Il saggio
Il termine (lat. tardo exagium) deriva dal latino exigere (pesare, esaminare). Il suo significato come genere di scrittura viene dal francese essai, parola impostasi in seguito alla pubblicazione degli Essais (1580) di Montaigne e diffusasi poi anche nella cultura inglese con la pubblicazione degli Essayes (1625) di F. Bacone.
In filosofia il termine può indicare un'opera più o meno breve su qualsiasi argomento, sviluppata o come una meditazione spontanea senza sistematicità ( e anzi in opposizione alla stessa idea di sistema: il modello è senz'altro Montaigne), o in modo oggettivo e razionale (come i saggi di Bacone e J. Locke).
La forma del saggio è privilegiata da chi rifugge dalla filosofia come scienza e scuola per volgersi alla filosofia come "amore della saggezza"; essa è utilizzata da chi critica ogni sapere scolastico e preorganizzato a favore di un pensiero volutamente asistematico. Tali sono i già ricordati saggi di Montaigne, che non forniscono l'esposizione sistematica di un pensiero, ma procedono per temi, seguendo stimoli occasionali, in maniera concreta e informale. Mentre Montaigne individua i precursori della forma del saggio nei dialoghi platonici e in Plutarco, Bacone si richiama alle Lettere a Lucilio di Seneca, che considera come "saggi, cioè meditazioni sparse". I Saggi di Bacone, che trattano aspetti vari della vita umana, pubblica e privata, e danno consigli improntati a un cristianesimo stoico e a un realismo politico a la Machiavelli, introducono nel genere la componente razionale o razionalistica, e possono essere considerati come i progenitori del saggio come indagine distaccata, impersonale e analitica, su un argomento filosofico.
Le due tipologie di saggio, che non hanno avuto una significativa evoluzione storica, si diffusero ampiamente nella cultura europea tra Seicento e Novecento, favorite dalla circolazione di giornali e riviste.
In Inghilterra l'eredità di Bacone fu raccolta da J. Locke (Saggio sulla tolleranza, 1667; Saggio sull'intelletto umano, 1690) e dagli empiristi, che conferirono a questo genere un'impronta destinata a farne il mezzo espositivo in larga parte dominante nella filosofia anglosassone, soprattutto in quella analitica, portando di fatto alla edizione di opere che spesso non rispondono a un progetto unitario ma si presentano come "raccolte" di saggi brevi.
In Germania, con il nome di Versuch (saggio, tentativo), il saggio sistematico si avvicinò molto al genere del trattato ( a volte fino ad assumerne tutti i tratti formali) e divenne lo strumento privilegiato di molti logici e filosofi (illuministi, idealisti, fenomenologi): basti ricordare per esempio il Saggio sulla filosofia trascendentale (1790) e il Saggio di una nuova logica (1790) di S. Maimom, il Saggio di una critica di ogni rivelazione (1792) e il Saggio di una nuova esposizione della Dottrine della scienza (1837) di B. Bolzano e la Logica formale e trascendentale (1829) di E. Husserl.
Il saggio informale si sviluppò invece nel Settecento soprattutto grazie alla diffusione dei giornali, in particolare con il "Tatler" (1709-11) e lo "Spectator" (1711-13) di J. Addison e R. Steele, che diedero vita alla tradizione del saggio giornalistico ancor viva, non soltanto nel mondo anglosassone.
In Germania la forma del saggio a la Montaigne fu utilizzata tra Settecento e Ottocento soprattutto da J. G. Herder, J.W. Goethe, i romantici (F. Schlegel in particolare) e A. Schopenhauer, ma, come in altri paese, essa fu anche lo strumento espressivo di molti poeti. In Francia, lo stile "esplorativo" del saggio, che tende a esporre un certo tema aderendo al suo sviluppo senza un intento aprioristicamente sistematico, trova una applicazione particolarmente efficace in Bergson (Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889).
Nel Novecento il "saggismo filosofico" non sistematico si impone come scelta teoretica e registro stilistico soprattutto con la cosiddetta "seconda generazione romantica" (G. Simmel, il giovane Lukacs, Th. W. Adorno, W. Benjamin), per i quali la forma del saggio si presta a esprimere il moderno "individuo problematico" e a tradurre in forma la vita stessa, a coniugare vita e arte. Una riflessione su questa forma stilistica si ha nel testo giovanile Il saggio come forma di G. Lukacs: peculiare del saggio è al ricerca della verità che procede per salti e fratture, componendosi in un divenire instabile e antidogmatico. Cosi Adorno sottolinea la capacità della scrittura saggistica di cogliere aspetti dell'uomo e del mondo che sfugge alla trattazione scientifica e alla comprensione empirica, rispecchiandone la complessità senza forzarla in un sistema, rispettando "la verità dei fatti" e privilegiando l'intuizione e l'introspezione soggettiva rispetto alla linearità, all'astrattezza e all'unidimensionalità del procedimento logico.
Per l'autonomia della sua esposizione e per la libertà nei confronti del proprio tema, la sfera saggistica si rivela pertanto la più degna erede della tradizione retorica, che per Adorno esprime il pensiero nel suo adattarsi al linguaggio comunicativo.
Bibliografia:
Dizionario filosofico Abbagnano
Universale filosofia, le Garzantine