Il concetto di creazione
Il concetto di creazione sembra proprio che sia originario dell'ebraismo. Sembra che l'idea della creazione quale dono, per generosità, sia assente dal pensiero umano conosciuto, salvo in questo punto: nella zona ebraica o ceppo ebraico. Nessun'altra cultura antica sembra averlo partorito. È nel testo che si trova all'inizio delle nostre Bibbie (nella Genesi), nel documento che gli studiosi chiamano Codice sacerdotale, che la metafisica della creazione è espressa nella maniera più sistematica. Questa creazione è pensata ed espressa come un atto libero sovrano. La creazione è dunque pensata come un dono, come manifestazione e come espressione di bellezza e di eccellenza. L'uomo è eminentemente manifestazione dell'Assoluto, perché unico, fra tutte le creature, è creato "ad immagine e somiglianza" dell'Assoluto. La ragione della creazione (poiché ciò non è né una mancanza, né un bisogno, né un divenire della divinità), la ragione della creazione è quello che in greco si chiama l'agape di Dio. Il pensiero ebraico distingue con cura tra l'essere assoluto e il mondo fisico, afferma la realtà del mondo fisico e la realtà dell'essere assoluto, distinto dal mondo fisico. Bisogna dunque distinguere nettamente due specie di esseri: l'essere increato e l'essere creato. È l'idea di creazione. Che cosa significa in particolare?
Significa, in primo luogo, che il mondo fisico, con tutto quello che contiene, esiste obiettivamente. È proprio reale. Non è un sogno, né un'apparenza, né un'illusione (a differenza di quello che pensa molta parte del pensiero orientale, come vedremo). L'idea della creazione del mondo e degli esseri ha senso solamente se il mondo esiste realmente, esso e tutti gli esseri che racchiude. Se non sono che un'apparenza o un'illusione, la questione sparisce con loro.
In secondo luogo, significa che l'universo fisico non è l'essere assoluto e non è autosufficiente. L'universo fisico in questa tradizione è de-divinizzato, desacralizzato. Esso è, ma non è l'essere assoluto. Non è sufficiente a se stesso e per esistere ha bisogno di ricevere l'essere da Colui che, solo, può darglielo: lo stesso essere assoluto, che gli Ebrei chiamano Dio.
In terzo luogo, l'idea della creazione, nella tradizione biblica, significa che Dio, per dare l'essere al mondo, non è partito da una materia preesistente, né da un caos originario. Questo mito del caos originario, i teologi ebrei lo conoscevano molto bene e l'hanno espressamente e totalmente respinto. Notiamo che l'espressione tohou wa bohou, dal secondo versetto del primo capitolo della Genesi, non significa per niente caos originario ma semplicemente: quando Dio ha creato il cielo e la terra (cioè l'universo intero), la terra, prima che egli la coprisse di piante e di animali, non aveva nulla, era deserta, era vuota. Tohou e bohou significano appunto il deserto e il vuoto e non il caos originario delle antiche mitologie egiziane e assiro-babilonesi.
L'idea della creazione significa che l'universo non è originato dalla sostanza divina. Non è fatto con la sostanza divina. Gli esseri del mondo iniziano ad esistere, assolutamente, perché sono stati creati. L'idea di creazione implica dunque un inizio dell'essere in maniera assoluta, senza nessuna preesistenza. Inoltre la creazione del mondo e degli esseri che lo popolano non determina, non implica nessuna trasformazione in Dio né implica alcuna modificazione in Dio.
L'idea della creazione significa ancora che gli esseri che costituiscono il mondo sono creati quale dono benevolo di Dio, per un atto di generosità, di liberalità, in modo che Dio, il creatore, potrà essere chiamato "padre", poiché egli dà la vita liberamente e per bontà. Il mondo è stato creato non per una necessità e nemmeno per una successione di tragedie. Il Dio degli Ebrei è invece pace in sé, shalom. Per questa ragione nella tradizione ebraica, la creazione fisica è sempre considerata eccellente, stupenda, meravigliosa. Al contrario nelle metafisiche dell'oriente e della Grecia antica l'accento è in genere messo sul carattere illusorio e desolante del mondo, la liberazione è vista come fuga dal mondo sensibile, la stessa esistenza sensibile è considerata come cattiva, colpevole, penosa. Nella tradizione ebraica, al contrario, l'esistenza cosmica, fisica, biologica, è considerata come giubilo. Tutti gli esseri creati esultano a causa della loro esistenza e lodano l'unico Creatore. L'esistenza è sempre considerata un bene e la non esistenza un male. L'esistenza è amata, approvata e non disprezzata. Ed è amata perché il Creatore stesso la ama e la vuole. L'esistenza degli esseri è dichiarata a più riprese molto bella e molto buona: tov in ebraico significa contemporaneamente bello e buono.
Autori come Nietzsche e altri hanno diffuso l'idea che il sentimento di colpevolezza verso il mondo sensibile e l'esistenza fisica ci vengano dalla tradizione giudeo-cristiana. Ebbene, questo è un completo controsenso. È vero proprio il contrario. Se da qualche parte nella storia del pensiero umano sono apparsi l'idea della radicale eccellenza dell'esistenza fisica, cosmica, sensibile, materiale e il giubilo dell'esistenza creata, se da qualche parte l'ottimismo fondamentale è apparso nel pensiero umano, lo è presso gli Ebrei. Confrontate con quello che insegnano l'India o l'antica Grecia e potrete constatarlo.
Un'ultima osservazione legata alla creazione. Parlando di creazione non si può non parlare del tempo. Ebbene, il pensiero ebraico biblico intende la temporalità come irreversibile. Essa rifiuta l'idea del ciclo cosmico continuo ed eterno, tipico di molte altre culture orientali. Sono gli ebrei che hanno inventato, se così può dirsi, l'idea a noi familiare del tempo suddiviso nelle tre dimensioni di passato, presente e futuro. La creazione è irreversibile e lo è, quindi, anche il tempo poiché il tempo è solo una nozione astratta per indicare il progresso della creazione, irreversibile e diretta verso un termine definitivo.