Il bello e il sublime
A cura di Antonella Iovine
"Per me la bellezza è meraviglia della meraviglia".
"to me beauty is wonder of wonder"
(Oscar Wilde)
La bellezza è l’insieme delle qualità percepite che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell’universo osservato, che si sente istantaneamente durante l’esperienza, che si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi ad un contenuto emozionale positivo, in seguito ad un rapido paragone effettuato consciamente o inconsciamente con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale.
Nel suo senso più profondo, la bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale. Va distinto il concetto di bellezza oggettiva da quello di bellezza soggettiva. Sebbene in molte culture questi due concetti siano facilmente scindibili, la bellezza oggettiva è l’unica con la quale si possa impostare un discorso concreto. La definizione di concetti non oggettivi porta, infatti, all’influenza su di essi del gusto personale. Risulta così impossibile discutere obiettivamente su di un argomento, senza essere influenzati dal proprio senso e gusto. Nella vita comune, spesso si indica con la bellezza anche il gusto estetico, si tratta di un abuso di linguaggio. Si può però definire bellezza soggettiva quella dipendente dal proprio senso estetico. Quella oggettiva invece, è “la bellezza definita come un insieme di qualità rispondenti a dei canoni”. La bellezza oggettiva è funzione del tempo, poiché tali canoni cambiano nel tempo, ma restano validi per il periodo indicato. La bellezza comporta la cognizione degli oggetti come aventi una certa armonia intrinseca oppure estrinseca, con la natura, che suscita nell’osservatore un senso ed esperienza di attrazione, affezione, piacere, salute.
Spesso si afferma che un “oggetto di bellezza” è qualsiasi cosa nel mondo percepito che riveli un aspetto significativo per la persona riguardo alla “bellezza naturale”. La presenza del sé in qualsiasi contesto umano, indicherebbe che la bellezza è naturalmente basata sul sentimento che suscita negli umani, anche se la bellezza umana è soltanto l’aspetto dominante di una più grande ed incalcolabile bellezza naturale. Il contrario di bellezza è intesa come la percezione di una mancanza di bellezza o accumulo di imperfezioni, che suscita indifferenza o dispiacere e genera una percezione negativa dell’oggetto.
Gli insegnamenti religiosi e morali spesso mettono a fuoco la “virtù” e la “divinità” della bellezza, per delineare la “bellezza naturale” come un aspetto di una “bellezza spirituale”, ovvero “verità” e definire tutte le pretese egocentriche e materialistiche basate sull’intellettualizzazione. L’antica storia di Narciso per esempio tratta la distinzione tra bellezza e vanità. Nel contesto moderno, l’utilizzo della bellezza come mezzo per promuovere un’ideologia o un dogma è stato fulcro di dibattiti sociali che trattano argomenti come pregiudizio, etica e diritti umani. L’utilizzo della bellezza ai fini commerciali è un aspetto controverso della “guerra culturale”, all’interno del quale il femminismo tipicamente afferma che tale utilizzo promuove una percezione dogmatica, cioè del “Culto e del Mito del Bello”, piuttosto che virtuosa della bellezza.
Burke e Kant nella storia dell’estetica moderna, affrontano il tema del Bello e del Sublime in un sistema analitico, culminante in una riflessione ed esposizione filosofica che hanno separato il Bello e il Sublime nelle loro rispettive categorie razionali per poter spiegare le cause di questi effetti.
L’analisi del bello e del sublime condotta da Burke deve dunque partire da un attento esame delle passioni umane, della loro origine e delle loro trasformazioni all’interno della dinamica conoscitiva della mente, in cui operano facoltà come l’ingegno (wit) e il giudizio (judgement) che, rispettivamente, colgono somiglianze e dissomiglianze tra i contenuti sensibili derivanti dalla sensazione.
Burke, poi, arriverà a definire lo statuto dell’idea del sublime in cui annovera tra le fonti il terrore, l’oscurità, la potenza, la vastità, l’infinità, il silenzio, altrettante figure della poesia e della pittura romantica. L’inchiesta di Burke innesca nel pensiero tedesco ulteriori sviluppi. Kant affronta il tema prima nelle Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime (1764), dettate non da un interesse estetico, ma etico-sociale-antropologico, poi nella Critica del Giudizio (1790) dove l’impostazione trascendentale sposta l’attenzione dall’affetto contemplato al soggetto e alla sua disposizione d’animo, tramite una forte esperienza emotiva, al tempo stesso estetica e morale. Per Kant è bello ciò che procura una soddisfazione di carattere universale, non esprimibile mediante concetti, libera da qualsiasi fine utilitario e morale: le cose non sono belle per la loro intima costituzione, che in se stessa resta a noi sconosciuta, ma perché sono capaci di risvegliare (stimolare) tendere in maniera armoniosa le nostre forze spirituali.
"Per me la bellezza è meraviglia della meraviglia".
"to me beauty is wonder of wonder"
(Oscar Wilde)
La bellezza è l’insieme delle qualità percepite che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell’universo osservato, che si sente istantaneamente durante l’esperienza, che si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi ad un contenuto emozionale positivo, in seguito ad un rapido paragone effettuato consciamente o inconsciamente con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale.
Nel suo senso più profondo, la bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale. Va distinto il concetto di bellezza oggettiva da quello di bellezza soggettiva. Sebbene in molte culture questi due concetti siano facilmente scindibili, la bellezza oggettiva è l’unica con la quale si possa impostare un discorso concreto. La definizione di concetti non oggettivi porta, infatti, all’influenza su di essi del gusto personale. Risulta così impossibile discutere obiettivamente su di un argomento, senza essere influenzati dal proprio senso e gusto. Nella vita comune, spesso si indica con la bellezza anche il gusto estetico, si tratta di un abuso di linguaggio. Si può però definire bellezza soggettiva quella dipendente dal proprio senso estetico. Quella oggettiva invece, è “la bellezza definita come un insieme di qualità rispondenti a dei canoni”. La bellezza oggettiva è funzione del tempo, poiché tali canoni cambiano nel tempo, ma restano validi per il periodo indicato. La bellezza comporta la cognizione degli oggetti come aventi una certa armonia intrinseca oppure estrinseca, con la natura, che suscita nell’osservatore un senso ed esperienza di attrazione, affezione, piacere, salute.
Spesso si afferma che un “oggetto di bellezza” è qualsiasi cosa nel mondo percepito che riveli un aspetto significativo per la persona riguardo alla “bellezza naturale”. La presenza del sé in qualsiasi contesto umano, indicherebbe che la bellezza è naturalmente basata sul sentimento che suscita negli umani, anche se la bellezza umana è soltanto l’aspetto dominante di una più grande ed incalcolabile bellezza naturale. Il contrario di bellezza è intesa come la percezione di una mancanza di bellezza o accumulo di imperfezioni, che suscita indifferenza o dispiacere e genera una percezione negativa dell’oggetto.
Gli insegnamenti religiosi e morali spesso mettono a fuoco la “virtù” e la “divinità” della bellezza, per delineare la “bellezza naturale” come un aspetto di una “bellezza spirituale”, ovvero “verità” e definire tutte le pretese egocentriche e materialistiche basate sull’intellettualizzazione. L’antica storia di Narciso per esempio tratta la distinzione tra bellezza e vanità. Nel contesto moderno, l’utilizzo della bellezza come mezzo per promuovere un’ideologia o un dogma è stato fulcro di dibattiti sociali che trattano argomenti come pregiudizio, etica e diritti umani. L’utilizzo della bellezza ai fini commerciali è un aspetto controverso della “guerra culturale”, all’interno del quale il femminismo tipicamente afferma che tale utilizzo promuove una percezione dogmatica, cioè del “Culto e del Mito del Bello”, piuttosto che virtuosa della bellezza.
Burke e Kant nella storia dell’estetica moderna, affrontano il tema del Bello e del Sublime in un sistema analitico, culminante in una riflessione ed esposizione filosofica che hanno separato il Bello e il Sublime nelle loro rispettive categorie razionali per poter spiegare le cause di questi effetti.
L’analisi del bello e del sublime condotta da Burke deve dunque partire da un attento esame delle passioni umane, della loro origine e delle loro trasformazioni all’interno della dinamica conoscitiva della mente, in cui operano facoltà come l’ingegno (wit) e il giudizio (judgement) che, rispettivamente, colgono somiglianze e dissomiglianze tra i contenuti sensibili derivanti dalla sensazione.
Burke, poi, arriverà a definire lo statuto dell’idea del sublime in cui annovera tra le fonti il terrore, l’oscurità, la potenza, la vastità, l’infinità, il silenzio, altrettante figure della poesia e della pittura romantica. L’inchiesta di Burke innesca nel pensiero tedesco ulteriori sviluppi. Kant affronta il tema prima nelle Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime (1764), dettate non da un interesse estetico, ma etico-sociale-antropologico, poi nella Critica del Giudizio (1790) dove l’impostazione trascendentale sposta l’attenzione dall’affetto contemplato al soggetto e alla sua disposizione d’animo, tramite una forte esperienza emotiva, al tempo stesso estetica e morale. Per Kant è bello ciò che procura una soddisfazione di carattere universale, non esprimibile mediante concetti, libera da qualsiasi fine utilitario e morale: le cose non sono belle per la loro intima costituzione, che in se stessa resta a noi sconosciuta, ma perché sono capaci di risvegliare (stimolare) tendere in maniera armoniosa le nostre forze spirituali.