Il suicidio in filosofia
Il suicidio e' un tema dibattuto in filosofia: da un alto, esso viene condannato come trasgressione verso se stessi e verso Dio, dall'altro esaltato come manifestazione della libertà umana.
I filosofi hanno condannato il suicidio per i seguenti motivi:
1) Perché è contrario alla volontà divina. Platone dice che "non è irrazionale che uno non debba uccisersi prima che la divinità gliene mandi la necessità". Questo è il punto di vista costantemente sostenuto dagli scrittori cristiani.
L'argomento che il suicidio e' contrario all'ordine del destino o alla legge di natura non è diverso da questo giacché il destino o la legge di natura sono manifestazioni della volontà divina. A questo argomento Hume opponeva che alla volontà divina non sfugge nulla, neppure la morte, naturale o volontaria; e perciò il suicidio non può dirsi contrario alla volontà divina o all'ordine delle cose.
2) Perché il suicidio non arriva a staccare sufficientemente l'anima dal corpo. Questo è l'argomento addotto contro il suicidio da Plotino, il quale dice che "quando si fa violenza al corpo per distaccarlo dall'anima non è il corpo che lascia partire l'anima, ma la passione a decidere, cioè la noia, il dolore o la collera". Questa è sostanzialmente anche la ragione addotta da Schopenhauer secondo il quale "il suicidio lungi dall'essere negazione della volontà e' invece un atto di forte affermazione della volontà stessa" perché "il suicida vuole la vita ed è' solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate".
3) Perché è la trasgressione di un dovere verso se stesso, in quanto, come dice Kant, "l'uomo è obbligato alla conservazione della propria vita unicamente per il fatto che è una persona".
4) Perché è un atto di viltà. Fichte a questo proposito osservava che esso può essere considerato ugualmente come un atto di coraggio. Se difatti al suicida manca il coraggio di "sopportare una vita divenuta insopportabile", il suicidio compiuto con fredda meditazione e' l'espressione del dominio della ragione sulla natura cioè sull'impulso all'auto conservazione. "In confronto con l'uomo virtuoso, concludeva Fichte, il suicida e' un vile; in confronto con il miserabile che si sottomette alla vergogna e alla schiavitu' per prolungare per qualche anno il sentimento meschino della sua esistenza, e' un eroe".
5) Perché è ingiusto verso la comunità cui il suicida appartiene. Questa è la ragione addotta da Aristotele. A questo argomento Hume obiettava che le obbligazioni dell'uomo e della società sono reciproche: si che la morte volontaria non scioglie solo quelle dell'uomo verso la società ma anche quelle della società verso l'uomo.
Dall' altro lato i filosofi hanno ritenuto lecito o doveroso il suicidio in base ai seguenti motivi:
1) Perché può essere un dovere rinunciare alla vita quando il continuare nella vita renderebbe impossibile adempiere il proprio dovere. Così pensavano gli Stoici, dei quali Cicerone così espone la dottrina: " Chi ha in maggiore numero le cose conformi a natura ha il dovere di rimanere in vita; chi invece ha o si crede destinato ad avere in maggior numero le cose contrarie ha il dovere di uscire dalla vita. Da ciò risulta chiaro che il sapiente ha talvolta il dovere di uscire dalla vita pur essendo felice e lo stolto di rimanere in vita pur essendo infelice".
2) Perché è un'affermazione della libertà dell'uomo contro la necessità. Diceva Epicuro:" è una sventura vivere nella necessità ma vivere nella necessità non è affatto necessario" e Seneca commentava: "ringraziamo Dio che nessuno può essere trattenuto in vita contro la sua volontà: è possibile calpestare la necessità stessa".
L'esaltazione della morale fatta da Zarathustra ha lo stesso motivo: "Io lodo la mia morte, la libera morte, che viene perché voglio io. E quando vorrò? Chi ha una meta è un erede, vuole la morte all'ora giusta e per la sua metà e per il suo erede".
3) Perché può essere la via d'uscita da una situazione insostenibile e il solo modo per salvare la propria dignità e libertà. Da questo punto di vista Hume affermava che il "suicidio e' in accordo con il nostro interesse e con il dovere verso noi stessi: ciò non può essere messo in dubbio da alcuno il quale riconosca che l'età, la malattia e la disgrazia possono rendere la vita un peso insostenibile e renderla peggiore dell'annichilamento".
Nella filosofia contemporanea Jaspers ha addotto lo stesso argomento in favore del suicidio. E Sartre ha scritto:" Se sono mobilitato in una guerra, questa guerra e' la mia guerra: essa è a mia immagine ed io la merito. La merito in primo luogo perché potevo sottrarmici con il suicidio o con la diserzione: queste possibilità ultime devono sempre esserci presenti quando si tratta di affrontare una situazione".
Bibliografia:
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano
I filosofi hanno condannato il suicidio per i seguenti motivi:
1) Perché è contrario alla volontà divina. Platone dice che "non è irrazionale che uno non debba uccisersi prima che la divinità gliene mandi la necessità". Questo è il punto di vista costantemente sostenuto dagli scrittori cristiani.
L'argomento che il suicidio e' contrario all'ordine del destino o alla legge di natura non è diverso da questo giacché il destino o la legge di natura sono manifestazioni della volontà divina. A questo argomento Hume opponeva che alla volontà divina non sfugge nulla, neppure la morte, naturale o volontaria; e perciò il suicidio non può dirsi contrario alla volontà divina o all'ordine delle cose.
2) Perché il suicidio non arriva a staccare sufficientemente l'anima dal corpo. Questo è l'argomento addotto contro il suicidio da Plotino, il quale dice che "quando si fa violenza al corpo per distaccarlo dall'anima non è il corpo che lascia partire l'anima, ma la passione a decidere, cioè la noia, il dolore o la collera". Questa è sostanzialmente anche la ragione addotta da Schopenhauer secondo il quale "il suicidio lungi dall'essere negazione della volontà e' invece un atto di forte affermazione della volontà stessa" perché "il suicida vuole la vita ed è' solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate".
3) Perché è la trasgressione di un dovere verso se stesso, in quanto, come dice Kant, "l'uomo è obbligato alla conservazione della propria vita unicamente per il fatto che è una persona".
4) Perché è un atto di viltà. Fichte a questo proposito osservava che esso può essere considerato ugualmente come un atto di coraggio. Se difatti al suicida manca il coraggio di "sopportare una vita divenuta insopportabile", il suicidio compiuto con fredda meditazione e' l'espressione del dominio della ragione sulla natura cioè sull'impulso all'auto conservazione. "In confronto con l'uomo virtuoso, concludeva Fichte, il suicida e' un vile; in confronto con il miserabile che si sottomette alla vergogna e alla schiavitu' per prolungare per qualche anno il sentimento meschino della sua esistenza, e' un eroe".
5) Perché è ingiusto verso la comunità cui il suicida appartiene. Questa è la ragione addotta da Aristotele. A questo argomento Hume obiettava che le obbligazioni dell'uomo e della società sono reciproche: si che la morte volontaria non scioglie solo quelle dell'uomo verso la società ma anche quelle della società verso l'uomo.
Dall' altro lato i filosofi hanno ritenuto lecito o doveroso il suicidio in base ai seguenti motivi:
1) Perché può essere un dovere rinunciare alla vita quando il continuare nella vita renderebbe impossibile adempiere il proprio dovere. Così pensavano gli Stoici, dei quali Cicerone così espone la dottrina: " Chi ha in maggiore numero le cose conformi a natura ha il dovere di rimanere in vita; chi invece ha o si crede destinato ad avere in maggior numero le cose contrarie ha il dovere di uscire dalla vita. Da ciò risulta chiaro che il sapiente ha talvolta il dovere di uscire dalla vita pur essendo felice e lo stolto di rimanere in vita pur essendo infelice".
2) Perché è un'affermazione della libertà dell'uomo contro la necessità. Diceva Epicuro:" è una sventura vivere nella necessità ma vivere nella necessità non è affatto necessario" e Seneca commentava: "ringraziamo Dio che nessuno può essere trattenuto in vita contro la sua volontà: è possibile calpestare la necessità stessa".
L'esaltazione della morale fatta da Zarathustra ha lo stesso motivo: "Io lodo la mia morte, la libera morte, che viene perché voglio io. E quando vorrò? Chi ha una meta è un erede, vuole la morte all'ora giusta e per la sua metà e per il suo erede".
3) Perché può essere la via d'uscita da una situazione insostenibile e il solo modo per salvare la propria dignità e libertà. Da questo punto di vista Hume affermava che il "suicidio e' in accordo con il nostro interesse e con il dovere verso noi stessi: ciò non può essere messo in dubbio da alcuno il quale riconosca che l'età, la malattia e la disgrazia possono rendere la vita un peso insostenibile e renderla peggiore dell'annichilamento".
Nella filosofia contemporanea Jaspers ha addotto lo stesso argomento in favore del suicidio. E Sartre ha scritto:" Se sono mobilitato in una guerra, questa guerra e' la mia guerra: essa è a mia immagine ed io la merito. La merito in primo luogo perché potevo sottrarmici con il suicidio o con la diserzione: queste possibilità ultime devono sempre esserci presenti quando si tratta di affrontare una situazione".
Bibliografia:
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano