La magia nel neoplatonismo
La magia si affaccia per la prima volta sul panorama filosofico con il neoplatonismo ed in particolare con Plotino. Fino ad allora era prevalsa la concezione aristotelica del sapere per il sapere, ossia del vedere nel sapere in quanto tale un valore in sé: d'altronde la filosofia era nata in Grecia proprio con questo scopo, l'indagare la realtà senza però operare su di essa, bensì raggiungendo un sapere solido e personale. "La filosofia non serve a nulla e proprio per questo é il più nobile dei saperi" diceva lo Stagirita. Ora il neoplatonismo vede la realtà come livelli legati da complesse relazioni e comincia a nascere l'idea, presupposto fondamentale della magia, che l'intero mondo sia una armonia e che toccando la corda giusta si possano avere risultati su altre "aree" della realtà; si pensa l'intera realtà come un insieme di segreti e di corrispondenze. D'altronde Plotino condivideva la dottrina stoica del legame di simpatia tra tutte le cose e ciò non può che condurre a porre l'ulteriore questione dell' efficacia delle operazioni magiche. Per quel che riguarda gli effetti magici sul corpo Plotino, conformemente del resto alle credenze diffuse nel suo tempo, pare disposto a riconoscere questa efficacia; diversa é la questione dell'anima: solo quella irrazionale, in quanto collegata in maniera più stretta al corpo, può subire l'influsso della magia. Ma, d'altra parte, attribuendo un maggior potere all'anima razionale, propria dell'uomo, Plotino può individuare in essa lo strumento capace di reagire alle forze magiche ostili e dissolverle, rendendole del tutto inefficaci.