Le donne filosofe nell'epoca moderna
Dopo il Medioevo, in cui ci furono alcune figure notevolissime che però sarebbe il caso di considerare tra le donne scienziate (per adesso le citerò soltanto: Trotula de Ruggiero, Ildegarda di Bingen, Rebecca Guarna), arriviamo al Cinquecento e al Seicento con Cristina di Lorena (1565-1636) e Elisabetta di Boemia (1618-1680).
La prima fu famosa, tra l'altro, per essere stata la destinataria delle lettere di Galilei, denominate in seguito Lettere copernicane: in esse Galilei voleva mostrare a Cristina come le sue idee non fossero in contrasto con la Bibbia.
Molto più rilevante, dal punto di vista filosofico, fu lo scambio epistolare fra la bellissima principessa del Palatinato, Elisabetta, e il filosofo francese Cartesio. I due si scrissero dal 1643 al 1649: il carteggio a noi pervenuto comprende 26 lettere della principessa e 33 del filosofo. In genere il contenuto degli scritti di Elisabetta viene sottostimato, a vantaggio delle idee del filosofo, mentre in realtà Elisabetta pone delle questioni che mettono in difficoltà il celebre pensatore. Elisabetta era ad esempio poco persuasa della soluzione data da Cartesio al rapporto fra l'anima e il corpo:
"Io confesso che mi sarebbe molto più facile concedere all'anima la materia e l'estensione, piuttosto che dare a un essere immateriale la capacità di muovere un corpo o di esserne mosso."
In un'altra lettera, Elisabetta pone acutamente in dubbio la possibilità che l'anima , in quanto separata dal corpo, possa con l'esercizio della sola volontà raggiungere la "beatitudine". Insomma, nel complesso delle lettere della principessa emerge un vigile ed acuto senso critico che non si lasciava facilmente convincere dalle opinioni di un filosofo celebre e rispettato da tutti.
La prima fu famosa, tra l'altro, per essere stata la destinataria delle lettere di Galilei, denominate in seguito Lettere copernicane: in esse Galilei voleva mostrare a Cristina come le sue idee non fossero in contrasto con la Bibbia.
Molto più rilevante, dal punto di vista filosofico, fu lo scambio epistolare fra la bellissima principessa del Palatinato, Elisabetta, e il filosofo francese Cartesio. I due si scrissero dal 1643 al 1649: il carteggio a noi pervenuto comprende 26 lettere della principessa e 33 del filosofo. In genere il contenuto degli scritti di Elisabetta viene sottostimato, a vantaggio delle idee del filosofo, mentre in realtà Elisabetta pone delle questioni che mettono in difficoltà il celebre pensatore. Elisabetta era ad esempio poco persuasa della soluzione data da Cartesio al rapporto fra l'anima e il corpo:
"Io confesso che mi sarebbe molto più facile concedere all'anima la materia e l'estensione, piuttosto che dare a un essere immateriale la capacità di muovere un corpo o di esserne mosso."
In un'altra lettera, Elisabetta pone acutamente in dubbio la possibilità che l'anima , in quanto separata dal corpo, possa con l'esercizio della sola volontà raggiungere la "beatitudine". Insomma, nel complesso delle lettere della principessa emerge un vigile ed acuto senso critico che non si lasciava facilmente convincere dalle opinioni di un filosofo celebre e rispettato da tutti.
Di grande rilievo è l'opera filosofica e letteraria di Lucrezia Marinelli (1571-16 ), figlia di un medico e filosofo di orientamento aristotelico. Compose diverse opere letterarie ed un poema epico-cavalleresco, ma lo scritto principale che a noi interessa particolarmente è La nobiltà e l'eccellenza delle donne co' difetti et mancamenti degli uomini (1601).
In essa l'autrice parte da una analisi approfondita dei testi antichi (Platone, Aristotele, Plutarco ecc.) e conclude per la sostanziale eguaglianza fisica e metafisica fra uomo e donna postulata dai grandi filosofi. Si sofferma anche sul mito delle Amazzoni porta ulteriori elementi a sostegno della tesi della parità uomo-donna. La parte più suggestiva del testo è quella relativa alle donne protagoniste della storia della letteratura e del pensiero. Il fine del discorso non è mai moraleggiante bensì è quello di argomentare rigorosamente la tesi della parità e dell'eccellenza delle donne anche in campo intellettuale.
In essa l'autrice parte da una analisi approfondita dei testi antichi (Platone, Aristotele, Plutarco ecc.) e conclude per la sostanziale eguaglianza fisica e metafisica fra uomo e donna postulata dai grandi filosofi. Si sofferma anche sul mito delle Amazzoni porta ulteriori elementi a sostegno della tesi della parità uomo-donna. La parte più suggestiva del testo è quella relativa alle donne protagoniste della storia della letteratura e del pensiero. Il fine del discorso non è mai moraleggiante bensì è quello di argomentare rigorosamente la tesi della parità e dell'eccellenza delle donne anche in campo intellettuale.
Solo un cenno a due altre figure interessantissime: Suor Juana Inés de la Cruz (1648-1695) e Margaret Cavendish, Duchessa di Newcastle (1624-1674). La prima fu, nel Messico del Seicento, una figura eccezionale di poetessa, filosofa, letterata di spicco, che si fece religiosa solo per seguire la sua autentica vocazione, quella della scrittura e dello studio.
La seconda fu, nel suo tempo, un genio incompreso: scrisse versi, pensieri, commedie, orazioni ecc. Amava scrivere sugli argomenti più disparati : si interrogava sul perché i cani felici agitino la coda, sulla storia dei monasteri inglesi, sulle virtù delle fate, e si chiedeva se i pesci sanno che il mare è salato.
Arriviamo infine all'Ottocento e alla figura eccezionale di una italiana, Cristina Trivulzio di Belgioioso (1808-1871). La sua vita ha attraversato la storia italiana dall'età della Restaurazione fino all'unificazione. Ella fu una storica e una filosofa di ottimo livello. Nel 1843 pubblicò in 4 volumi il Saggio sulla formazione del dogma cattolico, nel 1844 scrisse l'Essai sur Vico e tradusse in francese la Scienza Nuova. Fondò inoltre diverse riviste culturali, pubblicò saggi storici e partecipò attivamente alla vita politica risorgimentale. Nella sua opera del 1843 fornisce una interpretazione liberale del cristianesimo in quanto dottrina della progressiva redenzione umana attraverso la storia: si dichiara quindi contraria ad ogni tesi di tipo agostiniano o giansenistico che postuli l'eternità del male e del peccato.
Un discorso a parte merita il saggio Della condizione delle donne e del loro avvenire (1866): la donna italiana è sempre stata - secondo la Belgioioso - una donna attiva e generosa, nella vita domestica come, quando ha potuto farlo, in quella pubblica. Perché allora vige la massima della inferiorità femminile? La Belgioioso si contrappone alle femministe riformatrici in quanto vogliono destrutturare l'ordine sociale senza proporre, a suo avviso, alcuna alternativa. Nell'Italia che ha raggiunto a stento una ancora precaria unità nazionale, riforme troppo radicali sarebbero pericolose e premature. Bisogna piuttosto che le donne rimangano per lo più, nei loro ruoli tradizionali, svolgendoli al meglio e con quello spirito costruttivo che le ha sempre contraddistinte. Su questa base le donne del futuro potranno costruire, forse, una diversa e più piena forma di felicità.