La filosofia ermetica
La filosofia ermetica è l'espressione con cui si designa una vasta letteratura in lingua greca, opera di vari autori sconosciuti e probabilmente tutti greci, e diffusa sotto il nome del mitico Ermete Trismegisto nell'ambito della cultura ellenistica greco-romana a partire dal sec. II d.C.
I testi ermetici possono essere suddivisi in due gruppi: da una parte, una serie di trattati e di raccolte di formule di contenuto magico, alchilico, astrologico e genericamente occultistico; dall'altra, una serie di scritti di contenuti propriamente filosofico-religioso. Di quest'ultima serie ci sono pervenuti: diciassette trattati in lingua greca redatti in forma di dialogo o di discorso (essi costituiscono il cosiddetto Corpus hermeticum); un diciottesimo trattato, intitolato Asclepius, di cui è nota la sola versione latina tramandata con l'opera di Apuleio di Madaura e perciò erroneamente a lui attribuita; gli estratti compilati da Stobeo e inclusi nelle sue opere.
Proprio perché si tratta di scritti di autori diversi, la "filosofia" in essi contenuta presenta diversi punti di vista disparati e non di rado anche contraddittori. Complessivamente, essa risulta una mescolanza di dottrine platoniche, aristoteliche e stoiche (con influssi giudaici e forse anche persiani) tipica dell'eclettismo sincretico della filosofia popolare tardo-ellenistica.
Comune nei vari testi è una generale atmosfera di intensa devozione e pietà religiosa.
Mentre l'Aclepius espone la religione e i riti degli egiziani, gli altri trattati discettano della creazione del mondo e soprattutto della rinascita dell'anima, della sua liberazione dal mondo materiale e della sua ascesa a quello divino. Tema centrale della filosofia ermetica è dunque il rapporto dell'uomo con Dio.
Di Dio è affermata l'assoluta trascendenza e, conseguentemente, l'inconoscibilità da parte dell'intelletto umano.
Vera conoscenza di Dio (gnosi) può darsi solo nei modi di una sovrarazionale ed estatica illuminazione divina, che costituisce il culmine del ritorno dell'anima a Dio stesso. Peraltro, in quanto creatore del mondo, Dio si lascia sia pure imperfettamente conoscere attraverso la creazione, che reca impresse le sue vestigia.
Dell'uomo, invece, sono rivendicate l'origine e il destino divini, e in termini mitici se ne descrive la caduta nel mondo materiale come frutto di un peccato. Solo i pochi eletti, che, seguendo il richiamo della divinità, praticano una vita di ascetico distacco dal corpo e da tutto ciò che è materiale, vengono restituiti alla loro originaria condizione di uomini divini.
L'importanza della filosofia ermetica non è tanto di ordine speculativo, quanto piuttosto storico.
Essa è infatti testimonianza preziosa delle tendenze e gli indirizzi dominanti nella problematica filosofia-religiosa del tardo ellenismo. Ritenuti documenti di un'antichissima sapienza, i testi ermetici, solo in una piccola parte noti al medioevo, conobbero straordinaria fortuna in età umanistico-rinascimentale.
A partire da Marsilio Ficino, che per la prima volta tradusse pressoché integralmente il Corpus hermeticum in latino, essi, per l'affinità che sembravano presentare con alcuni con alcuni aspetti della dottrina cristiana, vennero considerati testimonianza di un'originaria rivelazione divina le cui tracce erano rinvenibili in tutte le filosofie antiche, e di cui la rivelazione cristiana costituiva il perfezionamento e il culmine.
Nel 1614 l'erudito e filologo I. Casaubon sottoponeva a critica testuale il Corpus hermeticum, mostrando come la data della sua redazione non potesse risalire che ai primi secoli dopo Cristo, e mettendo così fine alla leggenda che lo voleva invece opera di antichissima sapienza egiziana.
Nondimeno, una "filosofia ermetica" continuò a fiorire nei secc. XVII e XVIII, sebbene ristretta principalmente al campo dell'esoterismo e delle scienze occulte (alchimia -> astrologia), e praticata soprattutto nell'ambito di conventicole di iniziati e di società segrete (setta dei Rosacroce, massoneria).
Bibliografia:
Storia della filosofia di Nicola Abbagnano
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano
I testi ermetici possono essere suddivisi in due gruppi: da una parte, una serie di trattati e di raccolte di formule di contenuto magico, alchilico, astrologico e genericamente occultistico; dall'altra, una serie di scritti di contenuti propriamente filosofico-religioso. Di quest'ultima serie ci sono pervenuti: diciassette trattati in lingua greca redatti in forma di dialogo o di discorso (essi costituiscono il cosiddetto Corpus hermeticum); un diciottesimo trattato, intitolato Asclepius, di cui è nota la sola versione latina tramandata con l'opera di Apuleio di Madaura e perciò erroneamente a lui attribuita; gli estratti compilati da Stobeo e inclusi nelle sue opere.
Proprio perché si tratta di scritti di autori diversi, la "filosofia" in essi contenuta presenta diversi punti di vista disparati e non di rado anche contraddittori. Complessivamente, essa risulta una mescolanza di dottrine platoniche, aristoteliche e stoiche (con influssi giudaici e forse anche persiani) tipica dell'eclettismo sincretico della filosofia popolare tardo-ellenistica.
Comune nei vari testi è una generale atmosfera di intensa devozione e pietà religiosa.
Mentre l'Aclepius espone la religione e i riti degli egiziani, gli altri trattati discettano della creazione del mondo e soprattutto della rinascita dell'anima, della sua liberazione dal mondo materiale e della sua ascesa a quello divino. Tema centrale della filosofia ermetica è dunque il rapporto dell'uomo con Dio.
Di Dio è affermata l'assoluta trascendenza e, conseguentemente, l'inconoscibilità da parte dell'intelletto umano.
Vera conoscenza di Dio (gnosi) può darsi solo nei modi di una sovrarazionale ed estatica illuminazione divina, che costituisce il culmine del ritorno dell'anima a Dio stesso. Peraltro, in quanto creatore del mondo, Dio si lascia sia pure imperfettamente conoscere attraverso la creazione, che reca impresse le sue vestigia.
Dell'uomo, invece, sono rivendicate l'origine e il destino divini, e in termini mitici se ne descrive la caduta nel mondo materiale come frutto di un peccato. Solo i pochi eletti, che, seguendo il richiamo della divinità, praticano una vita di ascetico distacco dal corpo e da tutto ciò che è materiale, vengono restituiti alla loro originaria condizione di uomini divini.
L'importanza della filosofia ermetica non è tanto di ordine speculativo, quanto piuttosto storico.
Essa è infatti testimonianza preziosa delle tendenze e gli indirizzi dominanti nella problematica filosofia-religiosa del tardo ellenismo. Ritenuti documenti di un'antichissima sapienza, i testi ermetici, solo in una piccola parte noti al medioevo, conobbero straordinaria fortuna in età umanistico-rinascimentale.
A partire da Marsilio Ficino, che per la prima volta tradusse pressoché integralmente il Corpus hermeticum in latino, essi, per l'affinità che sembravano presentare con alcuni con alcuni aspetti della dottrina cristiana, vennero considerati testimonianza di un'originaria rivelazione divina le cui tracce erano rinvenibili in tutte le filosofie antiche, e di cui la rivelazione cristiana costituiva il perfezionamento e il culmine.
Nel 1614 l'erudito e filologo I. Casaubon sottoponeva a critica testuale il Corpus hermeticum, mostrando come la data della sua redazione non potesse risalire che ai primi secoli dopo Cristo, e mettendo così fine alla leggenda che lo voleva invece opera di antichissima sapienza egiziana.
Nondimeno, una "filosofia ermetica" continuò a fiorire nei secc. XVII e XVIII, sebbene ristretta principalmente al campo dell'esoterismo e delle scienze occulte (alchimia -> astrologia), e praticata soprattutto nell'ambito di conventicole di iniziati e di società segrete (setta dei Rosacroce, massoneria).
Bibliografia:
Storia della filosofia di Nicola Abbagnano
Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano