L'angoscia in filosofia
Che cosa si intende con il termine angoscia-ansia?
Se prendiamo in mano un vocabolario e cerchiamo il termine ansia possiamo notare che designa un'emozione negativa caratterizzata dal timore di pericoli imminenti nei confronti dei quali si avverte dolorosamente la propria impotenza; è associata a manifestazioni somatiche quali dispnea, accelerazione del battuto cardiaco, contrazioni della muscolatura liscia ecc... In tedesco esiste l'unico termine Angst e in inglese l'unico termine anxiety; in italiano invece, si possono usare intercambiabilmente "ansia" e "angoscia"; va tuttavia precisato che spesso gli psichiatri italiani parlano di ansia in riferimento agli aspetti puramente psichici di quest'emozione, e di angoscia in riferimento alle sue manifestazioni somatiche, soprattutto quando queste ultime sono molto vistose; e che gli psicoanalisti italiano quasi sempre traducono con angoscia l'Angst di Freud, mentre in psicologia i nostri autori usano il termine ansia.
Nella tradizione filosofica il termine angoscia è stato introdotto dal filosofo Kierkegaard con la sua opera "Il concetto dell'angoscia" (1844). Con tale concetto egli designa lo stato dell'uomo di fronte all'esistenza, che gli si presenta come possibilità indeterminata in cui si cela sempre l'alternativa della morte.
A tale situazione di angoscia esistenziale l'uomo può rispondere fondamentalmente in due modi: con il suicidio, negazione radicale di ogni possibilità, o con la fede, attraverso la quale l'uomo fa appello alla sorgente stessa di ogni possibilità.
"Nel possibile tutto è possibile", asserisce Kierkegaard; il che vuol dire che una possibilità favorevole non ha maggiore sicurezza della possibilità più disastrosa e orribile. L'angoscia, è secondo il filosofo, parte essenziale della spiritualità che è propria dell'uomo, sicché se l'uomo fosse angelo o bestia non conoscerebbe l'angoscia : e infatti arriva a mascherarla o a nasconderla l'uomo bel quale la spiritualità è troppo debole. In quanto riflessione sulla propria condizione umana, la spiritualità dell'uomo è connessa all'angoscia cioè al sentimento della minaccia immanente ad ogni possibilità umana come tale.
La nozione di angoscia è stata sviluppata, nella filosofia del Novecento, da Heidegger, il quale la concepisce come il sentimento della mancanza di alternative che caratterizza l'esistenza umana in quanto "essere per la morte", e quindi come sentimento dell'impossibilità di ogni progetto umano.
L'unica prospettiva dell'uomo in tale condizione è l'accettazione, per mezzo di una scelta positiva, del proprio destino ineluttabile: la necessità si trasforma cosi in libertà.
L'angoscia non è la paura della morte o dei pericoli che possono prospettarla. Dice Heidegger: "La paura trova il suo appiglio nell'ente di cui ci si prende cura dentro il mondo. L'angoscia invece scaturisce dall'Esserci stesso. La paura giunge improvvisa dall'intramondano.
L'angoscia si leva dall'essere-nel-mondo in quanto gettato essere-per-la morte. L'angoscia non è neppure il pensiero della morte o l'attesa e la preparazione della morte. Vivere per la morte, angosciarsi, significa comprendere l'impossibilità dell'esistenza in quanto tale. E comprendere tale impossibilità significa comprendere che tutte le possibilità dell'esistenza in quanto consistono di anticipazioni o progetti, che pretendono trascendere la realtà di fatto, non fanno che ricadere nella realtà di fatto. Perciò il vero significato dell'angoscia è il destino, cioè la scelta della situazione di fatto come un'eredità cui non si può sfuggire e il riconoscimento dell'impossibilità o nullità di ogni altra scelta che non sia l'accettazione della situazione in cui si è già.
In altri termini, l'angoscia come comprensione esistenziale rende possibile all'uomo far di necessita virtù: accettare come un atto di scelta quella situazione di fatto, che è il suo destino e che senza l'angoscia cercherebbe vanamente di trascendere.
La coincidenza di necessità e libertà sembra così il significato dell'angoscia heideggeriana. In questo senso Heidegger asserisce che l'angoscia "libera l'uomo dalle possibilità nulle e lo fa libero per quelle autentiche".
Un'analoga concezione dell'angoscia come sentimento negativo dell'impossibilità che sta alla radice dell'esistenza è riscontrabile in Jaspers e in Sartre.
Non è solo della filosofia esistenzialistica che l'angoscia viene considerata come la rivelazione emotiva della situazione umana bel mondo. Una ricca letteratura psicologica ha chiarito il carattere omni-pervadente dell'angoscia che rimane distinta dalla paura, dal timore e da altri stati emotivi che hanno carattere episodico e si riferiscono a situazioni particolari.
L'angoscia sembra invece una un ingrediente costante della situazione umana nel mondo, comunque poi se ne voglia spiegare l'origine.
Bibliografia:
Dizionario filosofico Nicola Abbagnano