La metafisica nell'età moderna
Nella prima età moderna si assiste ad una certa polarizzazione: da un lato la metafisica è concepita come ontologia, dall'altro come scienza dei fondamenti di ogni sapere, anche se la sfumatura teologica non si perde del tutto, rimanendo presente in molti pensatori.
Al primo gruppo appartengono filosofi come Suarez e quelle posizioni riconducibili al cosiddetto "razionalismo tedesco". La tradizione aristotelica, anche quando prevale la caratterizzazione ontologica della metafisica, resta comunque presente, rimanendo viva anche la duplicità che le era propria. Suarez ad esempio
definisce la metafisica come "scienza generale dell'essere", come scienza dell'essere in tutti i sensi in cui l'essere si articola, ma anche - ed ecco il ritorno della duplicità - scienza dell'intelligenza spirituale.
Wolff articola la metafisica in ontologia, cosmologia e pneumatologia, a sua volta divisa in teologia e psicologia. Da qui Kant ricaverà e definirà le idee della ragione che costituiscono gli oggetti propri della metafisica: quello della cosmologia è il mondo, quello della psicologia l'anima e quello della teologia Dio. In Wolff e altri la distinzione è fra metafisica generale (ontologia) e metafisica speciale.
Fra coloro che intendono invece la metafisica come scienza dei fondamenti di ogni sapere, Bacone attribuisce alla filosofia prima le verità generali proprie di tutte le scienze, ma la distingue dalla metafisica propriamente detta che studia le cause formali e finali che la scienza induttiva non può determinare.
A sua volta D'Alembert associa la metafisica (ontologia) alla scienza che studia i principi di tutte le cose, includendo nella definizione non solo l'indagine degli assiomi, ma anche le determinazioni ontologiche degli enti, il che ne giustifica la caratterizzazione ontologica.
I pensatori maggiori di quest'epoca, quali Cartesio, Leibniz e Kant, mantengono però entrambe le connotazioni (metafisica come ontologia e come scienza dei fondamenti di ogni sapere), facendole convergere nel loro sistema e includendovi anche la dimensione teologica.
E' significativo il titolo di una celebre opera cartesiana, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, che indica come la filosofia prima abbia per contenuto ciò che sorpassa l'ordine del fisico, ossia, come già precisato da Agostino, Dio e l'anima o, col vocabolario cartesiano, Dio e il cogito. Cartesio sostiene (V Meditazione) che nello studio della realtà spirituale (Dio e il cogito, appunto) si individua la funzione principale della metafisica, consistente in ultimo nel fornire alle scienze la garanzia ultima della veridicità delle loro conclusioni: lo studio di Dio e dell'anima non è dunque decisivo di per sé, ma perché tramite esso è possibile dotare l'edificio della conoscenza umana di un fondamento stabile e duraturo.
La dimostrazione dell'esistenza di Dio porta con sé il riconoscimento della sua veracità, ossia del fatto che se Dio esiste allora non può ingannarci; quando perciò sulla base della ragione giungo a dimostrare la verità di qualcosa, ciò che dimostro posso senza fallo considerarlo sempre vero, senza ripetere ogni volta la dimostrazione e senza il timore d'ingannarmi nel considerarlo tale. Dio è quindi assunto come garante della stabilità della verità dimostrata e la dimostrazione della sua esistenza è funzionale alla costituzione dell'edificio scientifico.
In Cartesio si assiste quindi a un'originale modalità di raccordo fra le due definizioni tradizionali di metafisica: quella che la intende come scienza di Dio e quella che la definisce come scienza riguardante i principi della conoscenza scientifica.
Come si è già detto, gli autori più significativi tendono a mantenere legate le diverse definizioni di metafisica, senza operare uno sbilanciamento decisivo a favore dell'una o dell'altra. Così Leibniz per cui la metafisica è scienza delle cose incorporee (o spirituali), ma anche scienza dei principi di tutte le cose; nel Discorso di metafisica egli cerca di definire l'essenza degli enti sostanziali nel loro rapporto con Dio, intrecciando perciò ontologia e teologia.
Al primo gruppo appartengono filosofi come Suarez e quelle posizioni riconducibili al cosiddetto "razionalismo tedesco". La tradizione aristotelica, anche quando prevale la caratterizzazione ontologica della metafisica, resta comunque presente, rimanendo viva anche la duplicità che le era propria. Suarez ad esempio
definisce la metafisica come "scienza generale dell'essere", come scienza dell'essere in tutti i sensi in cui l'essere si articola, ma anche - ed ecco il ritorno della duplicità - scienza dell'intelligenza spirituale.
Wolff articola la metafisica in ontologia, cosmologia e pneumatologia, a sua volta divisa in teologia e psicologia. Da qui Kant ricaverà e definirà le idee della ragione che costituiscono gli oggetti propri della metafisica: quello della cosmologia è il mondo, quello della psicologia l'anima e quello della teologia Dio. In Wolff e altri la distinzione è fra metafisica generale (ontologia) e metafisica speciale.
Fra coloro che intendono invece la metafisica come scienza dei fondamenti di ogni sapere, Bacone attribuisce alla filosofia prima le verità generali proprie di tutte le scienze, ma la distingue dalla metafisica propriamente detta che studia le cause formali e finali che la scienza induttiva non può determinare.
A sua volta D'Alembert associa la metafisica (ontologia) alla scienza che studia i principi di tutte le cose, includendo nella definizione non solo l'indagine degli assiomi, ma anche le determinazioni ontologiche degli enti, il che ne giustifica la caratterizzazione ontologica.
I pensatori maggiori di quest'epoca, quali Cartesio, Leibniz e Kant, mantengono però entrambe le connotazioni (metafisica come ontologia e come scienza dei fondamenti di ogni sapere), facendole convergere nel loro sistema e includendovi anche la dimensione teologica.
E' significativo il titolo di una celebre opera cartesiana, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, che indica come la filosofia prima abbia per contenuto ciò che sorpassa l'ordine del fisico, ossia, come già precisato da Agostino, Dio e l'anima o, col vocabolario cartesiano, Dio e il cogito. Cartesio sostiene (V Meditazione) che nello studio della realtà spirituale (Dio e il cogito, appunto) si individua la funzione principale della metafisica, consistente in ultimo nel fornire alle scienze la garanzia ultima della veridicità delle loro conclusioni: lo studio di Dio e dell'anima non è dunque decisivo di per sé, ma perché tramite esso è possibile dotare l'edificio della conoscenza umana di un fondamento stabile e duraturo.
La dimostrazione dell'esistenza di Dio porta con sé il riconoscimento della sua veracità, ossia del fatto che se Dio esiste allora non può ingannarci; quando perciò sulla base della ragione giungo a dimostrare la verità di qualcosa, ciò che dimostro posso senza fallo considerarlo sempre vero, senza ripetere ogni volta la dimostrazione e senza il timore d'ingannarmi nel considerarlo tale. Dio è quindi assunto come garante della stabilità della verità dimostrata e la dimostrazione della sua esistenza è funzionale alla costituzione dell'edificio scientifico.
In Cartesio si assiste quindi a un'originale modalità di raccordo fra le due definizioni tradizionali di metafisica: quella che la intende come scienza di Dio e quella che la definisce come scienza riguardante i principi della conoscenza scientifica.
Come si è già detto, gli autori più significativi tendono a mantenere legate le diverse definizioni di metafisica, senza operare uno sbilanciamento decisivo a favore dell'una o dell'altra. Così Leibniz per cui la metafisica è scienza delle cose incorporee (o spirituali), ma anche scienza dei principi di tutte le cose; nel Discorso di metafisica egli cerca di definire l'essenza degli enti sostanziali nel loro rapporto con Dio, intrecciando perciò ontologia e teologia.