Filosofia e cosmologia
Cosi Wolff e con lui la filosofia tedesca del 700 chiamo' la filosofia della natura. Wolff definì la cosmologia come la scienza del mondo o dell'universo in genere, in quanto è un ente composto e modificabile; e la divise in parte scientifica e in una parte sperimentale; parti che Baumgarten a sua volta chiamo' cosmologia razionale e cosmologia empirica. Questa terminologia fu accettata da Kant che intese per "idea cosmologica" l'idea del mondo come "totalità assoluta delle cose esistenti". Da Kant in poi d'intese quindi per cosmologia non già la scienza della natura e neppure l'intera filosofia della natura, ma soltanto quella parte della filosofia o della scienza della natura che ha per oggetto l'idea del mondo o cerca di determinare le caratteristiche generali dell'universo nella sua totalità. Si possono distinguere quattro fasi della cosmologia a partire dal momento in cui furono abbandonati i tentativi schiettamente mitici delle teogonie e precisamente:
1) la fase di passaggio dal mito alla speculazione
2) la fase classica della cosmologia geocentrica e finitistica
3) la cosmologia moderna eliocentrica
4) la fase contemporanea caratterizzata da varie alternative di interpretazione
La prima fase e' caratterizzata dal l'abbandono del mito e dal tentativo di trovare una spiegazione razionale o naturale del mondo. È la fase rappresentata dalla filosofia presocratica. I Pitagorici ebbero in questo campo i maggiori meriti perché : a) intesero l'universo come un cosmos, cioè un ordine oggettivo, esprimibile nel linguaggio della matematica cioè in termini di figura e di numero, b) con Filolao (V secolo a.C.) rigettarono per primi la concezione geocentrica, ritenendo che la Terra stessa e tutti gli altri corpi celesti si muovano intorno a un fuoco centrale detto Hestia e presentando così la prima dottrina eliocentrica, che fu più tardi difesa da Eraclide Pontico e Aristarco di Samo ( sec.III a.C.).
La seconda fase e' quella dell'astronomia classica e della filosofia della natura di Platone e Aristotele. Essa e' caratterizzata dal consolidarsi della concezione geocentrica del mondo attraverso l'opera di Eudosso (sec. IV a.C.), Ipparco (sec. II a.C.) e Tolomeo (sec. II d.C.) e dalla concezione finitista e qualitativa della natura propria di Aristotele. Aristotele infatti ritenne che il mondo è necessariamente finito perché perfetto; e stabili' come tratto fondamentale di esso la divisione in due parti qualitativamente diverse: il cielo composto di etere, sostanza ingenerabile e incorruttibile che si muove solo di movimento circolare; e i corpi sublunari composti dai quattro elementi che si muovono dal centro o verso il centro della Terra. Questa concezione rimase dominante nel Medioevo.
La terza fase inizia sul finire del Medioevo, quando la concezione classica fu messa in dubbio da Ockham che riconosceva la possibilità del l'infinita' del mondo e dell'esistenza di più mondi; e nel contempo negava la diversità tra la sostanza celeste e la sostanza sublunare. Le possibilità lasciate aperte da Ockham venivano trasformate in affermazioni risolute nel secolo successivo, per opera di Cusano ( De Docta Ignorantia, 1440) e si univano (come il fanatismo aristotelico si era unico con l'astronomia geocentrica) con l'astronomia eliocentrica di Copernico e Keplero nella nuova concezione del mondo che veniva esposta e difesa da Galileo Galilei ( secolo XVII). Giordano Bruno ribadiva, da un punto di vista filosofico, la connessione più stretta tra l'infinita' del mondo e la nuova astronomia eliocentrica. La fisica di Newton rappresenta l'espressione della struttura matematica di un mondo così concepito; e proprio sulla base di questa fisica Kant tento', per primo, nella sua Teoria dei cieli ( 1755) una cosmogonia scientifica che presentava l'ipotesi di una formazione dell'intero universo a partire da una nebulosa primitiva e sulla base delle leggi della fisica newtoniana.
Laplace più tardi presentava in forma più rigorosa la stessa ipotesi limitata al sistema solare (Esposizione del sistema del mondo, 1796) e riteneva di aver dimostrato che il mondo non è che una gigantesca macchina, retta da rigorose leggi matematiche. Questa fase cosmologica culmina quindi con il trionfo del meccanismo, di cui i cieli sembrano rappresentare il più cospicuo esempio.
La quarta fase della cosmologia e' cominciata nella seconda decade del Novecento ed è dovuta all'uso dei nuovi strumenti ottici e concettuali di cui si comincia a disporre in questo periodo. L'uso dei grandi telescopi e la teoria della relatività di Einstein sono stati i fattori fondamentali di questa trasformazione. In uno scritto del 1917, Considerazioni sul l'universo come un tutto, Einstein proponeva per la prima volta una radicale riforma della concezione del mondo che si era venuta formando a partire dal Rinascimento e che sembrava oramai stabilita: proponeva cioè di considerare l'universo non più come infinito ma come finito e tuttavia non limitato. Einstein considerava perciò lo spazio dell'universo come uno spazio curvo e precisamente ellittico, nel quale una linea retta, sufficientemente prolungata, ritornerebbe su se stessa e finirebbe per chiudersi. Le proprietà geometriche dello spazio sarebbero in questo caso determinate dalla materia, giacché dalla densità della materia dipenderebbe il grado di curvatura dello spazio. Dall'altro lato, le osservazioni di Hubble, rese possibili dall'uso del telescopio di cento pollici, consentivano di risolvere il problema della natura delle nebulose permettendo di riconoscerle come sistemi galattici indipendenti e non come parti della nostra galassia. Hubble stabili' due fatti di grande importanza. Il primo è che le nebulose extragalattiche sono distribuite attraverso lo spazio in maniera uniforme e omogenea. Il secondo è che gli spettri di queste galassie mostrano uno spostamento verso il rosso, spostamento tanto maggiore quanto le galassie sono più lontane. Questo secondo fatto è comunemente interpretato nel senso che le galassie si allontanino da noi e nello stesso tempo l'una dall'altra con una velocità tanto maggiore quanto più lontane esse sono.
Questo fatto o meglio questa interpretazione del fatto dello spostamento verso il rosso dello spettro delle galassie ha condotto ad abbandonare i modelli statici dell'universo, come quello di Einstein cui si è accennato e di De Sitter in favore di modelli dinamici, fondati sulla nozione di espansione dell'Universo.
Eddington e Lamaitre hanno contribuito in misura eminente allo sviluppo e alla diffusione del modello dell'universo in espansione. La differenza tra i vari modelli dell'universo e' espressa dallo stesso Eddington in questi termini:" A un estremo abbiamo l'universo di Einstein senza movimento e perciò in equilibrio. Poi a misura che procediamo lungo la serie, abbiamo modelli dell'universo che mostrano una sempre più rapida espansione finché, all'altro estremo della serie, giungiamo all'universo di De Sitter. La proporzione dell'espansione cresce lungo la serie mentre la densità diminuisce; l'universo di De Sitter e' il limite in cui la densità media della materia celeste si avvicina a zero. La serie degli universi in espansione allora finisce, non perché l'espansione diventi troppo rapida ma perché non c'è più niente che possa espandersi.
Ma il modello di Einstein non combaciava del tutto con le osservazioni astronomiche; mentre il modello di De Sitter soddisfaceva le equazioni solo in base all'assunzione che lo spazio fosse vuoto e che non vi fosse materia affatto. Il modello di Lemaitre, che poi è stato indicato da Fred Hoyle come modello del Big Bang, e' stato quello che ha finito per affermarsi.
Dopo la seconda guerra mondiale, la cosmologia ha subito una svolta. Gli astronomi inglesi Herman Bondi e Thomas Gold proposero nel 1948 un nuovo modello dell'universo assumendo il loro punto di partenza dal paradosso su cui si era fermato più di un secolo prima l'astronomo tedesco Olbers. Il paradosso è questo: se le stelle sono distribuite uniformemente nello spazio e se lo spazio e' euclideo e infinito, perché non siamo accecati dalla loro luce? Non dovrebbe ogni punto di un universo infinito ricevere un'infinita somma di luce? Nel formulare questo paradosso Olbers partiva dal l'assunzione che il carattere generale dell'universo e' lo stesso non solo in tutti i luoghi ma anche in tutti i tempi. Bondi e Gold partirono dall'assunzione che l'apparenza di una qualsiasi regione dell'universo e' stata nel passato e sarà sempre nel futuro quella che è al presente. Ora il solo modo di conciliare questo postulato con il movimento di recessione delle galassie (dimostrato dallo spostamento del loro spettro verso il rosso) e' di ammettere che nuove galassie si formano continuamente per compensare la dispersione delle vecchie. Ma se muove galassie si formano continuamente, ciò vuol dire che continuamente nuova materia si crea nello spazio.
Bondi e Gold calcolarono che la creazione di nuova materia deve procedere nella proporzione di un atomo di idrogeno per ogni litro dello spazio intergalattico ogni miliardo di anni.
Le stesse idee furono sostenute, in maniera indipendente, anche da Hoyle, che modifico' le equazioni di Einstein della relatività generale in modo da permettere la continua creazione della materia nello spazio.
Al momento in cui fu formulato, questo modello di Universo stazionario, così chiamato perché ammette l'esistenza di una creazione continua di materia per compensare la diminuzione di densità dovuta all'espansione, fu accolto con grande interesse poiché aveva il vantaggio di togliere ogni importanza al disaccordo degli astronomi sull'età dell'universo, eliminando il problema stesso cui la determinazione dell'età risponde. Difatti se la creazione e' continua e se le nuove galassie nascono continuamente nell'universo, questo dev'essere popolato da galassie di tutte le età.
Nella seconda metà degli anni Sessanta tuttavia, il modello di Universo stazionario venne quasi del tutto abbandonato dopo la scoperta della radiazione di fondo, che era stata prevista dal modello del Big Bang.
Negli anni Quaranta Alpher, Gamow e Herman avevano infatti congetturato che, in accordo con tale modello, dovrebbe persistere nell' Universo una radiazione, residuo dell'esplosione primordiale, corrispondente a una temperatura di qualche grado assoluto.
Nel 1965 , Arno Penzias e Robert Wilson dei Laboratori Bell del New Jersey rilevarono l'esistenza di una radiazione non proveniente da oggetti celesti ben definiti, che corrisponde a quella di un corpo in equilibrio termico a 3 k (-270 gradi centigradi) e sembra permeare l'intero Universo. Tale radiazione venne allora interpretata da un gruppo di cosmologi di Princeton come una conferma della radiazione di fondo che essi, apparentemente all'oscuro dei lavori di Alpher, Gamow e Herman, avevano teorizzato. Successive è più precise ricerche hanno confermato i risultati di Penzias e Wilson e la validità del modello del Big Bang, anche se recentemente sono state avanzate riserve su quel modello così come sulla validità della legge di Hubble e sull'interpretazione standard, in termini di effetto Doppler, dello spostamento verso il rosso nelle righe degli spettri delle galassie.
Nel modello del Big Bang, la legge di Hubble consente di valutare, se pur con una certa approssimazione, il momento in cui è avvenuta l'esplosione primordiale e, di conseguenza, l'età dell'Universo, che la maggior parte dei cosmologi e' concorde nello stimare di circa 15 miliardi di anni. Questa stima e' peculiare per l'esistenza della vita, giacché si calcola che il processo evolutivo che ha portato alla vita cosciente non possa durare meno di 10 miliardi di anni, mentre per una età dell'Universo molto maggiore sarebbero venute meno le condizioni per la vita. Altrettanto peculiare per l'esistenza di forme complesse di vita sembrano essere il valore della costante di gravitazione universale, come ha dimostrato nel 1974 l'astrofisico Brandon Carter di Cambridge, la densità dell'Universo e la velocità di espansione dell'Universo ipotizzata nel modello del Big Bang. Queste considerazioni hanno portato alcuni cosmologi e filosofi della scienza ad enunciare, sotto forme diverse, un principio antropico che, come ha osservato Stephen Hawking può essere parafrasato dicendo che l'Universo e' come è, perché se fosse differente noi non saremmo qui ad osservarlo. Questo principio è stato criticato da molti perché sembra attribuire troppa importanza all'esistenza umana e introduce in cosmologia un finalismo di carattere metafisico. D'altra parte, una questione cruciale, non solo per l'esistenza della vita, ma per il futuro dello stesso Universo e' quella della sua densità media. Se è inferiore a un certo valore critico, l'Universo continuerà ad espandersi per sempre, se è superiore finirà invece di collassare su se stesso. Un ruolo essenziale nel destino dell'Universo sembra essere dunque giocato dalla cosiddetta materia oscura che non emette o riflette luce rilevabile e neppure emette in maniera rilevabile in nessuna regione spettrale. Ci sono prove dell'esistenza di materia oscura a scala galattica e extra galattica connessa all'evoluzione stellare. Osservazioni indirette sembrano inoltre suggerire la presenza nell'Universo di una quantità enorme di materia oscura, la cosiddetta massa mancante, di cui non si conosce ancora la costituzione, e molte delle più recenti ricerche e delle ardite speculazioni di cosmologi e astrofisica sono rivolte a individuarne la natura e la localizzazione.
Bibliografia:
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano
1) la fase di passaggio dal mito alla speculazione
2) la fase classica della cosmologia geocentrica e finitistica
3) la cosmologia moderna eliocentrica
4) la fase contemporanea caratterizzata da varie alternative di interpretazione
La prima fase e' caratterizzata dal l'abbandono del mito e dal tentativo di trovare una spiegazione razionale o naturale del mondo. È la fase rappresentata dalla filosofia presocratica. I Pitagorici ebbero in questo campo i maggiori meriti perché : a) intesero l'universo come un cosmos, cioè un ordine oggettivo, esprimibile nel linguaggio della matematica cioè in termini di figura e di numero, b) con Filolao (V secolo a.C.) rigettarono per primi la concezione geocentrica, ritenendo che la Terra stessa e tutti gli altri corpi celesti si muovano intorno a un fuoco centrale detto Hestia e presentando così la prima dottrina eliocentrica, che fu più tardi difesa da Eraclide Pontico e Aristarco di Samo ( sec.III a.C.).
La seconda fase e' quella dell'astronomia classica e della filosofia della natura di Platone e Aristotele. Essa e' caratterizzata dal consolidarsi della concezione geocentrica del mondo attraverso l'opera di Eudosso (sec. IV a.C.), Ipparco (sec. II a.C.) e Tolomeo (sec. II d.C.) e dalla concezione finitista e qualitativa della natura propria di Aristotele. Aristotele infatti ritenne che il mondo è necessariamente finito perché perfetto; e stabili' come tratto fondamentale di esso la divisione in due parti qualitativamente diverse: il cielo composto di etere, sostanza ingenerabile e incorruttibile che si muove solo di movimento circolare; e i corpi sublunari composti dai quattro elementi che si muovono dal centro o verso il centro della Terra. Questa concezione rimase dominante nel Medioevo.
La terza fase inizia sul finire del Medioevo, quando la concezione classica fu messa in dubbio da Ockham che riconosceva la possibilità del l'infinita' del mondo e dell'esistenza di più mondi; e nel contempo negava la diversità tra la sostanza celeste e la sostanza sublunare. Le possibilità lasciate aperte da Ockham venivano trasformate in affermazioni risolute nel secolo successivo, per opera di Cusano ( De Docta Ignorantia, 1440) e si univano (come il fanatismo aristotelico si era unico con l'astronomia geocentrica) con l'astronomia eliocentrica di Copernico e Keplero nella nuova concezione del mondo che veniva esposta e difesa da Galileo Galilei ( secolo XVII). Giordano Bruno ribadiva, da un punto di vista filosofico, la connessione più stretta tra l'infinita' del mondo e la nuova astronomia eliocentrica. La fisica di Newton rappresenta l'espressione della struttura matematica di un mondo così concepito; e proprio sulla base di questa fisica Kant tento', per primo, nella sua Teoria dei cieli ( 1755) una cosmogonia scientifica che presentava l'ipotesi di una formazione dell'intero universo a partire da una nebulosa primitiva e sulla base delle leggi della fisica newtoniana.
Laplace più tardi presentava in forma più rigorosa la stessa ipotesi limitata al sistema solare (Esposizione del sistema del mondo, 1796) e riteneva di aver dimostrato che il mondo non è che una gigantesca macchina, retta da rigorose leggi matematiche. Questa fase cosmologica culmina quindi con il trionfo del meccanismo, di cui i cieli sembrano rappresentare il più cospicuo esempio.
La quarta fase della cosmologia e' cominciata nella seconda decade del Novecento ed è dovuta all'uso dei nuovi strumenti ottici e concettuali di cui si comincia a disporre in questo periodo. L'uso dei grandi telescopi e la teoria della relatività di Einstein sono stati i fattori fondamentali di questa trasformazione. In uno scritto del 1917, Considerazioni sul l'universo come un tutto, Einstein proponeva per la prima volta una radicale riforma della concezione del mondo che si era venuta formando a partire dal Rinascimento e che sembrava oramai stabilita: proponeva cioè di considerare l'universo non più come infinito ma come finito e tuttavia non limitato. Einstein considerava perciò lo spazio dell'universo come uno spazio curvo e precisamente ellittico, nel quale una linea retta, sufficientemente prolungata, ritornerebbe su se stessa e finirebbe per chiudersi. Le proprietà geometriche dello spazio sarebbero in questo caso determinate dalla materia, giacché dalla densità della materia dipenderebbe il grado di curvatura dello spazio. Dall'altro lato, le osservazioni di Hubble, rese possibili dall'uso del telescopio di cento pollici, consentivano di risolvere il problema della natura delle nebulose permettendo di riconoscerle come sistemi galattici indipendenti e non come parti della nostra galassia. Hubble stabili' due fatti di grande importanza. Il primo è che le nebulose extragalattiche sono distribuite attraverso lo spazio in maniera uniforme e omogenea. Il secondo è che gli spettri di queste galassie mostrano uno spostamento verso il rosso, spostamento tanto maggiore quanto le galassie sono più lontane. Questo secondo fatto è comunemente interpretato nel senso che le galassie si allontanino da noi e nello stesso tempo l'una dall'altra con una velocità tanto maggiore quanto più lontane esse sono.
Questo fatto o meglio questa interpretazione del fatto dello spostamento verso il rosso dello spettro delle galassie ha condotto ad abbandonare i modelli statici dell'universo, come quello di Einstein cui si è accennato e di De Sitter in favore di modelli dinamici, fondati sulla nozione di espansione dell'Universo.
Eddington e Lamaitre hanno contribuito in misura eminente allo sviluppo e alla diffusione del modello dell'universo in espansione. La differenza tra i vari modelli dell'universo e' espressa dallo stesso Eddington in questi termini:" A un estremo abbiamo l'universo di Einstein senza movimento e perciò in equilibrio. Poi a misura che procediamo lungo la serie, abbiamo modelli dell'universo che mostrano una sempre più rapida espansione finché, all'altro estremo della serie, giungiamo all'universo di De Sitter. La proporzione dell'espansione cresce lungo la serie mentre la densità diminuisce; l'universo di De Sitter e' il limite in cui la densità media della materia celeste si avvicina a zero. La serie degli universi in espansione allora finisce, non perché l'espansione diventi troppo rapida ma perché non c'è più niente che possa espandersi.
Ma il modello di Einstein non combaciava del tutto con le osservazioni astronomiche; mentre il modello di De Sitter soddisfaceva le equazioni solo in base all'assunzione che lo spazio fosse vuoto e che non vi fosse materia affatto. Il modello di Lemaitre, che poi è stato indicato da Fred Hoyle come modello del Big Bang, e' stato quello che ha finito per affermarsi.
Dopo la seconda guerra mondiale, la cosmologia ha subito una svolta. Gli astronomi inglesi Herman Bondi e Thomas Gold proposero nel 1948 un nuovo modello dell'universo assumendo il loro punto di partenza dal paradosso su cui si era fermato più di un secolo prima l'astronomo tedesco Olbers. Il paradosso è questo: se le stelle sono distribuite uniformemente nello spazio e se lo spazio e' euclideo e infinito, perché non siamo accecati dalla loro luce? Non dovrebbe ogni punto di un universo infinito ricevere un'infinita somma di luce? Nel formulare questo paradosso Olbers partiva dal l'assunzione che il carattere generale dell'universo e' lo stesso non solo in tutti i luoghi ma anche in tutti i tempi. Bondi e Gold partirono dall'assunzione che l'apparenza di una qualsiasi regione dell'universo e' stata nel passato e sarà sempre nel futuro quella che è al presente. Ora il solo modo di conciliare questo postulato con il movimento di recessione delle galassie (dimostrato dallo spostamento del loro spettro verso il rosso) e' di ammettere che nuove galassie si formano continuamente per compensare la dispersione delle vecchie. Ma se muove galassie si formano continuamente, ciò vuol dire che continuamente nuova materia si crea nello spazio.
Bondi e Gold calcolarono che la creazione di nuova materia deve procedere nella proporzione di un atomo di idrogeno per ogni litro dello spazio intergalattico ogni miliardo di anni.
Le stesse idee furono sostenute, in maniera indipendente, anche da Hoyle, che modifico' le equazioni di Einstein della relatività generale in modo da permettere la continua creazione della materia nello spazio.
Al momento in cui fu formulato, questo modello di Universo stazionario, così chiamato perché ammette l'esistenza di una creazione continua di materia per compensare la diminuzione di densità dovuta all'espansione, fu accolto con grande interesse poiché aveva il vantaggio di togliere ogni importanza al disaccordo degli astronomi sull'età dell'universo, eliminando il problema stesso cui la determinazione dell'età risponde. Difatti se la creazione e' continua e se le nuove galassie nascono continuamente nell'universo, questo dev'essere popolato da galassie di tutte le età.
Nella seconda metà degli anni Sessanta tuttavia, il modello di Universo stazionario venne quasi del tutto abbandonato dopo la scoperta della radiazione di fondo, che era stata prevista dal modello del Big Bang.
Negli anni Quaranta Alpher, Gamow e Herman avevano infatti congetturato che, in accordo con tale modello, dovrebbe persistere nell' Universo una radiazione, residuo dell'esplosione primordiale, corrispondente a una temperatura di qualche grado assoluto.
Nel 1965 , Arno Penzias e Robert Wilson dei Laboratori Bell del New Jersey rilevarono l'esistenza di una radiazione non proveniente da oggetti celesti ben definiti, che corrisponde a quella di un corpo in equilibrio termico a 3 k (-270 gradi centigradi) e sembra permeare l'intero Universo. Tale radiazione venne allora interpretata da un gruppo di cosmologi di Princeton come una conferma della radiazione di fondo che essi, apparentemente all'oscuro dei lavori di Alpher, Gamow e Herman, avevano teorizzato. Successive è più precise ricerche hanno confermato i risultati di Penzias e Wilson e la validità del modello del Big Bang, anche se recentemente sono state avanzate riserve su quel modello così come sulla validità della legge di Hubble e sull'interpretazione standard, in termini di effetto Doppler, dello spostamento verso il rosso nelle righe degli spettri delle galassie.
Nel modello del Big Bang, la legge di Hubble consente di valutare, se pur con una certa approssimazione, il momento in cui è avvenuta l'esplosione primordiale e, di conseguenza, l'età dell'Universo, che la maggior parte dei cosmologi e' concorde nello stimare di circa 15 miliardi di anni. Questa stima e' peculiare per l'esistenza della vita, giacché si calcola che il processo evolutivo che ha portato alla vita cosciente non possa durare meno di 10 miliardi di anni, mentre per una età dell'Universo molto maggiore sarebbero venute meno le condizioni per la vita. Altrettanto peculiare per l'esistenza di forme complesse di vita sembrano essere il valore della costante di gravitazione universale, come ha dimostrato nel 1974 l'astrofisico Brandon Carter di Cambridge, la densità dell'Universo e la velocità di espansione dell'Universo ipotizzata nel modello del Big Bang. Queste considerazioni hanno portato alcuni cosmologi e filosofi della scienza ad enunciare, sotto forme diverse, un principio antropico che, come ha osservato Stephen Hawking può essere parafrasato dicendo che l'Universo e' come è, perché se fosse differente noi non saremmo qui ad osservarlo. Questo principio è stato criticato da molti perché sembra attribuire troppa importanza all'esistenza umana e introduce in cosmologia un finalismo di carattere metafisico. D'altra parte, una questione cruciale, non solo per l'esistenza della vita, ma per il futuro dello stesso Universo e' quella della sua densità media. Se è inferiore a un certo valore critico, l'Universo continuerà ad espandersi per sempre, se è superiore finirà invece di collassare su se stesso. Un ruolo essenziale nel destino dell'Universo sembra essere dunque giocato dalla cosiddetta materia oscura che non emette o riflette luce rilevabile e neppure emette in maniera rilevabile in nessuna regione spettrale. Ci sono prove dell'esistenza di materia oscura a scala galattica e extra galattica connessa all'evoluzione stellare. Osservazioni indirette sembrano inoltre suggerire la presenza nell'Universo di una quantità enorme di materia oscura, la cosiddetta massa mancante, di cui non si conosce ancora la costituzione, e molte delle più recenti ricerche e delle ardite speculazioni di cosmologi e astrofisica sono rivolte a individuarne la natura e la localizzazione.
Bibliografia:
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano