Le donne filosofe nell'antichità
Secondo quanto ci viene tramandato, è nell'ambito della scuola pitagorica (VI sec. A.C.) che le donne fecero la loro prima apparizione come seguaci e praticanti di filosofia. Giamblico (251-325 d.C.), nella sua Vita pitagorica, parla di ben 17 discepole di Pitagora!
Intorno al 440 a.C., si distinse Aspasia di Mileto, che fu l'amante di Pericle e la sua casa fu il centro della vita letteraria e filosofica dell'Atene del V secolo. La tradizione antica, proveniente per lo più dalla commedia attica, ha visto in lei un’etera e un’ammaestratrice di ragazze da avviare alla stessa professione; ma altre fonti ci parlano di lei come riconosciuta maestra di retorica e intellettuale.
Secondo una recente ipotesi di Peter J. Bicknell, Aspasia sarebbe giunta in Atene al seguito di Alcibiade il vecchio come sorella nubile della moglie del nobile ateniese; Pericle, anch’egli appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi: l’avrebbe allora incontrata semplicemente frequentando il proprio clan familiare, senza dover pensare a un adescamento in ambienti di malaffare.
Plutarco nella Vita di Pericle ci trasmette la testimonianza antica più consistente su Aspasia; riporta la cattiva fama proveniente dai comici,ma affianca anche la testimonianza delle fonti del circolo socratico, Eschine di Sfetto, Antistene e lo stesso Socrate, secondo cui Aspasia insegnò la retorica a Pericle e a molti ateniesi di spicco e fu unita a lui da un legame forse anticonformista ma sicuramente solido e mal conciliabile con l’ipotesi dell’eterismo; Plutarco riporta anche la tradizione di un processo per empietà che coinvolse Aspasia, della cui storicità è lecito dubitare poiché non ha lasciato traccia nelle fonti storiche che trattano il periodo.
Nell’opera di Senofonte Aspasia è citata da Socrate che la ricorda come sua maestra nei Memorabili, e come la donna più adatta per la formazione delle future spose nell’Economico; il fatto che Socrate in questi brani usi una terminologia che ricorda quella del grande sofista Gorgia fa pensare che Aspasia sia stata allieva del grande maestro siciliano, da cui avrebbe mutuato l’amore per la parola, la consapevolezza del suo enorme potere di persuasione, sia nei rapporti privati che nella sfera politica. Eschine di Sfetto le dedicò un dialogo che portava il suo nome; qui Socrate consiglia un ricco ateniese, Callia, di mandare suo figlio a scuola da lei; di fronte allo scetticismo del padre di avere una donna come insegnante per il figlio, Socrate citava esempi di virtù dimostrata da donne famose nell’antichità. Un frammento dell’Aspasia di Eschine, giunto a noi tramite Cicerone e Quintiliano, che lo consideravano un modello classico del procedimento argomentativi dell’induzione, Aspasia interroga successivamente la moglie di Senofonte e Senofonte stesso; il tema è se preferire cose più belle appartenenti ad altri rispetto a quelle che si hanno; arrivando al dubbio se è lecito preferire anche i partners degli altri, Aspasia conclude che tutti ricercano per sé il partner migliore in assoluto, ma che la ricerca è vana se non è accompagnata anche da un perfezionamento individuale, poichè la ricerca del partner migliore è reciproca negli amanti. Antistene invece probabilmente avversava il sapere e il modo di vivere di Aspasia; nei frammenti rimasti della sua Aspasia attacca violentemente i due figli di Pericle e della prima moglie, Santippo e Paralo, che conducevano vita dissoluta, e lo stesso Pericle; egli infatti aveva in spregio l’amore e il piacere.Platone nel Menesseno fa recitare a Socrate un discorso retorico che egli dice fosse composto da Aspasia; l’intenzione è di parodiare un genere, l’orazione pubblica, che Platone aborre per la sua mancanza di riferimento al vero e vuoto esercizio di parole; ma proprio attaccando Aspasia e il suo genere di retorica egli ci consente di evidenziare, se si confronta questo discorso con altri dello stesso genere pervenuti di Lisia, Demostene, Iperide, Isocrate, la fiducia di Aspasia nel potere della parola, la sua capacità di creare un grande affresco mitico sullo sviluppo della potenza ateniese, il legame che essa dichiara con gli antichi poeti encomiastici (Pindaro su tutti), in una prospettiva per cui l’antico legame della parola con la divinità serve ormai a guidare uno stato e ad esercitare non più un potere sacrale ma pubblico e civico. Sinesio di Cirene nel Dione ci testimonia una fondamentale intuizione di Aspasia: che l’esercizio del’arte della parola e della filosofia non sono tra loro incompatibili; egli dice che lo stesso Socrate, attendendo la morte in carcere, iniziò a poetare, testimoniando che il Vero e il Bello non sono categorie inconciliabili, come vorrà tutta la tradizione filosofica posteriore, ma due aspetti di una stessa elevazione dell’anima il cui nesso è ancora l’eros, tema su cui Aspasia è ancora una volta maestra (erotodidaskalos).
Tra le donne che fecero professione di filosofia incontriamo Diotima, sacerdotessa di Mantinea. E' famosa perché viene soprattutto ricordata in un dialogo platonico, il Simposio (201 d - 212 c), in cui Socrate dice di aver appreso da lei la teoria dell'amore.
Intorno al 440 a.C., si distinse Aspasia di Mileto, che fu l'amante di Pericle e la sua casa fu il centro della vita letteraria e filosofica dell'Atene del V secolo. La tradizione antica, proveniente per lo più dalla commedia attica, ha visto in lei un’etera e un’ammaestratrice di ragazze da avviare alla stessa professione; ma altre fonti ci parlano di lei come riconosciuta maestra di retorica e intellettuale.
Secondo una recente ipotesi di Peter J. Bicknell, Aspasia sarebbe giunta in Atene al seguito di Alcibiade il vecchio come sorella nubile della moglie del nobile ateniese; Pericle, anch’egli appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi: l’avrebbe allora incontrata semplicemente frequentando il proprio clan familiare, senza dover pensare a un adescamento in ambienti di malaffare.
Nell’opera di Senofonte Aspasia è citata da Socrate che la ricorda come sua maestra nei Memorabili, e come la donna più adatta per la formazione delle future spose nell’Economico; il fatto che Socrate in questi brani usi una terminologia che ricorda quella del grande sofista Gorgia fa pensare che Aspasia sia stata allieva del grande maestro siciliano, da cui avrebbe mutuato l’amore per la parola, la consapevolezza del suo enorme potere di persuasione, sia nei rapporti privati che nella sfera politica. Eschine di Sfetto le dedicò un dialogo che portava il suo nome; qui Socrate consiglia un ricco ateniese, Callia, di mandare suo figlio a scuola da lei; di fronte allo scetticismo del padre di avere una donna come insegnante per il figlio, Socrate citava esempi di virtù dimostrata da donne famose nell’antichità. Un frammento dell’Aspasia di Eschine, giunto a noi tramite Cicerone e Quintiliano, che lo consideravano un modello classico del procedimento argomentativi dell’induzione, Aspasia interroga successivamente la moglie di Senofonte e Senofonte stesso; il tema è se preferire cose più belle appartenenti ad altri rispetto a quelle che si hanno; arrivando al dubbio se è lecito preferire anche i partners degli altri, Aspasia conclude che tutti ricercano per sé il partner migliore in assoluto, ma che la ricerca è vana se non è accompagnata anche da un perfezionamento individuale, poichè la ricerca del partner migliore è reciproca negli amanti. Antistene invece probabilmente avversava il sapere e il modo di vivere di Aspasia; nei frammenti rimasti della sua Aspasia attacca violentemente i due figli di Pericle e della prima moglie, Santippo e Paralo, che conducevano vita dissoluta, e lo stesso Pericle; egli infatti aveva in spregio l’amore e il piacere.Platone nel Menesseno fa recitare a Socrate un discorso retorico che egli dice fosse composto da Aspasia; l’intenzione è di parodiare un genere, l’orazione pubblica, che Platone aborre per la sua mancanza di riferimento al vero e vuoto esercizio di parole; ma proprio attaccando Aspasia e il suo genere di retorica egli ci consente di evidenziare, se si confronta questo discorso con altri dello stesso genere pervenuti di Lisia, Demostene, Iperide, Isocrate, la fiducia di Aspasia nel potere della parola, la sua capacità di creare un grande affresco mitico sullo sviluppo della potenza ateniese, il legame che essa dichiara con gli antichi poeti encomiastici (Pindaro su tutti), in una prospettiva per cui l’antico legame della parola con la divinità serve ormai a guidare uno stato e ad esercitare non più un potere sacrale ma pubblico e civico. Sinesio di Cirene nel Dione ci testimonia una fondamentale intuizione di Aspasia: che l’esercizio del’arte della parola e della filosofia non sono tra loro incompatibili; egli dice che lo stesso Socrate, attendendo la morte in carcere, iniziò a poetare, testimoniando che il Vero e il Bello non sono categorie inconciliabili, come vorrà tutta la tradizione filosofica posteriore, ma due aspetti di una stessa elevazione dell’anima il cui nesso è ancora l’eros, tema su cui Aspasia è ancora una volta maestra (erotodidaskalos).
Tra le donne che fecero professione di filosofia incontriamo Diotima, sacerdotessa di Mantinea. E' famosa perché viene soprattutto ricordata in un dialogo platonico, il Simposio (201 d - 212 c), in cui Socrate dice di aver appreso da lei la teoria dell'amore.
Diogene Laerzio ci parla di Ipparchia, che aderì alle teorie dei Cinici. Di lei viene esaltata la grande cultura filosofica e l'eleganza del ragionamento, paragonandola addirittura a Platone.
Piuttosto discussa è la figura di Leonzia (Leonzio o Leontina), forse cortigiana di Epicuro, si dice abbia scritto un'invettiva contro un altro celebre filosofo, Teofrasto.
Comunque, la più rilevante figura di filosofa che viene tramandata dall'antichità greca è quella di Ipazia, di tendenze neoplatoniche, morta verso il 415 d.C. Fu figlia del matematico e astronomo Teone di Alessandria e si interessò lei stessa di scienze. Si recò ad Atene ed ebbe una notevole influenza negli ambienti filosofici unificando il pensiero matematico col neoplatonismo. Di religione pagana, ma fautrice della distinzione e autonomia fra filosofia e religione, acquistò prestigio anche negli ambienti politici, frequentando il prefetto romano Oreste. Ciò le attirò il rancore degli ambienti cristiani e un giorno Ipazia fu aggredita per strada e uccisa da un gruppo di fanatici. L'episodio della drammatica morte della donna ha colpito scrittori di diverse epoche: il più recente è stato Charles Péguy (1873-1814),che l'ha immortalata come l'ultima e pura erede del pensiero greco.
Nel mondo romano vi fu ad esempio Plotina, consorte dell'imperatore Traiano (53-117 d.C.), che fu seguace della scuola epicurea e ne favorì il rilancio a Roma.
Tratto da:www.filosofiaedintorni.eu