Introduzione alla filosofia giudaica
Quando appaiono in Grecia i primi filosofi, verso il 500 a.C., si è, si può dire, alla fine della grande fioritura di scrittori, storici, profeti e sapienti ebrei. Se studiamo questa biblioteca costituitasi a poco a poco, costatiamo di essere davanti ad un pensiero assolutamente originale se la si confronta con altri tipi di pensiero, per esempio quello che si sviluppò dal X secolo a.C., almeno, in India, o ancora quello che si sviluppò in Cina, soprattutto a partire dal VII secolo a.C., o ancora il pensiero greco, dalle sue origini note, intorno al VI secolo a.C.
In Israele l'umanità ha operato una conversione morale decisiva come anche una conversione mentale. Il rifiuto dell'idolatria, il rifiuto di adorare le cose di questo mondo come se fossero l'Assoluto, il rifiuto di considerare come divini il sole, la luna, le stelle, le forze della natura, le sorgenti, gli alberi, gli animali, i pezzi di legno, i blocchi di terra o di metallo; questo rifiuto attesta che in questo momento l'umanità ha raggiunto la razionalità. È ancora contro l'animismo cosmico e biologico che i profeti di tutta la tradizione d'Israele si sono levati. In Grecia, presso alcuni Presocratici, come in Palestina, uno sforzo di razionalità emerge…ma in Israele trionfa, mentre nella Grecia antica la critica dei razionalisti sarà sommersa dal riflusso delle mistiche cosmiche che vedono nell'universo un dio e negli astri sostanze divine. Il piccolo popolo ebraico ha totalmente desacralizzato la natura (questo è molto originale perché i popoli dell'antico Oriente e i Greci professavano il contrario, la divinità dell'universo, della natura, degli astri, delle forze naturali e persino di certi uomini. Si può quindi sostenere senza paradosso che è all'origine del razionalismo moderno, poiché le scienze sperimentali dell'universo e della natura poggiano sul principio che niente nella nostra esperienza è divino. Se ora consideriamo l'apporto del pensiero biblico nel suo insieme, se tentiamo un bilancio, bisogna constatare che la concezione del mondo trasmessaci dagli Ebrei è razionale, se per razionale si vuole intendere quello che è conforme all'esperienza scientificamente esplorata. Gli Ebrei hanno demistificato la concezione del mondo antica; hanno desacralizzato l'universo; hanno respinto il mito dell'eterno ritorno, hanno rigettato il mito della preesistenza dell'anima e la dottrina della reincarnazione (anche se in alcune correnti mistiche l'idea sembra ritornare).
Una certa idea dell'uomo è apparsa nel mondo, è nata e ancor oggi guida quello che c'è di meglio nell'umanismo odierno. Maurras e Nietzsche hanno ragione di dire che lo spirito rivoluzionario, lo spirito di sovversione, il senso della giustizia hanno origine ebraica. Questo popolo ha respinto l'idolatria sotto tutte le sue forme, ha rigettato la pratica dei sacrifici umani, rifiuta di praticare la divinizzazione, di consultare astrologi e chiromanti, è il popolo che insegna la giustizia a favore dei poveri e degli oppressi, delle vedove, degli orfani e degli stranieri. Questo costituisce veramente una nuova umanità, un nuovo tipo d'umanità. Da quando è stato messo per scritto, dal IX o VIII secolo a. C., questo popolo ha la certezza che il mondo intero si volterà verso il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe.