta e, secondo una tradizione leggendaria, fu ucciso da un musulmano che era geloso del suo genio. L'albero di fico sotto il quale fu nascosto il suo cadavere portò frutti così straordinari da attirare l'attenzione del re sul suo proprietario, che fu costretto a confessare il suo crimine. La sua opera La sorgente della vita, composta in arabo, fu tradotta in latino da Giovanni Ispano e Domenico Gundisalvi. Essa è in forma di dialogo tra maestro e scolaro ed è divisa in cinque libri.
La speculazione di Avicebron è dominata dai concetti aristotelici di materia e forma. Il principio da cui essa muove è infatti quello della composizione ilomorfica universale: tutto ciò che è, è necessariamente composto di materia e forma. Avicebron comincia con il ridurre ad una materia unica le diverse materie e ad un'unica forma le forme diverse del mondo. A questo scopo comincia col ridurre ad un'unità la materia e la forma delle cose sensibili. In queste, tutte le varie specie di materie, sia quelle artificiali, per esempio, il bronzo, sia quelle naturali (quattro elementi), sia quella celeste, hanno tutte a stessa natura che è quella di essere il sostegno o soggetto della forma. E dall'altro lato, tutte le forme sensibili hanno in comune il carattere di essere forme corporee. Nelle cose sensibili, dunque, c'è una sola materia, il corpo, e una sola forma, la forma corporea o corporeitas.
Ma la materia non è soltanto corpo, giacché diventa corpo unicamente per l'aggiunta di quella forma particolare che è la corporeità; e dall'altro lato la forma non è soltanto corporeità perché questa è solo la determinazione di una forma più universale. Una materia che sia più universale della materia corporea deve essere comune non solo ai corpi ma anche agli spiriti: c'è una materia che entra a comporre sia le sostanze spirituali sia quelle corporee. Le sostanze spirituali non sono dunque semplici, ma sono anch'esse composte di materia e forma. Negli scolastici latini, la dottrina di Avicebron venne appunto tipizzata in questo principio della composizione ilomorfica delle sostanze spirituali.
Se c'è una materia universale, comune anche nelle sostanze spirituali, ci sarà una forma universale comune a tutti gli esseri. Questa forma universale è l'insieme delle nove categorie di Aristotele, che costituiscono appunto le determinazioni più generali dell'essere. La materia universale è la prima delle categorie aristoteliche, la sostanza, che sostiene (sustinet) la altre nove categorie (Fons vitae, II, 6).Così unificate e universalizzate, la materia e la forma non sussistono in sé, ma nella mente del Creatore. Nella Sapienza di Dio, materia e forma sussistono nella loro distinzione. La creazione consiste nell'unione, determinata dalla volontà divina, tra la mente e la forma.Per essa, la forma si unisce alla materia determinata, comunicandole via via le sue determinazioni successive: le qualità primarie, la forma minerale, la forma vegetativa, la forma sensitiva, la forma razionale, la forma intelligibile. Ma il presupposto di questa unione tra la materia e la forma, in cui la creazione consiste, è la volontà di Dio.
La materia e la forma hanno in comune tra loro il desiderio che le spinge ad unirsi l'una all'altra. La materia ama la forma e desidera di godere la gioia che prova nell'unirsi ad essa; la forma desidera realizzarsi nella materia per produrre in essa la sua azione, secondo un impulso che le è comunicato dallo stesso Creatore (Fons vitae, III, 13). L'amore e la tendenza reciproca, che forma e materia hanno tra loro, deve derivare da una sostanza superiore di cui entrambe partecipano. Questa sostanza spirituale, è il Verbo attivo (Verbum agens) o volontà di Dio."Nell'essere, dice Avicebron, non ci sono che tre cose: La materia e la forma da una parte, l'Essenza prima dall'altra parte, infine la Volontà che è il mezzo tra gli estremi".
La Volontà crea la materia e la forma universale e con esse tutti gli esseri che risultano composti di materia e forma. La Volontà è legata alla materia e alla forma come l'anima è legata al corpo: è diffusa in esse e le penetra interamente (Ib., V, 36). Essa è la virtù dell'essenza prima, cioè di Dio, ed è quindi l'intermediaria tra quest'essenza da un lato e la materia e la forma dall'altro. Tuttavia tra l'Essenza prima o il suo Verbo attivo e la materia, Avicebron ammette una serie di forme o sostanze separate, ispirandosi evidentemente al neoplatonismo del Liber de causis.Queste sostanze, secondo l'ordine che va dalla meno perfetta e meno semplice alla più perfetta e più semplice sono le seguenti: la natura, le tre anime (vegetativa, sensitiva e razionale), l'intelligenza.
L'intelligenza comprende tutte le forme e le conosce. L'anima razionale comprende le forme intelligibili e le conosce con un movimento discorsivo che la fa passare successivamente dall'una all'altra. L'anima sensitiva percepisce le forme corporee e le conosce. L'anima vegetativa s'impadronisce dei corpi e li muove. La natura congiunge le parti del corpo, genera tra loro attrazione o repulsione e le scambia tra loro. Queste sostanze intermedie sono meno perfette a misura che si allontanano dalla loro forma comune, la Volontà creatrice di Dio. La loro crescente imperfezione si spiega con il diminuire della potenza della Volontà creatrice, la quale, sebbene infinita in sé, è finita nella sua azione e perciò si affievolisce (come un raggio luminoso che si allontana dalla sorgente) a misura che procede avanti (Ib., IV, 19). La filosofia di Avicebron presenta nel suo insieme una originalità e una forza che ne hanno assicurata l'influenza nei secoli successivi. La sua parte storicamente più importante è l'affermazione della materia universale. Combattuta da S.Tommaso, questa affermazione sarà ripresa da Giordano Bruno che ne farà il presupposto del suo panteismo.