La dottrina del buddhismo
Comuni a entrambi i gruppi sono molti elementi dottrinali, che si riassumono nell'enunciazione delle"quattro nobili verità": 1) tutto e' dolore; 2) il dolore ha una causa; 3) il dolore ha un termine: il nirvana; 4) vi è' un cammino che conduce al nirvana; esso si articola nell'ottuplice sentiero: retta comprensione (della dottrina), retto pensare ( e decidere), retto parlare, retto agire, retto modo di sostenersi, retto sforzo, retta concentrazione, retta meditazione. È' questa la via intermedia tra i due estremi della vita di piacere e dell'eccessivo ascetismo di cui il Buddha stesso ha dato esempio con la sua vita. I tre precetti del retto parlare, retto agire e retto modo di sostenersi vengono ulteriormente esplicitati dai cinque grandi comandamenti ( non mentire, non rubare, non commettere adulterio, non uccidere alcun essere vivente, non fare uso di sostanze inebrianti), che, per i monaci, si traducono nei cinque voti corrispondenti: perfetta sincerità, povertà, castità, non violenza, astinenza da bevande fermentate. La vita del monaco e' sostegno ed esempio a quella dei laici, i quali, pur senza lasciare le faccende della vita quotidiana, devono cercare rifugio nei tre gioielli del buddhismo, il Buddha, il dharma (la legge) e il samgha ( la comunità), e devono sostenere economicamente la comunità monastica con le loro offerte, acquistandosi meriti per future reincarnazioni. I monaci hanno, nei confronti dei laici, il compito di predicare il dharma, che conduce alla salvezza.
Comune a tutte le scuole del buddhismo e', altresì, l'enunciazione delle leggi che determinano l'ordine del dolore.
Nella sua formulazione più antica, la causa del dolore fu identificata con la sete, ossia con la brama che produce attaccamento all'esistenza e da' origine a nuove nascite cui seguono l'invecchiamento e la morte.
Fondamnetale per tutto il buddhismo e' inoltre la legge del karman, o legge della retribuzione delle opere, che, secondo alcune scuole buddhiste, e' causa dell'origine stessa del mondo.
Non poche sono invece le divergenze di scuola relativamente al nirvana, che, pur essendo da tutti riconosciuto come l'estinzione del dolore, viene variamente qualificato nella sua essenza.
Da alcuni è considerato come un assoluto, entità incondizionata avente funzione liberatrice (scuola dei sarvastivadin); secondo altri, esso invece non ha sostanzialità metafisica, ma è un semplice evento (scuola sautrantika).
Secondo le scuole del Grande Veicolo che cominciarono ad affermarsi nei primi secoli dell'era cristiana, dopo che il buddhismo si era dovuto confrontare storicamente con l'induismo, il nirvana e' concepito come la vera essenza dell'uomo e della realtà intera, e pertanto viene immanentizzato.
Neppure la scuola del madhyamika (sentiero intermedio), spesso accusata di nichilismo, asserì che il nirvana fosse un nulla, anche se affermo' che tutto è vuoto, cioè che la realtà, sia contingente di assoluta, e' concettualmente indefinibile.
Il madhyamika restò' fedele al silenzio del Buddha, il quale, interrogato sulle principali questioni metafisiche, non aveva voluto rispondere. Tuttavia, la dottrina che egli predico' fu un messaggio non solo di altissimo valore morale, ma altresì di profondo valore mistico. Il Grande Veicolo esplicito' in sommo grado l'istanza mistica del buddhismo originario, presentandolo come l'autentica dottrina del Maestro trasmessa esotericamente da alcuni suoi discepoli, e universalizzo' tale messaggio sottolineando la possibilità e la realtà della salvezza per tutti.