Ricoeur
In Ricoeur (1913-2005), protestante, vi è una radice religiosa vissuta più intensamente che in Gadamer. Nella sua formazione contano la fenomenologia, l'esistenzialismo, oltre che il mondo religioso sia protestante che cattolico, in particolare il gruppo raccolto intorno alla figura di Mounier, cattolico personalista, e alla sua rivista Esprit.Un'altra esperienza importante è data dalla prigionia in Germania, dal 1940 al 1945. In seguito è stato professore universitario e per un anno rettore dell'Università di Nanterre, negli anni della contestazione del 1968.La sua prima ricerca importante riguarda il tema della volontà (La filosofia della volontà. Il volontario e l'involontario) all'interno di una ricerca complessiva di antropologia filosofica che si sviluppa attraverso un'attenzione specifica per la dimensione pratica dell'uomo.
Per Ricoeur, come per tutti i filosofi francesi, resta fondamentale l'eredità di Cartesio, il cogito cartesiano alla cui dimensione teorica egli però affianca l'io voglio, chiedendosi lo statuto di questa dimensione pratica dell'esperienza.L'analisi si sviluppa qui secondo una metodologia tipica di Ricoeur che cerca di arrivare a una visione teorica precisa attraverso lo studio dei fenomeni concreti. Già in quest'opera emergono i tratti di un essere umano che esperisce la sproporzione tra la sua finitezza e l'infinito cui tende (cfr. Pascal). Questa linea che si allontana dalla trasparenza del cogito verso la dimensione pratica incontra nella seconda parte dell'opera (La filosofia della volontà. II. Finitudine e colpa) il tema della colpa e del male.La prima parte (a.L'uomo fallibile) studia la dimensione della fragilità, della tendenza dell'agire, radicato in una dimensione oscura, a non realizzarsi come l'uomo vorrebbe: la finitudine come sproporzione tra finito e infinito diventa tensione tra affermazione e fragilità ("L'uomo è la gioia del sì, nella tristezza del finito).
A questo punto egli arriva a confrontarsi con il tema del male (b. La simbolica del male): qui emerge un tema importantissimo nella ricerca di Ricoeur, quello dell'interpretazione del simbolo. Egli distingue anzitutto il simbolo dall'allegoria: quest'ultima significa dire qualcosa che già si conosce in un altro modo, il simbolo invece ci fa conoscere qualcosa che non può essere colto in altro modo, che ci è accessibile solo in questa forma: il simbolo dice cioè se stesso, è tautegorico (cfr. Schelling, Creuzer e la riflessione romantica al proposito)."Il simbolo dà a pensare": così si esprime Ricoeur.Il tema della colpa va dunque indagato attraverso i simboli: dalla fragilità si passa all'infrazione e al senso di colpevolezza. Il negativo, il male non può essere portato a una chiarezza definitiva e infatti nelle diverse culture esso viene presentato attraverso racconti, miti, non trattazioni filosofiche.Questa ricerca si sviluppa negli anni Sessanta attraverso un confronto con la dimensione dell'inconscio e anzitutto con Freud (Dell'interpretazione, Saggio su Freud): si cerca di dimostrare l'inconscio alla radice della vita cosciente, del cogito (Freud, Marx e Nietzsche sono considerati da Ricoeur i "maestri del sospetto"). Il cogito diventa luogo non della chiarezza, ma della complessità dell'esperienza umana.Occorre quindi operare un'ermeneutica demistificatrice secondo un percorso archeologico verso l'inconscio come origine, arché del soggetto.
La nostra esperienza non è però solo ricerca e tentativo di risalire alle proprie origini per comprendersi, ma anche maturazione, progettazione, passaggio in avanti: all'archeologia del soggetto si affianca una teleologia del soggetto (qui il modello è la Fenomenologia dello spirito hegeliana). Le due ermeneutiche, quella demistificatoria e quella teleologica, valgono insieme.Se nella cultura francese degli anni Sessanta dominava lo strutturalismo che si proponeva di mettere fuori gioco qualunque nozione di soggettività, Ricoeur tanta di opporvi un orientamento diverso che non intende rinunciare al tema del soggetto, declinandolo però in senso ermeneutico.Da questo cammino nasce l'opera, Il conflitto delle interpretazioni, che affronta il rapporto tra l'ermeneutica e i contributi dello strutturalismo, della filosofia analitica e delle scienze umane.
Il centro del testo (l'introduzione a Il conflitto delle interpretazioni) riprende l'ermeneutica heideggeriana, considerata come una svolta decisiva nel passaggio al carattere ontologico del comprendere, evidenziando però come limite il fatto che Heidegger non si sia mai confrontato con le scienze, non abbia mai considerato gli apporti su questo tema di altre discipline: egli avrebbe percorso una "via breve", mentre Ricoeur opta per una "via lunga" perché solo questa permette di raccogliere i contributi analitici necessari alla comprensione dell'esperienza. Solo al termine di questo cammino possiamo sperare di delineare un'ontologia, tuttavia sempre indicata come meta, ma mai realmente da lui percorsa.Dopo quest'opera Ricoeur prosegue ampiamente la sua ricerca in analisi sul linguaggio (La metafora viva) e sull'idea di una soggettività costruita nel racconto (Tempo e racconto). Sé come un altro (1990) rappresenta infine una ripresa della tematica del cogito cartesiano, sviluppata tenendo conto della critica nietzschiana della soggettività: essa si dipana, nel confronto con le scienze umane e la filosofia, attraverso un'ermeneutica del sé che passa attraverso la messa in luce delle dimensioni di alterità che sono presenti nell'esperienza umana. Seguono poi Memoria, storia e oblìo, Il giusto e Percorsi del riconoscimento.
Il primo paragrafo parla dell'origine dell'ermeneutica in ambito filosofico (Schleiermacher, Dilthey) e prima ancora esegetico: da una questione metodologica, il problema diventa progressivamente più ampio, dal testo si passa all'esistenza che lì si è espressa.Il secondo paragrafo il modo in cui si innesta il problema ermeneutico nel metodo fenomenologico per arrivare a dare un senso accettabile alla nozione di esistenza: alla via corta di matrice heideggeriana che passa direttamente dal metodo all'ontologia, ossia alla collocazione ontologica del comprendere, Ricoeur contrappone la via lunga da lui percorsa. Egli si sofferma quindi sul contributo di Husserl allo sviluppo di una coscienza ermeneutica: questo consiste ne La crisi delle scienze europee, da una parte, nella critica all'oggettivismo precategoriale, di una pienezza dell'esperienza che fonda le scienze e rispetto a cui queste rappresentano un depauperamento.Il primo Husserl, dalle Ricerche logiche alle Meditazioni cartesiane, mettendo al centro la nozione di intenzionalità e ponendosi dunque già al di là di uno schema rigido soggetto-oggetto, apre in qualche modo per Ricoeur la strada all'ermeneutica e comunque a una critica all'oggettività.
Come in Husserl si trova un soggetto intenzionale diretto a un campo di significati, in Heidegger si presenta un esserci come progetto gettato che tende verso gli utilizzabili e le sue possibilità. La svolta ontologica di Heidegger, seppure essenziale, ha però un limite nel fatto che i problemi ermeneutici concreti, dell'esegesi alla psicoanalisi, vengono saltati. Se dunque il problema del comprendere nasce soprattutto nella questione del linguaggio, allora occorre partire da quelle discipline metodiche che attuano la comprensione di questa sfera. Occorre quindi sostituire alla via breve heideggeriana una via lunga. Il primo passo è dunque muovere all'interno di una teoria del significato, della semantica, integrata poi da un approccio riflessivo, avendo solo come meta finale la comprensione dell'esistenza, l'ontologia del Dasein.
Il terzo paragrafo affronta appunto il tema del linguaggio nella sua dimensione "semantica". In primo luogo, Ricoeur si sofferma sul simbolo e sull'interpretazione: le espressioni simboliche sono strutture di significato in cui un senso diretto, primario, letterale designa per sovrappiù un altro senso indiretto, secondario, figurato che può essere appreso soltanto attraverso il primo. L'interpretazione è dunque coestensiva ai simboli, ne decifra il senso apparente nel senso nascosto. Occorre anzitutto enumerare le modalità di interpretazione dei simboli (fenomenologia della religione, psicoanalisi, poesia) e confrontarle, mostrando come ciascuna segua uno stile diverso perché riconduce i simboli a una certa dimensione dell'esperienza umana.L'ermeneutica riconosce questi diversi stili e li giustifica in considerazione della tematica che affrontano, anche se tutti si riferiscono in ultimo all'esistenza umana. Ricoeur si riferisce in questo contesto al primo Husserl, alla riflessione di Wittgenstein sui giochi linguistici e alla teologia della demitizzazione di Bultmann.
Il quarto paragrafo riguarda "il piano della riflessione": l'esistenza come ha mostrato il "piano semantico", si esprime in significati che vengono consegnati al linguaggio attraverso i simboli, la cui interpretazione anche diversa e conflittuale, che spetta alla filosofia ermeneutica dirimere, deve rimandare alla propria esistenza. Ma da questo punto di vista il soggetto inteso come cogito non regge, perché rappresenta una realtà puntuale, incontestabile ma vana, che è stata inoltre messa in crisi dal sospetto della sua inconsistenza: il cogito si può cogliere solo attraverso le sue espressioni che devono però essere interpretate ponendo attenzione alla possibilità della falsa coscienza. Abbiamo comunque una duplicità di significati che può scaturire per equivoco o per sovrabbondanza e che deve essere risolta: questo compito non può essere svolto direttamente dalla logica del linguaggio, ma da una riflessione trascendentale sulle condizioni di possibilità, da una logica riflessiva.Questo cammino dell'ermeneutica deve giungere infine all'ontologia che non può però essere né unificata e totalizzante né separata dal percorso precedente: si tratta di un'ontologia spezzata. La psicoanalisi con la sua critica della coscienza ci mostra che non si può avere accesso diretto all'io: occorre abbandonare la propria sicurezza e trasparenza per ritrovare attraverso le espressioni simboliche la propria identità.L'esistenza è anzitutto desiderio e sforzo, tensione a realizzarsi, a esplicarsi. Se la psicoanalisi mostra la via verso la radice dei significati espressi, cercando di risalire indietro all'arché - l'archeologia del soggetto - c'è un'altra ermeneutica, quella della Fenomenologia dello spirito, che non è più una regressione, ma una progressione verso un senso che è in movimento: la teleologia del soggetto.
Si apre però un'ulteriore dimensione espressa dalle fenomenologia della religione, quella del sacro che, nelle sue diverse forme, rappresenta l'origine e il compimento del cammino percorso: è quella dimensione in cui l'uomo non può disporre in senso radicale: l'escatologia del sacro.Queste tre vie rimandano verso l'ontologia che non è però separabile da questo percorso: la meta resta comunque ancora solo indicata, anche se possiamo segnalare la correttezza di determinate interpretazioni per giungere a questo obiettivo. Compito dell'ermeneutica è confrontarsi con queste vie, con i loro intrecci, in direzione della domanda sul senso dell'essere dell'esserci.
Per Ricoeur, come per tutti i filosofi francesi, resta fondamentale l'eredità di Cartesio, il cogito cartesiano alla cui dimensione teorica egli però affianca l'io voglio, chiedendosi lo statuto di questa dimensione pratica dell'esperienza.L'analisi si sviluppa qui secondo una metodologia tipica di Ricoeur che cerca di arrivare a una visione teorica precisa attraverso lo studio dei fenomeni concreti. Già in quest'opera emergono i tratti di un essere umano che esperisce la sproporzione tra la sua finitezza e l'infinito cui tende (cfr. Pascal). Questa linea che si allontana dalla trasparenza del cogito verso la dimensione pratica incontra nella seconda parte dell'opera (La filosofia della volontà. II. Finitudine e colpa) il tema della colpa e del male.La prima parte (a.L'uomo fallibile) studia la dimensione della fragilità, della tendenza dell'agire, radicato in una dimensione oscura, a non realizzarsi come l'uomo vorrebbe: la finitudine come sproporzione tra finito e infinito diventa tensione tra affermazione e fragilità ("L'uomo è la gioia del sì, nella tristezza del finito).
A questo punto egli arriva a confrontarsi con il tema del male (b. La simbolica del male): qui emerge un tema importantissimo nella ricerca di Ricoeur, quello dell'interpretazione del simbolo. Egli distingue anzitutto il simbolo dall'allegoria: quest'ultima significa dire qualcosa che già si conosce in un altro modo, il simbolo invece ci fa conoscere qualcosa che non può essere colto in altro modo, che ci è accessibile solo in questa forma: il simbolo dice cioè se stesso, è tautegorico (cfr. Schelling, Creuzer e la riflessione romantica al proposito)."Il simbolo dà a pensare": così si esprime Ricoeur.Il tema della colpa va dunque indagato attraverso i simboli: dalla fragilità si passa all'infrazione e al senso di colpevolezza. Il negativo, il male non può essere portato a una chiarezza definitiva e infatti nelle diverse culture esso viene presentato attraverso racconti, miti, non trattazioni filosofiche.Questa ricerca si sviluppa negli anni Sessanta attraverso un confronto con la dimensione dell'inconscio e anzitutto con Freud (Dell'interpretazione, Saggio su Freud): si cerca di dimostrare l'inconscio alla radice della vita cosciente, del cogito (Freud, Marx e Nietzsche sono considerati da Ricoeur i "maestri del sospetto"). Il cogito diventa luogo non della chiarezza, ma della complessità dell'esperienza umana.Occorre quindi operare un'ermeneutica demistificatrice secondo un percorso archeologico verso l'inconscio come origine, arché del soggetto.
La nostra esperienza non è però solo ricerca e tentativo di risalire alle proprie origini per comprendersi, ma anche maturazione, progettazione, passaggio in avanti: all'archeologia del soggetto si affianca una teleologia del soggetto (qui il modello è la Fenomenologia dello spirito hegeliana). Le due ermeneutiche, quella demistificatoria e quella teleologica, valgono insieme.Se nella cultura francese degli anni Sessanta dominava lo strutturalismo che si proponeva di mettere fuori gioco qualunque nozione di soggettività, Ricoeur tanta di opporvi un orientamento diverso che non intende rinunciare al tema del soggetto, declinandolo però in senso ermeneutico.Da questo cammino nasce l'opera, Il conflitto delle interpretazioni, che affronta il rapporto tra l'ermeneutica e i contributi dello strutturalismo, della filosofia analitica e delle scienze umane.
Il centro del testo (l'introduzione a Il conflitto delle interpretazioni) riprende l'ermeneutica heideggeriana, considerata come una svolta decisiva nel passaggio al carattere ontologico del comprendere, evidenziando però come limite il fatto che Heidegger non si sia mai confrontato con le scienze, non abbia mai considerato gli apporti su questo tema di altre discipline: egli avrebbe percorso una "via breve", mentre Ricoeur opta per una "via lunga" perché solo questa permette di raccogliere i contributi analitici necessari alla comprensione dell'esperienza. Solo al termine di questo cammino possiamo sperare di delineare un'ontologia, tuttavia sempre indicata come meta, ma mai realmente da lui percorsa.Dopo quest'opera Ricoeur prosegue ampiamente la sua ricerca in analisi sul linguaggio (La metafora viva) e sull'idea di una soggettività costruita nel racconto (Tempo e racconto). Sé come un altro (1990) rappresenta infine una ripresa della tematica del cogito cartesiano, sviluppata tenendo conto della critica nietzschiana della soggettività: essa si dipana, nel confronto con le scienze umane e la filosofia, attraverso un'ermeneutica del sé che passa attraverso la messa in luce delle dimensioni di alterità che sono presenti nell'esperienza umana. Seguono poi Memoria, storia e oblìo, Il giusto e Percorsi del riconoscimento.
Il primo paragrafo parla dell'origine dell'ermeneutica in ambito filosofico (Schleiermacher, Dilthey) e prima ancora esegetico: da una questione metodologica, il problema diventa progressivamente più ampio, dal testo si passa all'esistenza che lì si è espressa.Il secondo paragrafo il modo in cui si innesta il problema ermeneutico nel metodo fenomenologico per arrivare a dare un senso accettabile alla nozione di esistenza: alla via corta di matrice heideggeriana che passa direttamente dal metodo all'ontologia, ossia alla collocazione ontologica del comprendere, Ricoeur contrappone la via lunga da lui percorsa. Egli si sofferma quindi sul contributo di Husserl allo sviluppo di una coscienza ermeneutica: questo consiste ne La crisi delle scienze europee, da una parte, nella critica all'oggettivismo precategoriale, di una pienezza dell'esperienza che fonda le scienze e rispetto a cui queste rappresentano un depauperamento.Il primo Husserl, dalle Ricerche logiche alle Meditazioni cartesiane, mettendo al centro la nozione di intenzionalità e ponendosi dunque già al di là di uno schema rigido soggetto-oggetto, apre in qualche modo per Ricoeur la strada all'ermeneutica e comunque a una critica all'oggettività.
Come in Husserl si trova un soggetto intenzionale diretto a un campo di significati, in Heidegger si presenta un esserci come progetto gettato che tende verso gli utilizzabili e le sue possibilità. La svolta ontologica di Heidegger, seppure essenziale, ha però un limite nel fatto che i problemi ermeneutici concreti, dell'esegesi alla psicoanalisi, vengono saltati. Se dunque il problema del comprendere nasce soprattutto nella questione del linguaggio, allora occorre partire da quelle discipline metodiche che attuano la comprensione di questa sfera. Occorre quindi sostituire alla via breve heideggeriana una via lunga. Il primo passo è dunque muovere all'interno di una teoria del significato, della semantica, integrata poi da un approccio riflessivo, avendo solo come meta finale la comprensione dell'esistenza, l'ontologia del Dasein.
Il terzo paragrafo affronta appunto il tema del linguaggio nella sua dimensione "semantica". In primo luogo, Ricoeur si sofferma sul simbolo e sull'interpretazione: le espressioni simboliche sono strutture di significato in cui un senso diretto, primario, letterale designa per sovrappiù un altro senso indiretto, secondario, figurato che può essere appreso soltanto attraverso il primo. L'interpretazione è dunque coestensiva ai simboli, ne decifra il senso apparente nel senso nascosto. Occorre anzitutto enumerare le modalità di interpretazione dei simboli (fenomenologia della religione, psicoanalisi, poesia) e confrontarle, mostrando come ciascuna segua uno stile diverso perché riconduce i simboli a una certa dimensione dell'esperienza umana.L'ermeneutica riconosce questi diversi stili e li giustifica in considerazione della tematica che affrontano, anche se tutti si riferiscono in ultimo all'esistenza umana. Ricoeur si riferisce in questo contesto al primo Husserl, alla riflessione di Wittgenstein sui giochi linguistici e alla teologia della demitizzazione di Bultmann.
Il quarto paragrafo riguarda "il piano della riflessione": l'esistenza come ha mostrato il "piano semantico", si esprime in significati che vengono consegnati al linguaggio attraverso i simboli, la cui interpretazione anche diversa e conflittuale, che spetta alla filosofia ermeneutica dirimere, deve rimandare alla propria esistenza. Ma da questo punto di vista il soggetto inteso come cogito non regge, perché rappresenta una realtà puntuale, incontestabile ma vana, che è stata inoltre messa in crisi dal sospetto della sua inconsistenza: il cogito si può cogliere solo attraverso le sue espressioni che devono però essere interpretate ponendo attenzione alla possibilità della falsa coscienza. Abbiamo comunque una duplicità di significati che può scaturire per equivoco o per sovrabbondanza e che deve essere risolta: questo compito non può essere svolto direttamente dalla logica del linguaggio, ma da una riflessione trascendentale sulle condizioni di possibilità, da una logica riflessiva.Questo cammino dell'ermeneutica deve giungere infine all'ontologia che non può però essere né unificata e totalizzante né separata dal percorso precedente: si tratta di un'ontologia spezzata. La psicoanalisi con la sua critica della coscienza ci mostra che non si può avere accesso diretto all'io: occorre abbandonare la propria sicurezza e trasparenza per ritrovare attraverso le espressioni simboliche la propria identità.L'esistenza è anzitutto desiderio e sforzo, tensione a realizzarsi, a esplicarsi. Se la psicoanalisi mostra la via verso la radice dei significati espressi, cercando di risalire indietro all'arché - l'archeologia del soggetto - c'è un'altra ermeneutica, quella della Fenomenologia dello spirito, che non è più una regressione, ma una progressione verso un senso che è in movimento: la teleologia del soggetto.
Si apre però un'ulteriore dimensione espressa dalle fenomenologia della religione, quella del sacro che, nelle sue diverse forme, rappresenta l'origine e il compimento del cammino percorso: è quella dimensione in cui l'uomo non può disporre in senso radicale: l'escatologia del sacro.Queste tre vie rimandano verso l'ontologia che non è però separabile da questo percorso: la meta resta comunque ancora solo indicata, anche se possiamo segnalare la correttezza di determinate interpretazioni per giungere a questo obiettivo. Compito dell'ermeneutica è confrontarsi con queste vie, con i loro intrecci, in direzione della domanda sul senso dell'essere dell'esserci.