La metafisica in Platone e Plotino
Se siamo partiti da Aristotele, ciò non significa che egli intende per metafisica, o meglio filosofia prima, non sia già proprio del pensiero a lui precedente e in particolare di Platone.
Nel suo pensiero l'essere è l'idea, la cui nozione viene a comprendere sia l'essere in quanto essere, sia l'essere come soprasensibile: l'idea è non solo oltre il sensibile, ma è anche l'unico vero essere.
Qui la scienza dell'idea è immediatamente - senza le difficoltà di mediazione aristoteliche - scienza dell'essere in quanto essere e scienza dell'essere sommo.
Platone non ha il problema, come avrà il suo discepolo , di raccordare le due definizioni.
La successiva scuola (neo)platonica ha privilegiato la seconda definizione fra le due ricordate, concependo la metafisica come segnata da un'impronta teologica: pensatori quali Siriano (maestro di Proclo) o Asclepio intendono chiaramente la metafisica come teologia.
Molti secoli dopo Marsilio Ficino consegnerà il nucleo della sua riflessione a un'opera intitolata significativamente Teologia platonica.
Queste interpretazioni hanno il loro punto di forza in un passo del libro VII della Repubblica, dove Platone colloca il Bene al di là dell'essere (epekeina tes ousias), caratterizzando la sua metafisica come una sorta di ultra - metafisica, come scienza del soprasensibile non solo in quanto scienza dell'idea, ma anche in quanto scienza di ciò che è oltre essa.
Plotino fonda proprio su tale concetto la sua metafisica. E se l'oggetto della scienza prima è al di là dell'essere, questo significa anche che esiste un organo conoscitivi o diverso da quello atto alla conoscenza dell'essere. L'Uno è il principio dell'essere che in quanto tale è superiore; ma la concezione di Plotino è tanto radicale da lasciar intendere che persino la nozione di Uno dovrebbe essere superata, perché il principio supremo trascende anch'essa.
Egli comincia (Enneadi, VI 9, 3) col ribadire che il principio trascende tutte le determinazioni categoriali, compresa quella di essenza; che non è "qualcosa" di determinato, come la sostanza aristotelica, o qualcosa di cui si possa dire che è questo - qui; e tuttavia l'Uno rimane senza dubbio la sua definizione più appropriata (ogni molteplicità è infatti sintomo di imperfezione) anche se non valida in assoluto, perché, al limite, identificare il principio con l'unità significa pur sempre predicare qualcosa di qualcos'altro, istituire una duplicazione fra "essere" e "uno".
Plotino accoglie la definizione del principio come Uno solo negativamente, come meno fuorviante, meno inadeguata fra tutte quelle possibili, organizzando poi gli altri piani ontologici secondo la gerarchia il cui criterio determinante è dato dalla maggiore o minore unità che nei vari esseri è possibile rintracciare e che ne rivela anche, di conseguenza, la maggiore o minore sostanza dall'Uno che li ha emanati.
In seguito (VI 9, 4) Plotino differenzia scienza e pensiero, secondo una distinzione che pone da un lato la conoscenza fondata su un sapere discorsivo che ha il suo organo nella ragione o nell'intelletto, e dall'altro un sapere che necessita di un organo conoscitivo che le è proprio, perché si rivolge a un principio che né la ragione né l'intelletto sono in grado di cogliere. Lo conferma il fatto che nel pensiero scientifico l'anima perde la sua unità, perché la procedura scientifica la obbliga ad operare discorsivamente, a seguire una molteplicità di passaggi nei quali essa stessa smarrisce la sua unità.
Se ogni scienza pone una differenza fra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto, Plotino è invece alla ricerca di quella scienza che non implichi alcuna divisione né molteplicità, tanto all'interno del soggetto, quanto all'interno dell'oggetto e nemmeno nel rapporto fra loro: non siamo infatti giunti all'Uno se ciò che conosciamo, noi che conosciamo o tale rapporto conoscitivo rimangono immersi nella molteplicità. Dire che l'Uno è ineffabile e indescrivibile è già predicarne la duplicità; ma è necessario parlarne non per rivelare nella parola ciò che il principio è, ma per indicare la via lungo la quale tale questione potrà trovare una sua illuminante soluzione.
E' la visione la meta del cammino: per giungervi è necessario superare la scienza e l'intelletto, liberarsi nel percorso di conoscenza da tutti quei gravami che potrebbero impedire all'anima di riposare in quel principio, è cioè necessario un processo di purificazione senza la quale la vista è offuscata.
L'Uno è quindi il principio originario, nella cui visione la differenza fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto è superata, poiché esso (o Egli) non è mai soltanto qualcosa di meramente esterno al soggetto conoscente - altrimenti si ricadrebbe nella duplicità; per questo Plotino dice che l'Uno, pur non essendo vicino a nessuno, non è neppure lontano: questo perché chiunque si avvii lungo la via dell'unità può incontrarlo, ma a nessuno è dato di possederlo come si possiede un oggetto. L'aspetto decisivo di questo passaggio consiste nel riconoscere che non è dunque il soggetto a conoscere l'Uno, perché così si riproporrebbe la divisione fra soggetto e oggetto propria del sapere discorsivo, ma è l'Uno che conosce se stesso. E' quindi necessario superare la ragione e l'intelletto perché l'oggetto della metafisica è ulteriore: essi colgono l'essere, ma la filosofia prima si rivolge a ciò che è al di là dell'essere.
Quello a cui Platone aveva accennato, Plotino lo approfondisce.
Nel suo pensiero l'essere è l'idea, la cui nozione viene a comprendere sia l'essere in quanto essere, sia l'essere come soprasensibile: l'idea è non solo oltre il sensibile, ma è anche l'unico vero essere.
Qui la scienza dell'idea è immediatamente - senza le difficoltà di mediazione aristoteliche - scienza dell'essere in quanto essere e scienza dell'essere sommo.
Platone non ha il problema, come avrà il suo discepolo , di raccordare le due definizioni.
La successiva scuola (neo)platonica ha privilegiato la seconda definizione fra le due ricordate, concependo la metafisica come segnata da un'impronta teologica: pensatori quali Siriano (maestro di Proclo) o Asclepio intendono chiaramente la metafisica come teologia.
Molti secoli dopo Marsilio Ficino consegnerà il nucleo della sua riflessione a un'opera intitolata significativamente Teologia platonica.
Queste interpretazioni hanno il loro punto di forza in un passo del libro VII della Repubblica, dove Platone colloca il Bene al di là dell'essere (epekeina tes ousias), caratterizzando la sua metafisica come una sorta di ultra - metafisica, come scienza del soprasensibile non solo in quanto scienza dell'idea, ma anche in quanto scienza di ciò che è oltre essa.
Plotino fonda proprio su tale concetto la sua metafisica. E se l'oggetto della scienza prima è al di là dell'essere, questo significa anche che esiste un organo conoscitivi o diverso da quello atto alla conoscenza dell'essere. L'Uno è il principio dell'essere che in quanto tale è superiore; ma la concezione di Plotino è tanto radicale da lasciar intendere che persino la nozione di Uno dovrebbe essere superata, perché il principio supremo trascende anch'essa.
Egli comincia (Enneadi, VI 9, 3) col ribadire che il principio trascende tutte le determinazioni categoriali, compresa quella di essenza; che non è "qualcosa" di determinato, come la sostanza aristotelica, o qualcosa di cui si possa dire che è questo - qui; e tuttavia l'Uno rimane senza dubbio la sua definizione più appropriata (ogni molteplicità è infatti sintomo di imperfezione) anche se non valida in assoluto, perché, al limite, identificare il principio con l'unità significa pur sempre predicare qualcosa di qualcos'altro, istituire una duplicazione fra "essere" e "uno".
Plotino accoglie la definizione del principio come Uno solo negativamente, come meno fuorviante, meno inadeguata fra tutte quelle possibili, organizzando poi gli altri piani ontologici secondo la gerarchia il cui criterio determinante è dato dalla maggiore o minore unità che nei vari esseri è possibile rintracciare e che ne rivela anche, di conseguenza, la maggiore o minore sostanza dall'Uno che li ha emanati.
In seguito (VI 9, 4) Plotino differenzia scienza e pensiero, secondo una distinzione che pone da un lato la conoscenza fondata su un sapere discorsivo che ha il suo organo nella ragione o nell'intelletto, e dall'altro un sapere che necessita di un organo conoscitivo che le è proprio, perché si rivolge a un principio che né la ragione né l'intelletto sono in grado di cogliere. Lo conferma il fatto che nel pensiero scientifico l'anima perde la sua unità, perché la procedura scientifica la obbliga ad operare discorsivamente, a seguire una molteplicità di passaggi nei quali essa stessa smarrisce la sua unità.
Se ogni scienza pone una differenza fra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto, Plotino è invece alla ricerca di quella scienza che non implichi alcuna divisione né molteplicità, tanto all'interno del soggetto, quanto all'interno dell'oggetto e nemmeno nel rapporto fra loro: non siamo infatti giunti all'Uno se ciò che conosciamo, noi che conosciamo o tale rapporto conoscitivo rimangono immersi nella molteplicità. Dire che l'Uno è ineffabile e indescrivibile è già predicarne la duplicità; ma è necessario parlarne non per rivelare nella parola ciò che il principio è, ma per indicare la via lungo la quale tale questione potrà trovare una sua illuminante soluzione.
E' la visione la meta del cammino: per giungervi è necessario superare la scienza e l'intelletto, liberarsi nel percorso di conoscenza da tutti quei gravami che potrebbero impedire all'anima di riposare in quel principio, è cioè necessario un processo di purificazione senza la quale la vista è offuscata.
L'Uno è quindi il principio originario, nella cui visione la differenza fra soggetto conoscente e oggetto conosciuto è superata, poiché esso (o Egli) non è mai soltanto qualcosa di meramente esterno al soggetto conoscente - altrimenti si ricadrebbe nella duplicità; per questo Plotino dice che l'Uno, pur non essendo vicino a nessuno, non è neppure lontano: questo perché chiunque si avvii lungo la via dell'unità può incontrarlo, ma a nessuno è dato di possederlo come si possiede un oggetto. L'aspetto decisivo di questo passaggio consiste nel riconoscere che non è dunque il soggetto a conoscere l'Uno, perché così si riproporrebbe la divisione fra soggetto e oggetto propria del sapere discorsivo, ma è l'Uno che conosce se stesso. E' quindi necessario superare la ragione e l'intelletto perché l'oggetto della metafisica è ulteriore: essi colgono l'essere, ma la filosofia prima si rivolge a ciò che è al di là dell'essere.
Quello a cui Platone aveva accennato, Plotino lo approfondisce.