La metafisica in Agostino e nella Scolastica
Anche se non si parla esplicitamente di metafisica, nelle opere di Agostino è comunque presente l'idea di un oggetto primo della filosofia identificato con Dio e l'anima. Due sono gli elementi che distinguono l'approccio agostiniano da quello classico, cui pure fa riferimento: da un lato, l'idea di una libertà dell'essere, assente in Platone e in Plotino (o, meglio, non ancora precisamente delineata), che comporta anche una dimensione di libertà della ricerca; e , dall'altro, una sostanziale identificazione di filosofia e teologia, avendo entrambe il medesimo oggetto, Dio. Se Aristotele aveva interpretato il rapporto fra queste due discipline in forma dinamica, istituendo un'articolazione interna al concetto di metafisica, in ambito cristiano si tenderà a regolarne la compresenza, ordinandole secondo un'idea gerarchica, per cui la teologia - in quanto esplicitazione della Rivelazione - viene riconosciuta come superiore alla filosofia.
Questa soluzione comunque non si riscontra in Agostino che, identificando le due discipline sulla base della condivisione del medesimo oggetto, non pone una differenza gerarchica fra le stesse, sostenendo che la Rivelazione illumina e potenzia la ragione medesima. In Agostino e in gran parte della prima patristica, filosofia e teologia non sono distinte, perché la Rivelazione diviene contenuto del sapere filosofico; semmai è evidente il tentativo si sostituire alla filosofia razionale della tradizione greca una filosofia cristiana, che comunichi in forma filosofica i contenuti della Rivelazione.
La distinzione netta fra filosofia e teologia si ritrova invece in Tommaso, che recupera l'argomentazione aristotelica: la metafisica è scienza dell'essere in quanto essere e quindi scienza di Dio come ente supremo, causa prima di tutti gli enti. La teologia rivelata è tuttavia sovraordinata alla metafisica poiché, riguardando le verità della Rivelazione, è la somma sapienza che in quanto tale supera, includendoli, i contenuti della metafisica.
La questione è dibattuta da Tommaso proprio in apertura della Summa Theologiae (Art. I, Quaestio I). Secondo lo schema tipico delle dispute medievali, si tratta qui di stabilire se sia necessaria l'esistenza di un'altra scienza, oltre a quella rappresentata dalle discipline filosofiche.
In apertura (I momento) egli fa riferimento all'Ecclesiaste e in particolare all'invito rivolto all'uomo perché non ricerchi nella conoscenza ciò che supera l'ordine della ragione: poiché ciò che quest'ultima può comprendere ricade di fatto nell'ambito delle discipline filosofiche, si potrebbe concludere che non sia lecito ricercare una scienza ad esse superiore.
Inoltre la filosofia - l'argomentazione è aristotelica - tratta dell'ente che è il vero, e l'ente si conosce tramite la ragione; poiché infine il sapere filosofico ha per suo oggetto tutti gli enti, fra i quali anche quello divino, allora non sembra esservi spazio per un'altra scienza, perché anche la teologia viene a configurarsi come una branca delle filosofia, ossia come quella scienza che ha per oggetto un ente particolare, quello divino, conoscibile come tutti gli enti tramite la ragione. Tommaso fonda questa prima opinione su un'autorità scritturale (l'Ecclesiaste) e su una filosofica (Aristotele).
A questa soluzione (II momento) se ne oppone una contraria. Contro la tesi dell'autosufficienza della filosofia, Tommaso propone una sola argomentazione, suffragata da un'autorità scritturale (in effetti è difficile pensare a una tesi filosofica che sostenga la superiorità della teologia, tradendo così se stessa): l'Epistola a Timoteo sostiene l'utilità morale della "scrittura divinamente ispirata" la quale, in quanto tale, non ricade all'interno dell'ambito filosofico che si contiene entro i confini di ciò che è razionalmente definibile; perciò si deve ammettere la necessità di una disciplina non - filosofica.
A ciò segue il tentativo di soluzione del problema (III momento). Il fine dell'uomo, argomenta Tommaso, è Dio e Dio eccede la capacità della ragione; se ciò cui gli uomini devono tendere è la comunione con Dio, allora è necessaria la Rivelazione perché le ragioni divine sono ulteriori rispetto a quanto la ragione umana può comprendere: la salvezza dell'uomo richiede infatti l'apprendimento di conoscenze superiori alla sua natura.
E' dunque chiaro che se la ragione si dimostra incapace di penetrare adeguatamente l'intenzione divina, la Rivelazione diviene necessaria in vista della comunicazione di quelle verità che altrimenti rimarrebbero sconosciute all'uomo, predicandone la salvezza. Oltre a ciò Tommaso afferma che la Rivelazione risulta necessaria anche in riferimento a quelle verità divine che la ragione è in grado di indagare.
Questa affermazione sottintende la distinzione fra uomo naturale e uomo naturale decaduto: quest'ultimo con il peccato ha oscurato la sua naturale conoscenza di Dio e pertanto anche quelle verità concernenti l'essere divino che la ragione potrebbe raggiungere sono meglio conoscibili attraverso la Rivelazione, che pone al sicuro dall'errore in cui invece la ragione corrotta può facilmente incorrere. Tommaso può dunque concludere a favore della necessità di una scienza non - filosofica.
Da tutto ciò deriva, contro quanto sostenuto dalle tesi contrarie, che l'uomo non deve scrutare con la ragione, mettendolo in dubbio, ciò che oltrepassa le capacità della ragione stessa; inoltre il passo dell'Ecclesiaste non contraddice la tesi secondo cui ciò che Dio rivela deve comunque essere creduto, dimostrando così di non sostenere la ragione come unica fonte di conoscenza. In secondo luogo Tommaso enuncia un importante principio: una stessa verità scientifica - il fatto che la terra sia rotonda - può essere dimostrata con procedimenti e modalità diversi, tanto dall'astronomo (su basi matematiche e quindi quantitative), tanto dal fisico (ricorrendo a osservazioni qualitative); analogamente si può dire che l'essere in quanto essere e l'essere di Dio in quanto ente supremo possono essere trattati tanto dalla filosofia (metafisica) quanto dalla teologia. Esiste quindi una teologia filosofica, che rientra nella speculazione razionale e ha per oggetto Dio in quanto ente supremo, e una teologia sacra, fondata sulla Rivelazione. Fra le due intercorre una differenza di genere che comporta anche una distinzione gerarchica: sopra alla scienza di Dio intesa come disciplina naturale e razionale va posta la teologia quale disciplina sacra, che - ed è decisivo - contiene dunque le stesse verità che appartengono alla teologia filosofica: in questo senso la scienza sovraordinata include quella di genere inferiore.
Con la sola ragione si può giungere, ed è il percorso di Aristotele, alle verità razionali dell'essere e su Dio (in quanto ente sommo), ma solo con la teologia sacra si possono guadagnare quei contenuti che sfuggono alla ragione. Ciò, da un lato, ridimensiona il valore della scienza naturale di Dio, ma, dall'altro, ne recupera i risultati, confermandoli come patrimonio della teologia di ordine superiore, che sola può superarli affidandosi alla Rivelazione.
La posizione di Tommaso conferma l'articolazione aristotelica della metafisica in ontologia e teologia, ma la ripropone includendo la prima nella seconda, la metafisica all'interno della teologia sacra; viene così a ripresentarsi il motivo agostiniano che individuava nella Rivelazione un contenuto superiore a quello della ragione. Ciò non significa sostenere l'inutilità della metafisica (che è comunque in grado di confermare alcune verità divine) ma piuttosto la sua non autosufficienza : la conoscenza razionale non può infatti giungere a esplorare le intenzioni divine, che rimangono appannaggio di quella scienza che si appoggia alla Rivelazione. E' chiaro che le affermazioni di Tommaso si collochino in un orizzonte cristiano profondamente diverso da quello greco: il Dio di Aristotele è pensiero di pensiero e in quanto tale non dispone di alcuna intenzione che possa divenire oggetto di qualsivoglia scienza sacra.
Nel corso del Medioevo poi la metafisica tende a essere definita come scienza dell'essere: il suo ambito specifico si restringe così a quello dell'essere in quanto essere.
Duns Scoto afferma che l'essere si dice in modo univoco perché solo così, solo se l'essere sensibile si dice allo stesso modo di quello soprasensibile, è possibile il passaggio dal mondo a Dio ed è possibile fornire quindi una dimostrazione di quest'ultimo. Abbracciando tutti gli enti, la metafisica p per Duns Scoto la scienza più estesa.
Buridano opera un'ulteriore restrizione del campo della metafisica considerandola come scienza dei principi generali e certi delle scienze, come scienza che è alla base delle altre.
Se per Aristotele la metafisica era scienza degli assiomi, dell'essere in quanto essere e della sostanza prima, ora il suo ambito è limitato a quello dei principi primi delle scienze.
Questa soluzione comunque non si riscontra in Agostino che, identificando le due discipline sulla base della condivisione del medesimo oggetto, non pone una differenza gerarchica fra le stesse, sostenendo che la Rivelazione illumina e potenzia la ragione medesima. In Agostino e in gran parte della prima patristica, filosofia e teologia non sono distinte, perché la Rivelazione diviene contenuto del sapere filosofico; semmai è evidente il tentativo si sostituire alla filosofia razionale della tradizione greca una filosofia cristiana, che comunichi in forma filosofica i contenuti della Rivelazione.
La distinzione netta fra filosofia e teologia si ritrova invece in Tommaso, che recupera l'argomentazione aristotelica: la metafisica è scienza dell'essere in quanto essere e quindi scienza di Dio come ente supremo, causa prima di tutti gli enti. La teologia rivelata è tuttavia sovraordinata alla metafisica poiché, riguardando le verità della Rivelazione, è la somma sapienza che in quanto tale supera, includendoli, i contenuti della metafisica.
La questione è dibattuta da Tommaso proprio in apertura della Summa Theologiae (Art. I, Quaestio I). Secondo lo schema tipico delle dispute medievali, si tratta qui di stabilire se sia necessaria l'esistenza di un'altra scienza, oltre a quella rappresentata dalle discipline filosofiche.
In apertura (I momento) egli fa riferimento all'Ecclesiaste e in particolare all'invito rivolto all'uomo perché non ricerchi nella conoscenza ciò che supera l'ordine della ragione: poiché ciò che quest'ultima può comprendere ricade di fatto nell'ambito delle discipline filosofiche, si potrebbe concludere che non sia lecito ricercare una scienza ad esse superiore.
Inoltre la filosofia - l'argomentazione è aristotelica - tratta dell'ente che è il vero, e l'ente si conosce tramite la ragione; poiché infine il sapere filosofico ha per suo oggetto tutti gli enti, fra i quali anche quello divino, allora non sembra esservi spazio per un'altra scienza, perché anche la teologia viene a configurarsi come una branca delle filosofia, ossia come quella scienza che ha per oggetto un ente particolare, quello divino, conoscibile come tutti gli enti tramite la ragione. Tommaso fonda questa prima opinione su un'autorità scritturale (l'Ecclesiaste) e su una filosofica (Aristotele).
A questa soluzione (II momento) se ne oppone una contraria. Contro la tesi dell'autosufficienza della filosofia, Tommaso propone una sola argomentazione, suffragata da un'autorità scritturale (in effetti è difficile pensare a una tesi filosofica che sostenga la superiorità della teologia, tradendo così se stessa): l'Epistola a Timoteo sostiene l'utilità morale della "scrittura divinamente ispirata" la quale, in quanto tale, non ricade all'interno dell'ambito filosofico che si contiene entro i confini di ciò che è razionalmente definibile; perciò si deve ammettere la necessità di una disciplina non - filosofica.
A ciò segue il tentativo di soluzione del problema (III momento). Il fine dell'uomo, argomenta Tommaso, è Dio e Dio eccede la capacità della ragione; se ciò cui gli uomini devono tendere è la comunione con Dio, allora è necessaria la Rivelazione perché le ragioni divine sono ulteriori rispetto a quanto la ragione umana può comprendere: la salvezza dell'uomo richiede infatti l'apprendimento di conoscenze superiori alla sua natura.
E' dunque chiaro che se la ragione si dimostra incapace di penetrare adeguatamente l'intenzione divina, la Rivelazione diviene necessaria in vista della comunicazione di quelle verità che altrimenti rimarrebbero sconosciute all'uomo, predicandone la salvezza. Oltre a ciò Tommaso afferma che la Rivelazione risulta necessaria anche in riferimento a quelle verità divine che la ragione è in grado di indagare.
Questa affermazione sottintende la distinzione fra uomo naturale e uomo naturale decaduto: quest'ultimo con il peccato ha oscurato la sua naturale conoscenza di Dio e pertanto anche quelle verità concernenti l'essere divino che la ragione potrebbe raggiungere sono meglio conoscibili attraverso la Rivelazione, che pone al sicuro dall'errore in cui invece la ragione corrotta può facilmente incorrere. Tommaso può dunque concludere a favore della necessità di una scienza non - filosofica.
Da tutto ciò deriva, contro quanto sostenuto dalle tesi contrarie, che l'uomo non deve scrutare con la ragione, mettendolo in dubbio, ciò che oltrepassa le capacità della ragione stessa; inoltre il passo dell'Ecclesiaste non contraddice la tesi secondo cui ciò che Dio rivela deve comunque essere creduto, dimostrando così di non sostenere la ragione come unica fonte di conoscenza. In secondo luogo Tommaso enuncia un importante principio: una stessa verità scientifica - il fatto che la terra sia rotonda - può essere dimostrata con procedimenti e modalità diversi, tanto dall'astronomo (su basi matematiche e quindi quantitative), tanto dal fisico (ricorrendo a osservazioni qualitative); analogamente si può dire che l'essere in quanto essere e l'essere di Dio in quanto ente supremo possono essere trattati tanto dalla filosofia (metafisica) quanto dalla teologia. Esiste quindi una teologia filosofica, che rientra nella speculazione razionale e ha per oggetto Dio in quanto ente supremo, e una teologia sacra, fondata sulla Rivelazione. Fra le due intercorre una differenza di genere che comporta anche una distinzione gerarchica: sopra alla scienza di Dio intesa come disciplina naturale e razionale va posta la teologia quale disciplina sacra, che - ed è decisivo - contiene dunque le stesse verità che appartengono alla teologia filosofica: in questo senso la scienza sovraordinata include quella di genere inferiore.
Con la sola ragione si può giungere, ed è il percorso di Aristotele, alle verità razionali dell'essere e su Dio (in quanto ente sommo), ma solo con la teologia sacra si possono guadagnare quei contenuti che sfuggono alla ragione. Ciò, da un lato, ridimensiona il valore della scienza naturale di Dio, ma, dall'altro, ne recupera i risultati, confermandoli come patrimonio della teologia di ordine superiore, che sola può superarli affidandosi alla Rivelazione.
La posizione di Tommaso conferma l'articolazione aristotelica della metafisica in ontologia e teologia, ma la ripropone includendo la prima nella seconda, la metafisica all'interno della teologia sacra; viene così a ripresentarsi il motivo agostiniano che individuava nella Rivelazione un contenuto superiore a quello della ragione. Ciò non significa sostenere l'inutilità della metafisica (che è comunque in grado di confermare alcune verità divine) ma piuttosto la sua non autosufficienza : la conoscenza razionale non può infatti giungere a esplorare le intenzioni divine, che rimangono appannaggio di quella scienza che si appoggia alla Rivelazione. E' chiaro che le affermazioni di Tommaso si collochino in un orizzonte cristiano profondamente diverso da quello greco: il Dio di Aristotele è pensiero di pensiero e in quanto tale non dispone di alcuna intenzione che possa divenire oggetto di qualsivoglia scienza sacra.
Nel corso del Medioevo poi la metafisica tende a essere definita come scienza dell'essere: il suo ambito specifico si restringe così a quello dell'essere in quanto essere.
Duns Scoto afferma che l'essere si dice in modo univoco perché solo così, solo se l'essere sensibile si dice allo stesso modo di quello soprasensibile, è possibile il passaggio dal mondo a Dio ed è possibile fornire quindi una dimostrazione di quest'ultimo. Abbracciando tutti gli enti, la metafisica p per Duns Scoto la scienza più estesa.
Buridano opera un'ulteriore restrizione del campo della metafisica considerandola come scienza dei principi generali e certi delle scienze, come scienza che è alla base delle altre.
Se per Aristotele la metafisica era scienza degli assiomi, dell'essere in quanto essere e della sostanza prima, ora il suo ambito è limitato a quello dei principi primi delle scienze.