Schleiermacher
Si potrebbe sostenere con Ricoeur che prima di Schleiermacher noi incontriamo, da una parte, la filologia applicata ai testi classici e, dall'altra, l'esegesi dei testi sacri. Nei due campi specifici, poi, il lavoro d'interpretazione varia a seconda della diversità dei testi. Un'ermeneutica generale esige, invece, che ci si elevi al di sopra delle applicazioni particolari individuando - kantianamente - le operazioni che sono comuni ai due maggiori campi dell'ermeneutica.Ma prima di soffermarci su questa nuova impostazione del problema, che segna la svolta universalistica data da Schleiermacher all'ermeneutica moderna, è bene riferirci alla sua prima opera, intitolata "Sulla religione. Discorsi a quegli intellettuali che la disprezzano" (1799), e a quella nozione di individualità che scaturisce da essa e che è fondamentale per comprendere non solo la sua filosofia della religione ma anche la sua ermeneutica.
Con quest'opera Schleiermacher vuole mostrare che la religione condivide alcuni aspetti con le istanze fondamentali del Romanticismo e tra queste proprio l'interesse per l'individualità e per la dimensione della storicità. Tali tematiche avevano registrato una crescita d'interesse nella seconda metà del Settecento in Germania: l'illuminismo tedesco doveva confrontarsi infatti con un contesto socio-culturale meno legato alla religione tradizionale, soprattutto al Cristianesimo nella sua forma protestante.In questa situazione emerge l'attenzione per le differenze tra i popoli, tra le culture (si vedano in proposito, tra l'altro, le riflessioni di Herder e Lessing). L'idea è che la ragione è universale, ma si manifesta in tappe storiche presso diversi popoli, considerati come entità individuali.Collocandosi all'interno di questo clima culturale, Schleiermacher apprende dall'illuminismo l'atteggiamento antidogmatico (proporrà infatti una interpretazione libera dei dogmi), ma insieme mostra agli illuministi l'importanza e la specificità dell'esperienza religiosa (che Kant aveva distinto dalla metafisica ma non dalla morale).
Metafisica, morale e religione, a suo modo di vedere, hanno lo stesso oggetto ( e cioè il rapporto dell'uomo con l'universo), ma lo trattano diversamente. Infatti, mentre metafisica e morale vanno dal finito all'infinito (non riuscendo mai in realtà, proprio per la mediazione che le connota, ad uscire dal finito), la religione coglie immediatamente il finito nell'infinito e l'infinito nel finito. Quel che la metafisica cerca di conoscere e la morale tenta di realizzare pezzo a pezzo la religione lo coglie immediatamente ( e proprio per questo suo coglimento dell'unità organica del tutto la religione può costituire un principio animatore e unificatore della metafisica e della morale, che senza religione rischiano infatti l'astrattezza).Oggetto del sentimento religioso è quindi l'universo, il tutto, non un Dio personale.Ma questo rapporto immediato tra finito e infinito connotante la religione non sottende la dissoluzione panteistica del finito nell'infinito, bensì la presenza dell'infinito nel finito.
Schleiermacher pone così in relazione individualità (irripetibile) e totalità (inesauribile). Il finito va pensato nel sistema dell'assoluto, ma, dal momento che questo si manifesta in modo inesauribile e ogni volta originale nel finito, diventa impossibile ridurre il finito stesso a parte del tutto.Queste sono le premesse dell'effettiva riflessione ermeneutica di Schleiermacher che sarà di poco successiva: se l'esperienza più importante è quella religiosa e se si tratta di un'esperienza individuale ( e quindi anche storica), il punto centrale della filosofia è vedere come si possa conoscere l'individualità. Il grande contributo dato da Schleiermacher all'ermeneutica sta proprio nell'aver colto l'importanza dell'individualità, l'ermeneutica come problema di comprensione dell'individualità.
Ogni forma religiosa dà un'idea dell'infinito presente nel finito e ciascuno di noi ne ha un'esperienza individuale; se però essa fosse radicalmente individuale non potremmo conoscerla; tuttavia è intuizione di un universo rappresentante un punto di riferimento comune che ciascuno intuisce e sente in un modo proprio. Ogni conoscenza si muove così tra universale e individuale. L'ermeneutica si pone questo problema: cogliere l'individuale nel suo tratto comune e diverso.La questione che si pone Schleiermacher è proprio quella di comprendere questa dimensione individuale: si può parlare dell'individualità come di un fascio, un insieme di disposizioni umane comuni a tutti gli uomini, che però sono polarizzate, ordinate diversamente attorno a un centro. Ecco che allora l'ermeneutica sarà il tentativo di cogliere questo centro, ad esempio nel caso di un testo il suo autore.
L' eredità che ci lasciano i Discorsi è dunque questa: Schleiermacher come filosofo dell'individualità e come portatore di una nuova valutazione della storicità. A questo proposito bisogna aggiungere che, a suo modo di vedere, una prospettiva storica complessiva è impossibile: noi possiamo infatti affermare con certezza che nella nostra esperienza vi è un elemento universale ma non possiamo dominarlo, né attingere a una visione complessiva dello spirito come avviene in Hegel. La via scelta da Schleiermacher è alternativa a quella hegeliana: occorrono strumenti per elaborare l'esperienza individuale, per dare forma alla mia esperienza di unità di universale e particolare, ma non vi è la costruzione di una filosofia della storia.L'universalità non è data come visione panoramica, ma come possibilità di comunicare con altri soggetti.
L'universalità non può essere oggettivata, ma la colgo nella possibilità di comunicare tale esperienza, essa vive nella comunicazione. La comunicazione avviene grazie a due condizioni teoriche: una, generale, è l'universalità della ragione, l'altra, specifica, è l'appartenenza a una comunità storico- linguistica. La prima è una condizione di stampo illuministico, mentre la seconda è di carattere romantico. Questo spiega l'attenzione che Schleiermacher dà al linguaggio: esso è quella dimensione che esprime la mia individualità in una forma comunicabile, è una forma di universalizzazione del particolare. Le lingue sono diverse perché esprimono l'individualità dell'umano.Il linguaggio è contemporaneamente individuale ed universale. Attraverso l'interpretazione del linguaggio si ha una chiave per accedere all'individualità del testo e per questa via Schleiermacher tenterà di unificare un aspetto tecnico dell'interpretazione, cioè l'individuale, e un aspetto grammaticale che guarda al linguaggio come tale. In generale la "tecnica" dell'interpretazione riguarda per Schleiermacher il tentativo di cogliere l'individualità nel discorso, sia scritto che parlato. La risposta non è per nulla facile perché se si esamina, ad esempio, una persona tentando di unificarne l'individualità con il tutto, non resta più spazio per alcuna novità e allora emerge la necessità di sintonizzarsi sul suo comportamento presente, momentaneo, ma ciò risulta ancora più difficile da esprimere in termini filosofici.
Quando si fa ermeneutica, quando cioè si cerca di sviluppare una teoria dell'interpretazione quello che sembra un punto di arrivo potrebbe essere invece solo il punto di partenza: l'ermeneutica serve infatti proprio quando la comprensione non è immediata, mentre non ce n'è bisogno quando i discorsi sono banali, semplici. Invitare a rapportarsi all'individualità di per sé non significa dunque molto: ogni individuo si radica in un contesto, ma è anche originale. Da ciò il carattere infinito dell'interpretazione.Schleiermacher raccomanda di avvicinarsi al contesto dell'opera, che è universale, perché solo in questo modo si può cogliere veramente l'individuale. Si deve tentare di diventare un "lettore immediato" attraverso un lavoro di mediazione per capire poi le allusioni, l'atmosfera e il terreno specifico di un testo (cfr. Il pensiero ermeneutico, a cura di M.Ravera, Marietti, Genova 1986, p.116).
Riepiloghiamo i punti essenziali finora emersi e insieme approfondiamo il discorso. Il primo concetto importante nella prospettiva di Schleiermacher è la sua portata generale, universale, riguardante ogni discorso, sia scritto che orale. L'ermeneutica concerne la subtilitas intelligendi, non la subtilitas explicandi, interessa la comprensione, non la sua espressione e spiegazione.Un testo, da una parte, rimanda alla lingua in cui è scritto e dunque alla civiltà di cui è espressione, dall'altra, è un prodotto individuale del suo autore: universale e individuale sono compresenti e dunque l'interpretazione si sdoppia in un'interpretazione della lingua e in un'interpretazione dell'autore (metodo "grammaticale" e metodo "tecnico", che rimanda alla techne greca intesa come "arte").Il metodo "grammaticale" consiste nel trovare tutto ciò che dal punto di vista linguistico il testo manifesta in quanto espressione di una certa epoca, di un contesto storico. Tale metodo serve a riportare l'universale nel suo contesto. Ma da questo contesto emerge anche l'aspetto individuale della produzione dell'autore e da ciò dunque la necessità di cogliere, attraverso l'intuizione o il sentimento, anche l'individualità dell'autore: questa è l'interpretazione "tecnica". Il metodo di Schleiermacher si muove sempre su questo duplice binario (che nel suo continuo rimando sottende l'infinità dell'atto interpretativo). Arriviamo ora alla questione relativa a come sviluppare tutto questo discorso. A questo punto si presenta il tema del "circolo ermeneutico": per comprendere il discorso bisogna già conoscere chi parla, ma lo possiamo conoscere solo attraverso il suo discorso.La comprensione delle parti dipende dalla comprensione dell'insieme, ma l'influenza è reciproca perché anche la singolarità fornisce indicazioni nuove sulla totalità in un processo potenzialmente infinito.Questo è il tema del comprendere (verstehen): esso richiede, da una parte, la ricostruzione del contesto e, dall'altra, il rivolgersi all'individualità. In questo contesto si colloca anche il tema del fraintendimento (Missverstehen): di solito lo si intende come un'eccezione perché in genere si parte dall'idea che ci si capisce; ma se ciò può valere nella quotidianità, in realtà per Schleiermacher in discorsi più complessi vale proprio il contrario, ossia la comprensione è sempre esposta al fallimento.
Si innesta nuovamente qui il tema dell'immediatezza, del diventare lettore immediato. Si è osservato che questa linea di riflessione di Schleiermacher è legata in particolare all'ermeneutica del testo sacro: esso ha un'autorevolezza in quanto tale, per cui il problema è arrivare a coglierlo, eliminando le incrostazioni che si possono essere interposte tra noi e il testo. Gesù, ad esempio, parlava alla gente semplice con forme semplici: non occorreva essere dei dotti per comprenderlo. Egli parlava anche per parabole, per immagini che possono diventare per noi oscure: diventare un lettore immediato significa essere come coloro che ascoltavano Gesù, suoi contemporanei (cfr. Kierkegaard). E lo si può essere anche a distanza di tempo, poiché Gesù è l'eterno che si incarna nel tempo, quindi nell'istante. Certo, Schleiermacher è un grande pensatore anche religioso, ma occorre considerare che per lui l'interpretazione del testo sacro non ha una posizione privilegiata rispetto ad altri testi: l'ermeneutica vale allo stesso modo per ogni discorso, perché la forma della comprensione è universale.
Tutto questo lavoro deve portare all'ascolto, al rapporto diretto: bisogna capire tutto come chi ha scritto, e anche meglio di lui. Capire il testo come il suo autore è il lato dell'immediatezza, ma poi si potrebbe anche capirlo meglio, trovandovi qualcosa che l'autore ci ha messo anche se non era completamente cosciente di averlo fatto. Ogni grande autore è stato capito in misura sempre maggiore quanto più passava il tempo. Questo è il vero "genio", in senso romantico, dell'autore. Dopo aver cercato l'immediatezza con l'ascoltatore e poi con l'autore, per capire meglio il testo occorre dunque nuovamente prendere distanza da esso.Nelle sue riflessioni successive (Esposizione in forma di compendio del 1819 e poi i Discorsi accademici) Schleiermacher riprende questi temi, ma senza riuscire tuttavia a darne una sistemazione ultima, definitiva, stabile. Egli specifica che il metodo grammaticale sottende, tra l'altro, il metodo storico, che però, portato fino in fondo, è quello che cancella la novità, perché dissolve l'individualità nel suo contesto, impedendo proprio l'emergere di qualunque novità. Del resto, l'interpretazione tecnica richiede anche che ci si "sintonizzi" con il significato della parola, dell'espressione singola di un testo, dischiudente una prospettiva capace di cogliere lo "stile" dell'autore. La parola può essere indagata certo in modo comparativo, cioè nel suo significato, ma occorre afferrare nello stesso tempo la sua individualità in modo "divinatorio", nel senso di mettersi in sintonia con essa: ci si muove sempre tra comparazione e intuizione. Tutto questo sbocca negli ultimi anni in quella che egli chiama "interpretazione psicologica", la quale tende a cogliere la vita interiore dell'autore, la sua dimensione individuale (queste sono tra le ultime affermazioni di Schleiermacher, scritte qualche anno prima di morire: in esse l'influenza di Leibniz appare evidente).
Richiamo ora in chiave sintetica i punti essenziali dell'ermeneutica di Schleiermacher:
Con quest'opera Schleiermacher vuole mostrare che la religione condivide alcuni aspetti con le istanze fondamentali del Romanticismo e tra queste proprio l'interesse per l'individualità e per la dimensione della storicità. Tali tematiche avevano registrato una crescita d'interesse nella seconda metà del Settecento in Germania: l'illuminismo tedesco doveva confrontarsi infatti con un contesto socio-culturale meno legato alla religione tradizionale, soprattutto al Cristianesimo nella sua forma protestante.In questa situazione emerge l'attenzione per le differenze tra i popoli, tra le culture (si vedano in proposito, tra l'altro, le riflessioni di Herder e Lessing). L'idea è che la ragione è universale, ma si manifesta in tappe storiche presso diversi popoli, considerati come entità individuali.Collocandosi all'interno di questo clima culturale, Schleiermacher apprende dall'illuminismo l'atteggiamento antidogmatico (proporrà infatti una interpretazione libera dei dogmi), ma insieme mostra agli illuministi l'importanza e la specificità dell'esperienza religiosa (che Kant aveva distinto dalla metafisica ma non dalla morale).
Metafisica, morale e religione, a suo modo di vedere, hanno lo stesso oggetto ( e cioè il rapporto dell'uomo con l'universo), ma lo trattano diversamente. Infatti, mentre metafisica e morale vanno dal finito all'infinito (non riuscendo mai in realtà, proprio per la mediazione che le connota, ad uscire dal finito), la religione coglie immediatamente il finito nell'infinito e l'infinito nel finito. Quel che la metafisica cerca di conoscere e la morale tenta di realizzare pezzo a pezzo la religione lo coglie immediatamente ( e proprio per questo suo coglimento dell'unità organica del tutto la religione può costituire un principio animatore e unificatore della metafisica e della morale, che senza religione rischiano infatti l'astrattezza).Oggetto del sentimento religioso è quindi l'universo, il tutto, non un Dio personale.Ma questo rapporto immediato tra finito e infinito connotante la religione non sottende la dissoluzione panteistica del finito nell'infinito, bensì la presenza dell'infinito nel finito.
Schleiermacher pone così in relazione individualità (irripetibile) e totalità (inesauribile). Il finito va pensato nel sistema dell'assoluto, ma, dal momento che questo si manifesta in modo inesauribile e ogni volta originale nel finito, diventa impossibile ridurre il finito stesso a parte del tutto.Queste sono le premesse dell'effettiva riflessione ermeneutica di Schleiermacher che sarà di poco successiva: se l'esperienza più importante è quella religiosa e se si tratta di un'esperienza individuale ( e quindi anche storica), il punto centrale della filosofia è vedere come si possa conoscere l'individualità. Il grande contributo dato da Schleiermacher all'ermeneutica sta proprio nell'aver colto l'importanza dell'individualità, l'ermeneutica come problema di comprensione dell'individualità.
Ogni forma religiosa dà un'idea dell'infinito presente nel finito e ciascuno di noi ne ha un'esperienza individuale; se però essa fosse radicalmente individuale non potremmo conoscerla; tuttavia è intuizione di un universo rappresentante un punto di riferimento comune che ciascuno intuisce e sente in un modo proprio. Ogni conoscenza si muove così tra universale e individuale. L'ermeneutica si pone questo problema: cogliere l'individuale nel suo tratto comune e diverso.La questione che si pone Schleiermacher è proprio quella di comprendere questa dimensione individuale: si può parlare dell'individualità come di un fascio, un insieme di disposizioni umane comuni a tutti gli uomini, che però sono polarizzate, ordinate diversamente attorno a un centro. Ecco che allora l'ermeneutica sarà il tentativo di cogliere questo centro, ad esempio nel caso di un testo il suo autore.
L' eredità che ci lasciano i Discorsi è dunque questa: Schleiermacher come filosofo dell'individualità e come portatore di una nuova valutazione della storicità. A questo proposito bisogna aggiungere che, a suo modo di vedere, una prospettiva storica complessiva è impossibile: noi possiamo infatti affermare con certezza che nella nostra esperienza vi è un elemento universale ma non possiamo dominarlo, né attingere a una visione complessiva dello spirito come avviene in Hegel. La via scelta da Schleiermacher è alternativa a quella hegeliana: occorrono strumenti per elaborare l'esperienza individuale, per dare forma alla mia esperienza di unità di universale e particolare, ma non vi è la costruzione di una filosofia della storia.L'universalità non è data come visione panoramica, ma come possibilità di comunicare con altri soggetti.
L'universalità non può essere oggettivata, ma la colgo nella possibilità di comunicare tale esperienza, essa vive nella comunicazione. La comunicazione avviene grazie a due condizioni teoriche: una, generale, è l'universalità della ragione, l'altra, specifica, è l'appartenenza a una comunità storico- linguistica. La prima è una condizione di stampo illuministico, mentre la seconda è di carattere romantico. Questo spiega l'attenzione che Schleiermacher dà al linguaggio: esso è quella dimensione che esprime la mia individualità in una forma comunicabile, è una forma di universalizzazione del particolare. Le lingue sono diverse perché esprimono l'individualità dell'umano.Il linguaggio è contemporaneamente individuale ed universale. Attraverso l'interpretazione del linguaggio si ha una chiave per accedere all'individualità del testo e per questa via Schleiermacher tenterà di unificare un aspetto tecnico dell'interpretazione, cioè l'individuale, e un aspetto grammaticale che guarda al linguaggio come tale. In generale la "tecnica" dell'interpretazione riguarda per Schleiermacher il tentativo di cogliere l'individualità nel discorso, sia scritto che parlato. La risposta non è per nulla facile perché se si esamina, ad esempio, una persona tentando di unificarne l'individualità con il tutto, non resta più spazio per alcuna novità e allora emerge la necessità di sintonizzarsi sul suo comportamento presente, momentaneo, ma ciò risulta ancora più difficile da esprimere in termini filosofici.
Quando si fa ermeneutica, quando cioè si cerca di sviluppare una teoria dell'interpretazione quello che sembra un punto di arrivo potrebbe essere invece solo il punto di partenza: l'ermeneutica serve infatti proprio quando la comprensione non è immediata, mentre non ce n'è bisogno quando i discorsi sono banali, semplici. Invitare a rapportarsi all'individualità di per sé non significa dunque molto: ogni individuo si radica in un contesto, ma è anche originale. Da ciò il carattere infinito dell'interpretazione.Schleiermacher raccomanda di avvicinarsi al contesto dell'opera, che è universale, perché solo in questo modo si può cogliere veramente l'individuale. Si deve tentare di diventare un "lettore immediato" attraverso un lavoro di mediazione per capire poi le allusioni, l'atmosfera e il terreno specifico di un testo (cfr. Il pensiero ermeneutico, a cura di M.Ravera, Marietti, Genova 1986, p.116).
Riepiloghiamo i punti essenziali finora emersi e insieme approfondiamo il discorso. Il primo concetto importante nella prospettiva di Schleiermacher è la sua portata generale, universale, riguardante ogni discorso, sia scritto che orale. L'ermeneutica concerne la subtilitas intelligendi, non la subtilitas explicandi, interessa la comprensione, non la sua espressione e spiegazione.Un testo, da una parte, rimanda alla lingua in cui è scritto e dunque alla civiltà di cui è espressione, dall'altra, è un prodotto individuale del suo autore: universale e individuale sono compresenti e dunque l'interpretazione si sdoppia in un'interpretazione della lingua e in un'interpretazione dell'autore (metodo "grammaticale" e metodo "tecnico", che rimanda alla techne greca intesa come "arte").Il metodo "grammaticale" consiste nel trovare tutto ciò che dal punto di vista linguistico il testo manifesta in quanto espressione di una certa epoca, di un contesto storico. Tale metodo serve a riportare l'universale nel suo contesto. Ma da questo contesto emerge anche l'aspetto individuale della produzione dell'autore e da ciò dunque la necessità di cogliere, attraverso l'intuizione o il sentimento, anche l'individualità dell'autore: questa è l'interpretazione "tecnica". Il metodo di Schleiermacher si muove sempre su questo duplice binario (che nel suo continuo rimando sottende l'infinità dell'atto interpretativo). Arriviamo ora alla questione relativa a come sviluppare tutto questo discorso. A questo punto si presenta il tema del "circolo ermeneutico": per comprendere il discorso bisogna già conoscere chi parla, ma lo possiamo conoscere solo attraverso il suo discorso.La comprensione delle parti dipende dalla comprensione dell'insieme, ma l'influenza è reciproca perché anche la singolarità fornisce indicazioni nuove sulla totalità in un processo potenzialmente infinito.Questo è il tema del comprendere (verstehen): esso richiede, da una parte, la ricostruzione del contesto e, dall'altra, il rivolgersi all'individualità. In questo contesto si colloca anche il tema del fraintendimento (Missverstehen): di solito lo si intende come un'eccezione perché in genere si parte dall'idea che ci si capisce; ma se ciò può valere nella quotidianità, in realtà per Schleiermacher in discorsi più complessi vale proprio il contrario, ossia la comprensione è sempre esposta al fallimento.
Si innesta nuovamente qui il tema dell'immediatezza, del diventare lettore immediato. Si è osservato che questa linea di riflessione di Schleiermacher è legata in particolare all'ermeneutica del testo sacro: esso ha un'autorevolezza in quanto tale, per cui il problema è arrivare a coglierlo, eliminando le incrostazioni che si possono essere interposte tra noi e il testo. Gesù, ad esempio, parlava alla gente semplice con forme semplici: non occorreva essere dei dotti per comprenderlo. Egli parlava anche per parabole, per immagini che possono diventare per noi oscure: diventare un lettore immediato significa essere come coloro che ascoltavano Gesù, suoi contemporanei (cfr. Kierkegaard). E lo si può essere anche a distanza di tempo, poiché Gesù è l'eterno che si incarna nel tempo, quindi nell'istante. Certo, Schleiermacher è un grande pensatore anche religioso, ma occorre considerare che per lui l'interpretazione del testo sacro non ha una posizione privilegiata rispetto ad altri testi: l'ermeneutica vale allo stesso modo per ogni discorso, perché la forma della comprensione è universale.
Tutto questo lavoro deve portare all'ascolto, al rapporto diretto: bisogna capire tutto come chi ha scritto, e anche meglio di lui. Capire il testo come il suo autore è il lato dell'immediatezza, ma poi si potrebbe anche capirlo meglio, trovandovi qualcosa che l'autore ci ha messo anche se non era completamente cosciente di averlo fatto. Ogni grande autore è stato capito in misura sempre maggiore quanto più passava il tempo. Questo è il vero "genio", in senso romantico, dell'autore. Dopo aver cercato l'immediatezza con l'ascoltatore e poi con l'autore, per capire meglio il testo occorre dunque nuovamente prendere distanza da esso.Nelle sue riflessioni successive (Esposizione in forma di compendio del 1819 e poi i Discorsi accademici) Schleiermacher riprende questi temi, ma senza riuscire tuttavia a darne una sistemazione ultima, definitiva, stabile. Egli specifica che il metodo grammaticale sottende, tra l'altro, il metodo storico, che però, portato fino in fondo, è quello che cancella la novità, perché dissolve l'individualità nel suo contesto, impedendo proprio l'emergere di qualunque novità. Del resto, l'interpretazione tecnica richiede anche che ci si "sintonizzi" con il significato della parola, dell'espressione singola di un testo, dischiudente una prospettiva capace di cogliere lo "stile" dell'autore. La parola può essere indagata certo in modo comparativo, cioè nel suo significato, ma occorre afferrare nello stesso tempo la sua individualità in modo "divinatorio", nel senso di mettersi in sintonia con essa: ci si muove sempre tra comparazione e intuizione. Tutto questo sbocca negli ultimi anni in quella che egli chiama "interpretazione psicologica", la quale tende a cogliere la vita interiore dell'autore, la sua dimensione individuale (queste sono tra le ultime affermazioni di Schleiermacher, scritte qualche anno prima di morire: in esse l'influenza di Leibniz appare evidente).
Richiamo ora in chiave sintetica i punti essenziali dell'ermeneutica di Schleiermacher:
- L'ermeneutica entra in gioco quando si presenta qualsiasi forma di difficoltà comunicativa, vale a dire ovunque ci si trovi di fronte a un messaggio non banale, sia esso orale o scritto, che risulti a noi in qualche modo estraneo (e che quindi potrebbe essere frainteso senza l'interpretazione). Assistiamo perciò all'universalizzazione dell'ermeneutica, che non riguarda più solo la spiegazione di singoli passi oscuri. I limiti dell'ermeneutica coincidono con i limiti del linguaggio. Essa non è più quindi una tecnica sussidiaria ma una disciplina autonoma
- Nella comprensione il momento tecnico/psicologico si integra con quello linguistico/grammaticale, due funzioni che si propongono di intendere il discorso/lo scritto come tratto della lingua e come un dato del soggetto pensante. La comprensione grammaticale ha come proprio oggetto di indagine il linguaggio che si manifesta in tre diverse totalità: quella della lingua materna, quella del periodo in cui vive l'autore da interpretare, quella afferente allo stile dello stesso autore con particolare attenzione al suo impiego nel discorso/scritto oggetto di interpretazione. La comprensione tecnica/psicologica intende risalire all'intenzione dell'autore, alla sua decisione germinale, che consente di cogliere la genesi (prelinguistica) dell'opera. In questo contesto emerge la nozione di divinazione, intesa come l'atto intuitivo, con il quale l'interprete si immedesima nell'autore, fino ad attingerne il punto di vista e a comprenderne l'opera a partire da esso. La divinazione è resa però possibile dal confronto con altre opere dell'autore, con il genere letterario, con le tendenze dell'epoca, implicando quindi una comparazione. Tra i due momenti (grammaticale e tecnico) si instaura un rimando infinito (nome schleiermacheriano del circolo ermeneutico), data l'ineffabilità e infinità dell'individuo (radicantesi nel suo essere prospettiva particolare sull'assoluto).
- L'interprete deve mirare non solo a comprendere l'autore così com'egli stesso si è compreso, ma ad intenderlo addirittura meglio, dal momento che nella sua opera interpretativa diviene finalmente quel processo di creazione che era inizialmente del tutto inconscio.