Il pessimismo
Con il termine pessimismo in generale si indica la credenza che lo stato delle cose, in qualche parte del mondo o nella totalità di essere, è il peggiore possibile.
Tale terminologia iniziò ad essere adoperata in Inghilterra, ai principi del sec. XIX, per antitesi con ottimismo.
La tesi del pessimismo potrebbe perciò essere espressa come il rovesciamento di quella dell'ottimismo, con l'asserzione che il nostro mondo è il peggiore dei mondi possibili. Ma espresso in questa forma il pessimismo è un'intera metafisica e si può parlare di pessimismo solo a proposito della filosofia di Schopenhauer e dei suoi seguaci.
Comunemente, però si parla di pessimismo anche in una penso più limitato e parziale: cioè quando si ricorre almeno a una delle seguenti tesi:
1) Nella vita umana i dolori superano i piaceri e la felicità è irraggiungibile. In questa forma il pessimismo fu difeso dal pirenaico Egesia, detto "il persuaditor di morte" (DIOG. L., II, 8, 94).
2) Nella vita umana i mali superano i beni, sicché essa è un complesso di vicende malvagie, ignobili o ripugnanti.
In questa forma il pessimismo fu difeso dal Padre apologista Arnobio ai principi del IV secolo: la stessa esistenza dell'uomo appare ad Arnobio inutile all'economia del mondo, il quale resterebbe immutato se l'uomo non ci fosse (ADV. nationes, II, 37).
3) Ogni vita è in generale male o dolore.
Questa è la tesi del pessimismo metafisico, quale si trova sostenuta nel Buddismo antico e da Schopenhauer (DIE WELT, I, 57 sgg.).
4) Il mondo è nella sua totalità la manifestazione di una forza irrazionale: secondo Schopenhauer di una "Volontà di vita" che dilania e tormenta se stessa (DIE WELT, I,61); secondo E.Hartmann, di un principio inconscio che diventando progressivamente consapevole distrugge le illusioni che reggono il mondo (PHILOSOPHIE DES UNBEWUSSTEN; 1869).
Tutte le forme del pessimismo negano la possibilità del progresso e in generale di ogni miglioramento nel campo specifico in cui si fanno valere.
Bibliografia:
Storia della filosofia di N. A
Dizionario di filosofia di N.A
Tale terminologia iniziò ad essere adoperata in Inghilterra, ai principi del sec. XIX, per antitesi con ottimismo.
La tesi del pessimismo potrebbe perciò essere espressa come il rovesciamento di quella dell'ottimismo, con l'asserzione che il nostro mondo è il peggiore dei mondi possibili. Ma espresso in questa forma il pessimismo è un'intera metafisica e si può parlare di pessimismo solo a proposito della filosofia di Schopenhauer e dei suoi seguaci.
Comunemente, però si parla di pessimismo anche in una penso più limitato e parziale: cioè quando si ricorre almeno a una delle seguenti tesi:
1) Nella vita umana i dolori superano i piaceri e la felicità è irraggiungibile. In questa forma il pessimismo fu difeso dal pirenaico Egesia, detto "il persuaditor di morte" (DIOG. L., II, 8, 94).
2) Nella vita umana i mali superano i beni, sicché essa è un complesso di vicende malvagie, ignobili o ripugnanti.
In questa forma il pessimismo fu difeso dal Padre apologista Arnobio ai principi del IV secolo: la stessa esistenza dell'uomo appare ad Arnobio inutile all'economia del mondo, il quale resterebbe immutato se l'uomo non ci fosse (ADV. nationes, II, 37).
3) Ogni vita è in generale male o dolore.
Questa è la tesi del pessimismo metafisico, quale si trova sostenuta nel Buddismo antico e da Schopenhauer (DIE WELT, I, 57 sgg.).
4) Il mondo è nella sua totalità la manifestazione di una forza irrazionale: secondo Schopenhauer di una "Volontà di vita" che dilania e tormenta se stessa (DIE WELT, I,61); secondo E.Hartmann, di un principio inconscio che diventando progressivamente consapevole distrugge le illusioni che reggono il mondo (PHILOSOPHIE DES UNBEWUSSTEN; 1869).
Tutte le forme del pessimismo negano la possibilità del progresso e in generale di ogni miglioramento nel campo specifico in cui si fanno valere.
Bibliografia:
Storia della filosofia di N. A
Dizionario di filosofia di N.A