L'ermeneutica di Quentin Skinner
«Quentin Skinner è uno dei più eminenti e influenti studiosi contemporanei del pensiero politico»
Ha insegnato per gli ultimi 20 anni a Cambridge, era regius professor (professore della regina) di storia moderna.Grande specialista della storia della filosofia politica e in particolare di Thomas Hobbes (su di lui ha scritto due grossi volumi).I suoi libri più importanti sono due: "Una storia del pensiero politico del rinascimento e della riforma (tradotta in italiano) e un libro importante su Hobbes il quale non è mai stato tradotto "Reason and rhetoric in the philosophy of Th. Hobbes".Skinner ha avuto nella sua giovinezza, all'inizio della sua carriera una formazione di filosofo analitico.E' un filosofo che si è trasformato in "storico della filosofia".
Qual è il metodo buono per studiare il passato?
Skinner è molto attento a non fare un discorso tutto in astratto, proprio per questo lo riempie con numerosi esempi.In questa mia trattazione su Skinner prenderò in esame il seguente libro:
"Dell'interpretazione" ,Quentin Skinner, il Mulino
Breve excursus di ermeneutica:
La metodologia è importante perché dalla riflessione sul metodo nasce anche la consapevolezza di quello che è la storia della filosofia (a cosa serve, perché si fa storia della filosofia e non solo filosofia, perché si studiano gli autori del passato ecc...).Quali problemi pone? Incontrare il passato ( è morto) è come incontrare lo straniero ( è presente, vivo) per noi!Il problema del metodo è importantissimo per una disciplina di carattere storico cioè che guarda al suo passato.
La filosofia contemporanea è divisa tra continentali e analitici; la filosofia anglosassone ha seguito un orientamento analitico/scientifico; mentre la filosofia continentale è stata influenzata da un altro genere di filosofia: quella di Hegel, Marx, Heidegger e la filosofia italiana ha seguito in buona parte l'orientamento continentale.Uno degli orientamenti importanti della filosofia continentale è la cosiddetta ermeneutica (deriva da una parola greca ermeneuein =interpretare; ermeneutiké = interpretazione.Il metodo di Skinner è polemico, contrario, opposto, avversario a quello dell'ermeneutica (in questo Skinner è molto inglese).Il grande inventore dell'ermeneutica nella filosofia contemporanea è il filosofo tedesco Gadamer. Skinner non ha preso nulla dall'ermeneutica di Gadamer.
Quando nasce l'ermeneutica?
Ha una sua preistoria e nasce alla fine del '700 inizi dell'800 con l'opera del filosofo tedesco Schleiermacher. Nasce come tecnica di lettura dei testi il cui senso non era immediatamente evidente a causa di qualche distanza (linguistica, storica, temporale) tra noi e il testo. In particolare nel '700 l'ermeneutica era nata come tecnica per interpretare la Bibbia nel mondo protestante.La seconda tappa è rappresentata dalla filosofia di Heidegger.
Con tale filosofo il comprendere si configura come una delle strutture costitutive dell'esserci il cui essere nel mondo si accompagna sempre a una comprensione o pre-comprensione del mondo incarnata dal linguaggio (essere qui; noi siamo degli individui gettati nel mondo, siamo calati in una situazione particolare). Il fatto di essere stati gettati in un determinato periodo storico, in una situazione geografica, politica ecc... produce in noi una pre-comprensione cioè prima di comprendere l'altro noi abbiamo già una serie di idee, pregiudizi che condizionano la nostra comprensione dell'altro.
La terza tappa è rappresentata da Gadamer (1900-2002) il quale nel 1960 pubblicò quello che viene considerato il testo base dell'ermeneutica: "Verità e metodo". Con Gadamer si ha l'universalizzazione dell'ermeneutica, cioè questa diventa un metodo generale che investe tutta la filosofia cioè si passa dall'ermeneutica come problema di metodo, all'ermeneutica come problema ontologico.
Mette in luce le condizioni del comprendere. Gadamer stabilisce un'equivalenza per cui comprendere=interpretare; interpretare =coincide con l'esistenza stessa. Il nostro esistere, per Gadamer, è un continuo interpretare.L'esistenza è definita dal comprendere nella sua finitezza e storicità. Il nostro esistere, comprendere è sempre finito, limitato e storico (legato a una posizione storica), storicizzato, non è universale.Il comprendere è un'esperienza di verità irriducibile al metodo della scienza; Gadamer contrappone il metodo dell'ermeneutica al metodo scientifico.Qui si ha il trionfo di quelle concezioni che insistono sulla differenza tra la cultura scientifica e umanistica.Secondo Gadamer l'ermeneutica ci dà un'esperienza di verità che non solo si contrappone al metodo scientifico ma va oltre, lo supera.
L'ermeneutica fonda le scienze dello spirito (filosofia, arte, storia sono forme di esperienza in cui si annuncia una verità che non può essere verificata con il metodo scientifico) e queste stanno al di fuori della scienza, si oppongono e la superano. Per illustrare questa separazione/opposizione tra ermeneutica e scienza, Gadamer sottolinea molto la vicinanza tra l'ermeneutica cioè l'atto di interpretare e l'arte perché quest'ultima modifica contemporaneamente il soggetto e l'oggetto in quanto quando io mi avvicino ad un'opera d'arte, ne sono modificato cioè subisco un'impressione ma a mia volta interpretando ad esempio un quadro in un certo modo, gli conferisco un significato, per cui io letteralmente modifico il significato del quadro.C'è un'interazione tra soggetto e oggetto (questo è tipico dell'arte ma anche dell'atto di interpretazione). La scienza vuole essere oggettiva. Alla visione oggettivistica della scienza, si contrappone per Gadamer l'interazione tra il soggetto e l'oggetto che si realizza nell'arte e nell'interpretazione.Quali conseguenze ha questo quando ci avviciniamo ad esempio a un testo o documento del passato?
Schleiermacher credeva ancora che si potesse fare una ricostruzione del passato, mentre secondo Gadamer questa ricostruzione era impossibile in quanto è una falsificazione in ultima analisi perché la vita che viene restaurata/ricostruita non è più la vita originaria.Gadamer contrappone a questa ricostruzione impossibile il concetto di "integrazione (concetto ripreso da Hegel): cioè pensare il passato in relazione al presente tramite un'opera di mediazione di ciò che è stato con ciò che è (è una sorta di integrazione del presente con il passato).
Circolo ermeneutico: l'interpretante accede all'interpretato solo attraverso una serie di pre-comprensioni o di pregiudizi e a sua volta l'interpretato agisce sull'interpretazione modificandolo.Interpretante ----------------> interpretato (es. testo)(lettore, osservatore) <-------------------In filosofia di solito il circolo è vizioso, mentre per Gadamer è l'aspetto più positivo e interessante dell'ermeneutica.Questo circolo non è un limite ma un pregio. L'urto tra l'interpretante e interpretato è benefico cioè serve a smontare i pregiudizi/pre-comprensioni dell'interpretante; però il circolo ermeneutico rivela il carattere storico e finito della razionalità umana che è sempre un "progetto gettato" (Heidegger).
Non esiste un'interpretazione universale perché l'interpretante è sempre condizionato dalle pre-comprensioni/pregiudizi (questi cambiano con l'urto ma non scompaiono).L'interpretazione è sempre storico-finita, cioè non è universale/eterna; è sempre legata a un'epoca particolare.Nell'interpretato noi troviamo sempre cose nuove perché l'interpretante è diverso.L'interpretazione non è definita, cambia/avanza sempre e trova ricchezze sempre nuove nell'oggetto storico.Se l'interpretazione non è mai finita, ma è sempre storica e finita cioè condizionata dal punto di vista dell'interpretante; dal punto di vista dei pregiudizi e della pre-comprensione dell'interpretante bisogna asserire che non esistono valori (si parla di questi grazie all'Illuminismo) universali e questo pone numerosi problemi.
L'ermeneutica rischia di trascinarci in una posizione di relativismo storico per cui i valori/certezze sono relativi all'epoca in cui sono enunciati.In Gadamer si trova una polemica contro l'Illuminismo (filosofia di liberazione dai pregiudizi) e ritiene che i pregiudizi sono ineliminabili (in quanto l'idea di liberarsi da un pregiudizio è un pregiudizio).
Il lavoro ermeneutico implica una tensione fra estraneità e familiarità (con l'oggetto si ha una familiarità e anche estraneità). La lontananza fra l'interpretante e l'interpretato nell'incontro ermeneutico è riempita dalla tradizione.Perché possiamo capire un testo di 2000 anni fa appartenente a una cultura diversa? Perché tra noi e il testo c'è una tradizione di interpretazione/lettura che colma la distanza.Questa storia della tradizione è chiamata da Gadamer "Wirkungsgeschichte" (storia degli effetti).Tra me e il testo c'è tutta una tradizione, che è una storia degli effetti che il testo ha prodotto sulla cultura europea e grazie a questa catena noi riusciamo a capire un determinato testo; se la catena si fosse spezzata non si potrebbe capire.Quando noi leggiamo un testo è come se questo avesse uno spessore e quest'ultimo è la tradizione cioè gli effetti che ha provocato dal tempo in cui è stato concepito fino a me che lo vedo/leggo.L'incontro ermeneutico tra il soggetto e l'oggetto consiste nella "fusione degli orizzonti" (quando ad esempio leggo Omero è come se si realizzasse una fusione tra l'orizzonte mentale di Omero e il mio orizzonte mentale).
C'è una compenetrazione tra il soggetto e l'oggetto. Questo significa che non c'è mai un'interpretazione uguale a un'altra, non c'è mai un'interpretazione universale, non c'è mai un'interpretazione assoluta e definitiva.Per Gadamer si realizza un dialogo tra il presente e il passato; spesso Gadamer ricorda la dialettica platonica (arte dell'interrogare cioè del porre domande e avere risposte).Il testo nasce come una domanda e pone a noi continui nuovi interrogativi.Gadamer esclude programmaticamente la possibilità di un sapere assoluto; l'uomo non può mai trascendere i limiti della sua storicità in direzione di un sapere totale e concluso.
Gadamer sottolinea la finitudine e la storicità del nostro sapere, quindi recupera il concetto kantiano del limite contro l'idea hegeliana dell'assoluto. Gadamer dice che uno spirito assoluto di Hegel o il dio di Aristotele non ha bisogno di interpretare. L'interpretazione è la caratteristica di noi che siamo esseri finiti e storici cioè legati a una certa epoca storica.
L'ontologia ermeneutica: essere linguaggio e verità
Il linguaggio non è uno strumento ma coincide con l'essere (l'essere che può venir compreso è linguaggio). Tutte le forme di vita sono linguaggio. Da ciò si ha l'equazione essere=linguaggio=interpretazione.L'ermeneutica diventa una teoria dell'essere (ontologia).L'ermeneutica non è solo una tecnica dell'interpretazione; con Gadamer l'ermeneutica diventa qualcosa di universale cioè una dottrina dell'essere, dell'uomo. L'essere dell'uomo finito è linguaggio quindi interpretazione.Come viene interpretato il concetto di verità da Gadamer?Contro il punto di vista soggettivo tipico della filosofia moderna da Cartesio in avanti; Gadamer ristabilisce il primato dell'essere e quindi interpreta la verità come appartenenza all'essere (la comprensione è un momento dell'essere stesso e non anzitutto un fatto del soggetto).
Per Gadamer è molto importante il concetto di arte e quello di gioco (cioè l'interpretazione, attività dell'interpretare assomiglia a un gioco) nel senso che il soggetto o il signore del gioco non sono mai i giocatori me è il gioco stesso ossia l'essere e il linguaggio medesimo. Nel gioco dell'interpretazione non siamo noi che giochiamo ma siamo giocati dal gioco perché questo gioco in realtà è l'essere e noi apparteniamo a questo. E' l'essere che è signore di noi.Gadamer è anti soggetto centrico.Gadamer è stato uno degli allievi di Heidegger e rispetto a questo ha cambiato una tesi fondamentale.Per Heidegger tutta la storia della metafisica è una dimenticanza/oblio dell'essere a favore del predominio degli enti.Per Heidegger, da Parmenide in poi, i filosofi hanno dimenticato l'essere e si sono dedicati agli enti. Gadamer non ha una visione così negativa della storia della metafisica, ha una visione più positiva, ottimistica della storia della metafisica.
Anche per Gadamer la verità non è mai un umanistico afferrare ma un ontologico appartenere a qualcosa (l'essere-linguaggio incarnato nelle varie comunità e tradizioni storiche) che ci possiede e ci supera. La verità è appartenenza all'essere, questo è incarnato nel linguaggio il quale si traduce in interpretazione e l'interpretazione è sempre quella di una comunità, sfera storica collettiva che ci comprende. Come non ci sono valori universali, così non c'è una verità universale la quale è legata all'interpretazione, al linguaggio che è sempre storico e finito. Si può giungere a una concezione etnocentrica della verità (critica fatta a Gadamer e all'ermeneutica).La globalizzazione smentisce la tesi di Gadamer in quanto sta facendo nascere una verità che è dell'umanità e supera i confini delle singole civiltà.Sembra che la globalizzazione sta portando l'umanità verso una civiltà unica.
Gadamer direbbe che in ogni caso il concetto di verità come appartenenza non cambia, solo che mentre prima la verità era l'appartenenza a un popolo tedesco/francese ora diventa appartenenza al popolo globale che è costituito dalla globalizzazione.L'ermeneutica è quindi un processo infinito, è un gioco infinito, ovvero,inesauribile auto-rappresentazione o auto-manifestazione dell'essere nel linguaggio.
L'urbanizzazione dell'heideggerismo e la filosofia pratica:
Secondo Gadamer il soggetto non appartiene a se stesso bensì a qualcosa che va al di là del soggetto come la tradizione, verità, l'essere. Habermas afferma che Gadamer ha urbanizzato la filosofia heideggeriana. Gadamer ha trasformato l'ermeneutica in una filosofia pratica nel senso di morale cioè che governa i comportamenti pratici/morali/etici degli uomini, delle civiltà, delle culture.Quella di Heidegger era una riflessione ontologica, l'ermeneutica di Gadamer è centrata sulla pratica cioè sull'essere come essere pratico dell'uomo e quindi ha una valenza meno astratta.
L'ermeneutica di Gadamer ha un'incidenza pratica consistente nel tentativo di proporre una "razionalità responsabile" cioè una razionalità consapevole dei suoi limiti, delle sue basi e della sua storicità. Gadamer vuole renderci consapevoli dei limiti della nostra razionalità. L'ermeneutica può ambire ad essere una filosofia per l'incontro tra le civiltà lontane e diverse da noi.Mentre Heidegger aveva svolto una polemica molto aspra contro la scienza (una polemica anti-scientifica); Gadamer non è anti-scientifico ma anti-scientista cioè è contrario non alla scienza ma alla pretesa di predominio che la scienza ha su tutte le attività umane.
L'ermeneutica di Skinner (analisi del libro):
All'inizio del libro, Skinner spiega che normalmente si intende per storia del pensiero, la storia dei concetti fondamentali o delle questioni durature.Nel saggio fa molti esempi ricavati dalla storia del pensiero politico. Normalmente, dice Skinner, si pensa che per esempio nella storia del pensiero politico ci sono dei concetti fondamentali che rimangono da Platone fino ai nostri giorni.Questo è il modo tradizionale di interpretare la storia del pensiero.Il modo di Skinner è profondamente diverso, applicare dei paradigmi, dei modelli pre-costituiti alla storia del passato genera delle mitologia.Gran parte della prima parte del saggio è dedicata a classificare i diversi tipi di mitologie che Skinner vuole combattere.
1) Mitologia delle dottrine (pag. 14): essa consiste nell'idea che ogni sistema di pensiero debba sviluppare una determinata dottrina completa. Questa a sua volta si divide in due:
a) Anacronismo (pag. 15) consiste nell'applicare ad un autore del passato degli schemi che sono familiari per noi ma non lo erano all'epoca dell'autore considerato. Tra i vari esempi fatti da Skinner uno molto chiaro è quello di Marsilio da Padova (grande pensatore politico italiano del XIII secolo). Molte volte è stato studiato cercando di trovare in lui una teoria della divisione dei poteri (è una parte fondamentale del pensiero politico moderno e contemporaneo da Locke a Montesquieu in avanti si basa sul concetto della divisione dei poteri per cui il potere esecutivo è distinto dal potere legislativo e i due sono distinti dal potere giudiziario.Viene spontaneo ad uno storico che si occupa di autori del passato cercare la teoria della divisione dei poteri anche in Marsilio da Padova ma in lui non è presente.In questo modo, lo storico, pecca di anacronismo cioè applica un modello che per noi è familiare ad un autore del passato che non aveva ancora quel modello in quanto non era ancora stato elaborato.
b) Storia delle idee (pag.8): come è stata teorizzata e praticata da un autore americano della prima metà del 900 di nome Lovejoy. Secondo questo autore nella storia del pensiero ci sono delle idee base chiamate da lui "idee unità" che rimangono stabili e durature nel tempo (cambia la loro combinazione ma gli elementi fondamentali restano identici). Questa teoria delle idee di Lovejoy assomiglia alla teoria atomica (cambiano le molecole ma gli atomi di cui le molecole sono fatte restano uguali).Anche questa, secondo Skinner, è una vera e propria mitologia.
2) Mitologia (pag.21) opposta alla mitologia delle dottrine: per esempio nel caso del pensiero politico noi abbiamo un'idea, uno schema, un paradigma di quella che dovrebbe essere una teoria politica completa, critichiamo gli autori del passato se non hanno affrontato tutti gli aspetti di questo paradigma.In pratica ci serviamo del paradigma pre-costituito come un metro per misurare la completezza o la validità di una dottrina/teoria o autore che stiamo esaminando.
Ci sono due sottopunti:a) versione demonologica: deriva da demone perché tende a demonizzare l'autore spiegato cioè denigrarlo in modo molto pesante. A questo proposito, Skinner fa due esempi molto chiari di uno storico di origine tedesca emigrato negli Stati Uniti in quanto ebreo: Leo Strauss il quale ha scritto diverse opere di pensiero politico e si è occupato di due autori: Machiavelli e Th. Hobbes demonizzandoli. Ha denigrato il primo accusandolo di essere un immoralista e il secondo è stato accusato di essere ateo.In entrambi i casi si tratta di demonizzare cioè denigrazione dell'oggetto storico; prima ancora di capire che cosa volevano dire Machiavelli e Hobbes questi sono stati "etichettati" con delle categorie ritenute negative, svalutative.
b) approccio essenzialistico (pag. 23): si parte da una definizione di essenza (per esempio si dice l'essenza dello stato) e si considerano le teorie politiche del passato in rapporto a questa definizione di essenza come se lo stato fosse un'essenza che rimane permanente nel tempo.
3) Mitologia della coerenza: Si suppone che un autore nel corso di tutta la sua opera debba sempre essere coerente e si cerca di risolvere le antinomie che eventualmente si trovano in lui. Questa mitologia tende a negare o sminuire la possibilità di un'evoluzione nel pensiero di un autore.C'è la tendenza a riportare tutta l'opera di un autore a una sorta di coerenza stabile, unitaria e anche quando questa coerenza sembra non sussistere si fanno tutti gli sforzi per risolvere le antinomie cioè le contraddizioni; pertanto si dice che le antinomie sono soltanto apparenti e si afferma che invece nella sostanza il pensiero è coerente/unitario.Questa mitologia della coerenza tende ad appiattire il pensiero dell'autore e a renderlo monocorde, si negano evoluzioni, contrasti, contraddizioni, tutto ciò che può turbare la coerenza del pensiero dell'autore.
Skinner prende in esame alcuni pensatori classici (ad esempio come viene interpretato Hobbes da un grande storico di nome Hood il quale tende a negare le contraddizioni del pensiero di Hobbes).Intorno a Hobbes c'è una grande battaglia proprio perché il suo pensiero è contemporaneamente una teoria politica laica in cui la figura di Dio ha pochissimo rilievo e poi successivamente i temi religiosi, in particolare quelli ricavati dalla Bibbia sono dominanti.A questo punto ci si chiede: Qual'è il vero Hobbes?Gli autori hanno così cercato di stabilire una coerenza; chi è partito da un'ipotesi religiosa ha asserito che il vero Hobbes è quello della seconda parte del suo pensiero, e ha reinterpretato la prima parte del suo pensiero per farla quadrare con la seconda; altri, hanno dato un'interpretazione laica del suo pensiero.Skinner fa l'esempio e dice: vediamo che alla fine del Leviatano (dopo le parti che sembrano in contraddizione), Hobbes scrive il capitolo finale intitolato "Revisione e conclusione" nel quale troviamo che i temi religiosi sono completamente assenti.
Lo stesso Hobbes ci dà, quindi, una chiave per leggere la sua opera.Hood che è un seguace dell'interpretazione religiosa di Hobbes ignora o sminuisce il valore di questa conclusione.Un'altra versione di questa mitologia della coerenza è stata sviluppata da Leo Strauss il quale ha proposto di leggere gli autori classici che hanno vissuto in epoca di persecuzione tra le "righe".Questi autori che non hanno potuto esprimersi liberamente/pubblicamente hanno cercato di far capire tra "le righe" quello che era il loro vero pensiero. Strauss dice che anche quando Hobbes parla di Dio, in realtà sta nascondendo il suo vero pensiero, è una forma di simulazione o dissimulazione.La simulazione è dire il contrario di ciò che uno pensa. La dissimulazione è quando non si dice il falso ma si nasconde il vero.Secondo Strauss gli autori del 500 e del 600 hanno praticato delle tecniche si simulazione e di dissimulazione.In altri termini, noi non dobbiamo prendere alla lettera i loro testi ma cercare di decifrare il significato nascosto.Questo è un metodo pericoloso in quanto si rischia di far dire all'autore quello che vogliamo noi. Proprio per questo motivo, Skinner critica questo metodo e lo colloca tra le mitologie.
4) Mitologia della prolessi: (pag.34) Prolessi è un termine ricavato dal greco e significa anticipazione.Si considera un autore/testo/opera come se anticipasse dei temi/problemi che storicamente vengono dopo.Skinner fa diversi esempi: il più chiaro è quello riferito a uno storico americano di nome Talmond il quale ha visto nel pensiero di Rousseau un'anticipazione del totalitarismo del XX secolo.In generale ogni anticipazione è falsa. Noi molto spesso cadiamo in questa in quanto sappiamo come è andata a finire la storia quindi colleghiamo un autore del 600 con uno del 900.La prolessi se vogliamo è una variante dell'errore dell'anacronismo.
5) Mitologia del campanilismo (pag.37): pregiudizio del proprio paese. E' interpretare una cultura diversa dalla nostra con schemi che sono a noi familiari, cioè interpretare il lontano con le categorie o paradigmi che sono a noi vicini.Una variante del campanilismo è la teoria dell'influsso o delle influenze (pag. 38-39): cioè leggo gli autori in termini di influenze che hanno avuto da altri autori o dal passato.Molte volte queste influenze sono ingannevoli. Un'influenza deve essere documentata altrimenti si ricade nel paragone/parallelismo cioè confronto astratto.Fino adesso Skinner ha attaccato gli errori (mitologie) in cui facilmente cadono gli storici. Verso la fine del saggio cerca di sviluppare la pars costruens cioè la parte positiva.A questo proposito cerca di trarre alcune lezioni metodologiche.
Il metodo positivo che Skinner propone è il "contestualismo" cioè ogni opera/autore deve essere analizzata/o e interpretata/o nel suo contesto.
Capitolo 3: Interpretazione, razionalità e verità (pag.83)
Ruolo che le credenze rituali hanno nella spiegazione storica degli avvenimenti. Spesso lo storico quando studia il passato, le altre civiltà, epoche ha a che fare con delle credenze che intervengono e spiegano l'azione storica anche se ormai quelle credenze sono superate (es. nel 500/600 ci imbattiamo in credenze legate al demonio, alle streghe, ala sabba ecc..; oggi noi riteniamo che queste credenze sono false).La nostra spiegazione della storia cambia a seconda che riteniamo le credenze degli uomini del passato vere o false?Questo è il problema metodologico affrontato in questo capitolo.Skinner inizia discutere la tesi di Taylor secondo il quale non è possibile isolare il problema della spiegazione storica da quello della verità della credenza.Lo storico deve interrogarsi se la credenza che sta studiando riferendosi al passato è vera o falsa. Questo non è il punto di vista di Skinner!
Skinner cerca di delucidare le tesi dell'avversario il più possibile prima di criticarle e abbandonarle.Skinner dice: "Perché secondo Taylor è importante interrogarsi sulla verità di una credenza dal punto di vista di uno storico?Taylor dice che inevitabilmente se noi riteniamo che una credenza è falsa saremo portati a cercare altre spiegazioni storiche aggiuntive rispetto a quella credenza per spiegare gli avvenimenti. Se noi riteniamo che la credenza è vera siamo anche portati a credere che la credenza sa sola giustifica il comportamento e gli avvenimenti.Quando riteniamo che una credenza è falsa siamo portati a chiederci le ragioni che hanno portato ad adottare una credenza falsa e le interpretiamo in termini di carenza di razionalità.
A questo punto vengono proposte tre diverse regole metodologiche:
Skinner si pone il problema se la spiegazione storica di un concetto/parola/credenza richieda come condizione necessaria la sua traducibilità nel nostro linguaggio.La tesi della traducibilità è un problema sul quale si è soffermata la filosofia analitica del linguaggio secondo la quale questo problema si pone tra enunciati protocollari e teorici.I primi, sono quelli che descrivono un esperimento o avvenimento, sono il protocollo cioè il verbale di ciò che avviene; mentre i secondi, nella scienza ci serviamo di termini/concetti che invece non si vedono letteralmente negli esperimenti cioè non sono direttamente sperimentabili.Si è ritenuto che gli enunciati teorici dovevano essere traducibili in enunciati protocollari.
Questo è un criterio di traducibilità forte in quanto possiamo servirci di un termine teorico solo se è traducibile in termini osservativi. Esempio quando Machiavelli usa il termine virtù, è chiaro, che non ha più il significato cristiano/morale/religioso che ha oggi.Skinner si pone questo problema: lo storico deve essere in grado di tradurre un termine in uno corrispondente del nostro linguaggio? Molte volte questa traducibilità è impossibile.Questo vuol dire essere cattivi storici? No, perché noi possiamo sempre ricorrere a delle perifrasi e ricostruire un contesto che ci permette di capire ad esempio la parola "virtù" senza tradurla.Rinunciamo alla traducibilità ma non alla spiegazione storica.L'esigenza di traducibilità termine a termine p un requisito troppo forte che non solo lo storico talvolta non può soddisfare, anzi, in certi casi deve rinunciare.Se cerco la traducibilità cado in errore; se rinuncio a questa e cerco di ricostruire una spiegazione più ampia riesco ad esempio a capire che cosa intendeva Machiavelli con il termine virtù.
Un altro aspetto sul quale Skinner insiste molto in questo capitolo è che quando indaghiamo la razionalità di una credenza dobbiamo adottare come parametri di razionalità non i nostri ma quelli contestuali dell'autore o dell'epoca considerata.Si può fare un'obiezione a Skinner (lui fa questa obiezione a se stesso): "il tuo contestualismo non rischia di essere un relativismo (in storia diventa giustificazionismo)?La verità è relativa ad un contesto/epoca/civiltà.
Capitolo 4: Significato, atti linguistici e interpretazione
E' necessario tenere distinti il giudizio morale da quello storico. Quando parliamo di giudizio morale ci riferiamo al giudizio che diamo in base al codice di comportamenti, ai valori morali che noi adottiamo.Per dare un giudizio morale non c'è bisogno di studiare la storia; da quando Mosè ha asserito di non uccidere, il giudizio morale è quello di non uccidere. La storia come disciplina non ha il compito di dare giudizi morali.E' utile per lo storico interrogarsi sulla verità e razionalità delle credenze?Lo storico quando si interroga sulla razionalità di una credenza deve adottare come paradigma, modello di razionalità non il proprio ma quello dell'epoca o dell'autore considerato.
Perché dal punto di vista storico ci interroghiamo sul problema della razionalità di una credenza?Perché se riteniamo una credenza razionale per gli standard dell'epoca come storici siamo portati a credere che quella credenza è un motivo sufficiente per spiegare gli avvenimenti storici che ne derivano.Come storico non fornisco un giudizio morale ma cerco le cause degli avvenimenti e devo capire se mi basta la credenza oppure se devo invocare altre cause storiche che stanno dietro quella credenza e che sono più importanti rispetto a questa.
In questo capitolo viene alla luce la base filosofica dell'interpretazione di Skinner la quale è da cercare nella filosofia del linguaggio del XX secolo anglosassone e in particolare nella filosofia analitica inaugurata da Wittgenstein.Skinner fa riferimento a due autori:a)Wittgenstein b) Austin Il primo aveva messo in luce il fatto che quando studiamo il linguaggio, non dobbiamo fermarci solo al significato delle parole cioè quella che può essere chiamata "dimensione semantica". Altrettanto importante accanto alla dimensione semantica è la dimensione di uso del linguaggio cioè l'utilizzo che noi facciamo del linguaggio come se fosse uno strumento.Il linguaggio è una forma di azione!Wittgenstein aveva messo in luce che l'uso si rivela nei giochi linguistici e nelle forme di vita.Ogni forma di linguaggio è come un gioco che obbedisce a regole e serve per un uso.Poi, nell'ultima fase della sua vita, aveva allargato il concetto di gioco linguistico portandolo alla dimensione della forma di vita; cioè il linguaggio ha senso/significato/uso all'interno di una forma di vita (esempio linguaggio rituale utilizzato a messa ha un significato diverso dal linguaggio utilizzato nella vita quotidiana in quanto appartiene a una forma di vita diversa da quella della vita quotidiana).Wittgenstein faceva il paragone asserendo che le nostre parole sono come degli attrezzi in una scatola dell'artigiano (esempio la lima ha un uso diverso rispetto al cacciavite).Anche il linguaggio è implicato nell'azione ed è una forma di azione linguistica.
B) Austin aveva proseguito nella linea di Wittgenstein e aveva scritto un libro importante intitolato "Come fare cose con le parole" che noi possiamo tradurre più semplicemente così: "Quando dire è fare" (quando il dire è una forma di azione esempio la formula del matrimonio, promettere, giurare, quando il giudice assolve o condanna).Austin aveva chiarito che noi per ogni enunciato dobbiamo esaminare l'aspetto illocutorio e l'aspetto perlocutorio.Il primo deriva da il loquor= parlare, esprime la forza dell'enunciato (es. prendiamo la frase il ghiaccio è sottile, sono in riva a un lago e constato che è sottile ---> in questo caso non c'è una forza illocutoria è solo una constatazione, enunciato dichiarativo. Se invece sono un vigile e vedo un bambino che pattina sul ghiaccio e grido:"il ghiaccio è sottile", il mio enunciato ha anche una forza illocutoria di un avvertimento oppure quando si minaccia).L'aspetto perlocutorio, invece, è quello che descrive gli effetti o le conseguenze di un enunciato (esempio formula del matrimonio).
Questi concetti hanno un'applicazione anche quando noi studiamo da storici dei testi, cioè facciamo il mestiere dell'interpretazione di testi o autori del passato o presente.La teoria degli atti linguistici applicata alla storia non è una teoria che si basa sulle intenzioni degli autori.Secondo i critici, la tesi di Skinner, è quella di cercare le intenzioni degli autori, ma non è così in quanto egli ha sempre difeso la posizione antitenzionalista (qui Skinner fa riferimento al fatto che per una importante tradizione filosofica che risale allo storicismo tedesco dell'800 che poi è continuata nell'ermeneutica di Gadamer, comprendere un testo o un autore significa comprendere le intenzioni che l'autore ha avuto nello scrivere quel testo. Gli storicisti tedeschi dell'800 e principalmente Dilthey avevano ritenuto che lo storico attraverso una forma di empatia deve immedesimarsi nel testo o autore che viene studiato). Gadamer aveva parlato di "fusione degli orizzonti".
Questa concezione basata sul concetto base dell'idea di intenzione è stata molto criticata dalla filosofia analitica del linguaggio proprio perché le intenzioni in quanto sono interne a ciascuno non possono essere colte dall'esterno. Secondo la filosofia del linguaggio, tutto ciò che noi possiamo comprendere deve essere oggettivabile cioè deve esprimersi in linguaggio o azioni. Tutto ciò che noi possiamo cogliere/studiare è ciò che viene espresso in modo "pubblico" ciò che è privato (l'intenzione) è sottratto alla nostra comprensione.(esempio di Defoe ---> pag.134 il modo più breve per cavarsela con i dissedenti è quello di uccidere. La forza illocutoria di questo significato nello scritto di Defoe è un'esortazione a uccidere i dissedenti ma è un'ironia sull'intolleranza).L'ironia è il caso più eclatante davanti al quale si trova uno storico e che lo spinge appunto ad esaminare l'aspetto non del significato ma dell'atto linguistico che l'autore sta compiendo scrivendo un certo testo. Se uno si esprime con ironia sta asserendo il contrario di quello che apparentemente dice.Noi dobbiamo ricostruire il contesto di un'opera per capire quale era l'uso che l'autore voleva dare alle frasi che sono contenute in un'opera. Dobbiamo considerare gli enunciati come delle mosse (perché l'autore l'ha fatta? Contro chi? Quali regole stava seguendo?).
Skinner si chiede se il suo contestualismo si avvicina alle tesi che sono state enunciate in Francia da Michel Foucault il quale ha sostenuto la tesi della "morte dell'autore" cioè per comprendere un'opera letteraria, filosofica ecc... l'individualità dell'autore è poco importante cioè è secondaria rispetto alle convenzioni linguistiche ed epistemiche vigenti nella sua opera. In un certo senso l'autore è condizionato/attraversato dal linguaggio. L'episteme condiziona l'opera dei singoli individui.Skinner non arriva ad affermare la morte dell'autore ma anche lui in un certo senso mette al di sopra dell'individualità dell'autore il contesto e il gioco linguistico che si esprime nel contesto.Qui si trova una delle poche prese di posizione contro l'ermeneutica.
Noi accediamo, comprendiamo le intenzioni che l'autore ha non attraverso un processo di empatia ma attraverso l'uso di convenzioni linguistiche, pubbliche e quindi intersoggettive.Ad esempio le espressioni del volto possono essere interpretate come un linguaggio comprensibile solo alla luce di convenzioni cioè regole pattuite.Altro esempio: quando leggiamo le Meditazione di Cartesio possiamo constatare che tutta la prima parte è volta a confutare i dubbi dello scetticismo; ci sembrano strani/artefatti ma se studiamo il contesto dell'opera di Cartesio ci rendiamo contro che tra la fine del 500 e la prima metà del 600 c'era stata una rinascita dello scetticismo e quindi Cartesio con quelle argomentazioni stava giocando un gioco linguistico, una serie di mosse argomentative che avevano una forza illocutoria proprio perché si rivolgevano al contesto scettico in cui era emerso.Se noi non studiamo il contesto ma ci fermiamo al puro significato del testo cartesiano non lo comprendiamo in tutta la sua forza illocutoria. Uno dei modi più naturali di interpretare la storia del pensiero è quella di dire che i pensatori affrontano gli stessi problemi, danno tutti delle risposte a delle eterne domande. E' come se la storia fosse una "grande conversazione" (Rorty) in cui i grandi autori del passato dialogano intorno agli stessi problemi.Il punto di vista di Skinner è esattamente l'opposto, cioè non esistono eterni problemi e eterne domande ma ogni discorso è storicamente individuale; cioè è calato in un contesto che è storicamente individuale/individuato.Noi studiamo i testi per la loro individualità storica.Secondo Skinner l'idea di una grande conversazione che si sviluppa a cavallo dei secoli è sbagliata, è una finzione e non ha un significato storico reale ma solo un significato immaginario.
La storia, asserisce Skinner, non è una lezione basata sull'identità o somiglianza fra persone e passato ma è una lezione sulla diversità tra noi e gli altri, diversità che ci aiuta a comprendere la contingenza della nostra civiltà. Studiando la storia compiamo che la nostra civiltà non è l'unico modo per organizzare la vita degli uomini; ma altri uomini hanno costruito la loro civiltà con regole, comportamenti diversi dai nostri.La storia è anche lezione di libertà cioè noi siamo liberi di fare/costruire la nostra storia/società in modo diverso da come si presenta; così come altri popoli/civiltà si sono organizzati in modo diverso rispetto a noi.La storia è principalmente una lezione di diversità, contingenza, libertà e di responsabilità perché dove c'è libertà c'è responsabilità.A questo punto, Skinner, fa riferimento a Karl Popper che ha scritto un libro intitolato "La società aperta e i suoi nemici". La società aperta è la società liberale, democratica opposta ai suoi nemici: totalitarismo.Skinner asserisce che studiare la storia come la presenta lui è un modo per difendere la società aperta, cioè per mantenere la nostra società aperta a opzioni, alternative, soluzioni rispetto a quelle che per noi sono abituali.
Modello ermeneutico di Gadamer e interpretativo di Skinner:
Predominano le differenze!
1) Concetto di ermeneutica: Skinner non adopera la parola ermeneutica ma parla costantemente di interpretazione e da un punto di vista letterale è la stessa cosa (ermeneutica=interpretazione). Mentre Gadamer aveva esteso il concetto di ermeneutica; Skinner lo fa ritornare al suo significato originario più ristretto, più limitato cioè interpretazione dei testi e dei documenti del passato. Si ha una concezione dell'interpretazione meno globale, metafisica di quella di Gadamer.Skinner vuole ritornare all'esperienza dell'interpretazione dei testi.
2) Per Gadamer in "Verità e metodo" interpretare=comprendere e interpretare coincide con l'esistenza stessa. L'esistenza dell'uomo, per Gadamer, è tutta un interpretare. Con Skinner si ha una differenza importante ma se si vuole si può avere un punto di contatto.Skinner non fa un discorso sull'esistenza dell'uomo nella sua globalità. Per Skinner l'interpretazione è un'attività dell'esistenza umana e non l'attività dell'esistenza umana. L'esistenza umana è più ricca dell'interpretare.Tra Skinner e Gadamer ci può essere un punto di contatto: per Skinner una delle fonti principali è Wittgenstein (la filosofia analitica anglosassone ha due padri: Moore e Wittgenstein) il quale veniva da una famiglia più in vista dell'impero austroungarico. Fece studi di ingegneria, poi, scoprì la passione per la filosofia.Decise di andare a studiare a Cambridge e aveva come maestro Moore.In Wittgenstein ci sono due fasi: la prima è quella del Tractatus. E' una fase neopositivistica; mentre la seconda fase inizia con la filosofia analitica e rinuncia di fondare una filosofia della scienza potente e si sofferma sull'analisi del linguaggio ordinario e non su quello scientifico.Wittgenstein elaborò il concetto di "forme di vita" o sfere di vita partendo dall'analisi del linguaggio ordinario. Il linguaggio, secondo il "secondo" Wittgenstein, non deve essere considerato isolatamente come mezzo di comunicazione linguistica ma deve essere considerato/studiato/interpretato all'interno della sfera o forma di vita alla quale appartiene (ad esempio il discorso religioso sul peccato ha senso solo all'interno di una forma di vita che è quella religiosa).Attraverso il concetto di forme di vita, il linguaggio potrebbe acquisire un significato generale/universale/globale simile a quello che ha all'interno della filosofia di Gadamer.Rorty ("in filosofia e specchio dell'anima") combina Heidegger e Gadamer da una parte e tutta la filosofia analitica del linguaggio dall'altra.
3) Circolo ermeneutico: Skinner mette più l'accento sulle discontinuità tra presente e passato, soggetto e oggetto, interpretante e interpretato; cioè la storia per Skinner è una lezione di differenze. Gadamer cerca la fusione degli orizzonti anche se l'interpretazione è infinita (la fusione non si realizza mai), prevale il tentativo di assimilare cioè rendere simile; per Skinner è importante che lo storico sia consapevole delle differenze, dissomiglianze tra presente e passato.Skinner non parla mai del circolo ermeneutico (è impossibile distinguere l'oggetto dai pregiudizi con i quali li affronto).Per Skinner la storia, se è veramente storia, deve mettermi in grado di capire qual'è la differenza ad esempio tra il mio concetto di virtù e quello di Machiavelli.Per Skinner non esistono domande, problemi perenni a cui si danno risposte differenti nel tempo, ma come cambiano le risposte, cambiano anche i problemi.L'ermeneutica è il tentativo di mettermi in contatto diretto con gli autori e filosofi del passato (per Skinner non è così).Per Gadamer l'alterità è il punto di partenza, mentre, la fusione degli orizzonti è il punto di arrivo.Per Skinner l'alterità è il punto di arrivo, cioè lo scopo è la conoscenza dell'alterità. Secondo Skinner, noi in qualche maniera, attraverso il metodo del contestualismo possiamo oggettivare i nostri pregiudizi e neutralizzarli e così riusciamo anche ad oggettivare il testo, la filosofia e il pensatore che stiamo studiando.Quello di Skinner è un approccio più scientifico all'interpretazione dei testi; quello di Gadamer è un approccio più esistenziale che a un certo punto diventa metafisico (precisamente quando asserisce che essere equivale a interpretare).Infine bisogna asserire che il contesto di Skinner è scientifico, empiristico, analitico e anti-metafisico; quello di Gadamer è metafisico, anti-empiristico e anti-scientistico.
4) In Gadamer c'è una vera e propria ontologia ermeneutica. L'essere è linguaggio per Gadamer, tutte le forme di vita sono linguaggio e all'interno di questa ontologia ermeneutica si concretizza l'idea della verità come appartenenza (la comprensione è un momento dell'essere stesso e non anzitutto un fatto del soggetto). Per Gadamer la verità non è mai un umanistico afferrare ma un ontologico appartenere a qualcosa cioè l'essere-linguaggio che ci possiede e ci supera.La nozione di contesto può essere avvicinata, paragonata alla verità come appartenenza?La verità come appartenenza di Gadamer mi domina; io sono dominato dalla verità a cui appartengo, non posso uscire dal contesto a cui appartengo ed è per questo che ha un significato metafisico.Per Skinner ogni contesto è limitato e dominabile! Per Gadamer il contesto cioè la verità come appartenenza è un destino a cui non si sfugge; per Skinner il contesto è una tecnica che si può padroneggiare e quindi non è un destino e dipende dalla mia libertà e responsabilità.Ogni momento storico è contingente!
Capitolo 5: Linguaggio e mutamento sociale
Il metodo di Skinner e la sua maniera di fare storia sono incentrati sulla documentazione linguistica. Noi letteralmente quando facciamo storia del pensiero, facciamo storia dei testi scritti cioè lavoriamo su documenti linguistici.I grandi maestri di Skinner sono stati Wittgenstein, Austin e Searle. D'altra parte, Skinner, a differenza dei filosofi del linguaggio è uno storico. Lo storico aggiunge una dimensione in più allo studio del linguaggio ed è la "dimensione storica temporale" cioè si ritiene che il linguaggio ha un'evoluzione.Mentre il filosofo analitico tende a considerare il linguaggio dal punto di vista logico (lo fissa nelle sue caratteristiche logiche che sono permanenti e non cambiano da un linguaggio all'altro se consideriamo il linguaggio occidentale tradizionale); lo storico, invece, si rende conto che il materiale sul quale lavora non ha una fissità logica ma ha una dinamica evolutiva e storica.Questa dinamica evolutiva e storica è legata/correlata/connessa anche all'evoluzione sociale (cioè evoluzione della società).
Il linguaggio ha una duplice dimensione: storica e sociale le quali sono legate nel tempo e conoscono una loro specifica evoluzione.C'è un mutamento del linguaggio e un mutamento della società.Skinner in questo saggio solleva alcuni interrogativi:1) di carattere generale riguarda il linguaggio stesso, cioè noi siamo abituati a considerare il significato della parole termine a termine (esempio: quando noi troviamo in una società, in un'epoca storica la parola arte/religione/politica, ci interroghiamo sul significato di quella parola in quell'epoca o società "Che cos'era l'arte per gli egiziani?).Ci rendiamo conto immediatamente che anche noi ad esempio abbiamo un'arte ma il significato della parola arte è cambiato.Siamo naturalmente persuasi che il significato delle parole cambia nel tempo ma molte volte ci limitiamo a considerare il significato delle parole isolatamente.Skinner invita a considerare che non solo cambia il significato della singola parola o del singolo concetto ma cambiano anche i rapporti tra questo significato e altri significati all'interno del discorso.
Skinner asserisce che noi dobbiamo considerare il linguaggio e il significato delle parole in una "prospettiva olistica" e a questo proposito critica Williams e il suo libro intitolato "Key Words" e dice che questo ha trascurato l'aspetto olistico del linguaggio. Il termine olistico viene dalla parola greca olos= tutto/intero.Noi dobbiamo considerare il significato dei termini in una prospettiva olistica cioè non singolarmente ma nella globalità del linguaggio.Skinner, successivamente, fornisce alcune raccomandazioni utili: sottolineatura degli usi del linguaggio il quale è essenzialmente uno strumento che corrisponde a determinati usi.Il campo di riferimento è il campo di applicazione del termine conoscere.Afferrare il significato e il riferimento della parola.
2) L'altro interrogativo sollevato in questo capitolo è il rapporto tra mutamento linguistico e sociale cioè quale sia la causa e l'effetto.Ci sono delle teorie le quali ritengono che la causa del mutamento linguistico è il mutamento sociale e che fondamentalmente i mutamenti del linguaggio sono determinati dai mutamenti della società.Basta studiare la storia della società per capire perché e come il linguaggio è cambiato. La tesi di Skinner è che questa spiegazione è troppo univoca e semplicistica cioè troppo pluridirezionale.Secondo Skinner, in realtà i processi non sono unidirezionali ma bidirezionali cioè la causalità è reciproca; cioè molte volte gli uomini sono costretti a cambiare il linguaggio per rendersi accettabili alla società nella quale vivono.Non è solo la società che cambia il linguaggio ma è anche un cambiamento del linguaggio che finisce per cambiare la società.Esempio di Skinner: evoluzione tipica che è legata sia nel linguaggio sia nella società alla nascita di figure moderne come quella del mercante e del banchiere cioè figure borghesi per eccellenza che nascono in Italia fra il 300 e 400 e poi in Europa tra il 400 e il 500.Nell'Europa del Medioevo sul banchiere gravava una pesante condanna morale in quanto il far pagare un interesse sul capitale era una forma di usura; quindi il banchiere era essenzialmente un usuraio.Sul mercante non gravava questa condanna in quanto comprava merci e vendeva.L'etica del mercante è basata sul calcolo, sull'economia, sul risparmio ed è tenuto a comportarsi secondo dei principi di stretta e rigida economia.Nell'Europa dell'ancient regime la figura sociale più elevata è il nobile che non vive secondo i principi dell'economia infatti spende di più di ciò che guadagna. Il nobile considera l'economia un'avarizia/una meschinità, invece, lo spendere e spandere è considerato come un segno di generosità e di potenza.
La figura del banchiere e del mercante sono importanti e emergenti nella storia, hanno un'enorme difficoltà a farsi accettare dai valori dominanti della società del loro tempo; hanno bisogno di esprimere un discorso cioè un linguaggio che descriva la loro attività non come vizi o peccati ma come qualità positive.Esaminando l'ascesa di queste due figure chiave, vediamo che il loro linguaggio è influenzato dalla società, cioè su di loro grava la condanna religiosa o morale/sociologica della società del loro tempo ma al tempo stesso producono un linguaggio di giustificazione delle loro attività che poco alla volta trasforma la società del loro tempo.Alla fine del 700 sono figure pienamente accettate e le commedie del Goldoni sono diventate una satira della nobiltà (l'autore è più dalla parte del mercante che non quella del nobile).Il linguaggio prodotto dal mercante per secoli ha finito per rovesciare i valori, portatore di una morale plebea, ristretta e disprezzante e il nobile era invece di grande animo.Quello che era un valore è diventato un disvalore; quello che era un vizio è diventato un valore.
C'è un'interazione reciproca tra pratiche sociali e lessico. Non sono solo le pratiche che creano il lessico ma è anche il lessico che rende accettabili e quindi rafforza, consolida le pratiche sociali.Il metodo praticato da Skinner è diventato una vera e propria scuola storiografica!
Capitolo 6: Retorica e mutamento concettuale
Fino agli anni '70 Skinner era convinto che si potesse cambiare il significato valutativo dei termini manipolando il lessico (esempio il mercante e banchiere; il comportamento del mercante può essere descritto come avarizia o parsimonia, nel primo caso il termine valutativo è negativo, nel secondo è positivo).Il mutamento concettuale e sociale ha portato un'intera società a definire come virtù quello che prima era descritto come un vizio.Si è passati da un termine valutativo negativo a uno positivo.Skinner dice che quando si è immerso nello studio dei teorici antichi dell'eloquenza cioè i retorici (Aristotele, Cicerone e Quintiliano) si è reso conto che questo mutamento concettuale che è anche un mutamento di valutazione si poteva ottenere in una maniera diversa; non attraverso la manipolazione ma attraverso una tecnica che era ben nota agli antichi e che Skinner chiama "ridescrizione retorica".
Su che cosa si basa questa?
Bisogna riesumare un concetto tipico della morale antica e sopratutto della morale aristotelica; secondo quest'ultima ogni virtù è il punto di mezzo tra due estremi opposti che sono entrambi vizi (esempio virtù della generosità avarizia e prodigalità). Sono una questione di giusto mezzo. La morale aristotelica ha dominato per millenni.Il retore cioè l'oratore (colui che parla in pubblico esempio Demostene e Cicerone) è capace di persuadere il pubblico, il suo uditorio non in base alla conoscenza scientifica in quanto altrimenti sarebbe uno scienziato o filosofo ma facendo leva sulle "passioni dell'uditorio".L'avvocato ad esempio è un retore non è tenuto a una presentazione scientifica della verità dei fatti. Anche il politico è un retore.Una situazione classica/tipica del discorso retorico è la ridescrizione retorica cioè quando il retore o oratore ridescrive un vizio come una virtù o viceversa perché vizi e virtù sono tra loro vicini.
Perché è possibile ridescrivere un vizio in una virtù e viceversa?
Proprio perché vizi e virtù sono tra loro vicini basta spostare il punto medio da una parte o dall'altra e così si ottiene la ridescrizione retorica.Skinner riporta esempi da Aristotele e Quintiliano e infine è presente un esempio tratto da Nietzsche il quale descrive come è nata la morale cristiana.I cristiani rivolgendosi ai più umili, schiavi e non al superuomo hanno finito per santificare e trasformare in virtù proprio le debolezze e le miserie dei poveri. Hanno trasformato l'impotenza (è il peggior difetto che secondo Nietzsche l'uomo può avere) in umiltà davanti a Dio e ne hanno fatto il cardine della morale cristiana.Secondo Skinner, Nietzsche, non ha fatto altro che mostrare in azione una tecnica di ridescrizione retorica.Un vizio viene descritto come una virtù, un difetto come un pregio.Nietzsche presenta la ridescrizione retorica fatta dai cristiani come una fabbrica di menzogne.
Capitolo 7: Gli storici britannici e il culto del fatto
E' una polemica contro lo storico e predecessore di Skinner: Sir Joffrey Elton. Skinner polemizza contro questo in quanto rappresenta la vecchia scuola della storiografia cioè quella empirista britannica per la quale la storia è essenzialmente accertamento dei fatti storici.Skinner mostra in un certo senso che i fatti storici allo stato puro non esistono o meglio i fatti dipendono dalla maniera in cui noi interroghiamo la storia (qui viene fatto l'esempio del castello di Chatsworth).La stessa nozione di fatto storico non è una cosa basilare, un enunciato protocollare ma dipende dal mio obiettivo della ricerca storica.In generale, si può asserire che questa è una polemica in nome della nuova storia contestualistica e della storia della mentalità che Skinner difende contro le obiezioni di Elton (come si fa a studiare la mentalità di un'epoca? Non è un fatto!).
Ha insegnato per gli ultimi 20 anni a Cambridge, era regius professor (professore della regina) di storia moderna.Grande specialista della storia della filosofia politica e in particolare di Thomas Hobbes (su di lui ha scritto due grossi volumi).I suoi libri più importanti sono due: "Una storia del pensiero politico del rinascimento e della riforma (tradotta in italiano) e un libro importante su Hobbes il quale non è mai stato tradotto "Reason and rhetoric in the philosophy of Th. Hobbes".Skinner ha avuto nella sua giovinezza, all'inizio della sua carriera una formazione di filosofo analitico.E' un filosofo che si è trasformato in "storico della filosofia".
Qual è il metodo buono per studiare il passato?
Skinner è molto attento a non fare un discorso tutto in astratto, proprio per questo lo riempie con numerosi esempi.In questa mia trattazione su Skinner prenderò in esame il seguente libro:
"Dell'interpretazione" ,Quentin Skinner, il Mulino
Breve excursus di ermeneutica:
La metodologia è importante perché dalla riflessione sul metodo nasce anche la consapevolezza di quello che è la storia della filosofia (a cosa serve, perché si fa storia della filosofia e non solo filosofia, perché si studiano gli autori del passato ecc...).Quali problemi pone? Incontrare il passato ( è morto) è come incontrare lo straniero ( è presente, vivo) per noi!Il problema del metodo è importantissimo per una disciplina di carattere storico cioè che guarda al suo passato.
La filosofia contemporanea è divisa tra continentali e analitici; la filosofia anglosassone ha seguito un orientamento analitico/scientifico; mentre la filosofia continentale è stata influenzata da un altro genere di filosofia: quella di Hegel, Marx, Heidegger e la filosofia italiana ha seguito in buona parte l'orientamento continentale.Uno degli orientamenti importanti della filosofia continentale è la cosiddetta ermeneutica (deriva da una parola greca ermeneuein =interpretare; ermeneutiké = interpretazione.Il metodo di Skinner è polemico, contrario, opposto, avversario a quello dell'ermeneutica (in questo Skinner è molto inglese).Il grande inventore dell'ermeneutica nella filosofia contemporanea è il filosofo tedesco Gadamer. Skinner non ha preso nulla dall'ermeneutica di Gadamer.
Quando nasce l'ermeneutica?
Ha una sua preistoria e nasce alla fine del '700 inizi dell'800 con l'opera del filosofo tedesco Schleiermacher. Nasce come tecnica di lettura dei testi il cui senso non era immediatamente evidente a causa di qualche distanza (linguistica, storica, temporale) tra noi e il testo. In particolare nel '700 l'ermeneutica era nata come tecnica per interpretare la Bibbia nel mondo protestante.La seconda tappa è rappresentata dalla filosofia di Heidegger.
Con tale filosofo il comprendere si configura come una delle strutture costitutive dell'esserci il cui essere nel mondo si accompagna sempre a una comprensione o pre-comprensione del mondo incarnata dal linguaggio (essere qui; noi siamo degli individui gettati nel mondo, siamo calati in una situazione particolare). Il fatto di essere stati gettati in un determinato periodo storico, in una situazione geografica, politica ecc... produce in noi una pre-comprensione cioè prima di comprendere l'altro noi abbiamo già una serie di idee, pregiudizi che condizionano la nostra comprensione dell'altro.
La terza tappa è rappresentata da Gadamer (1900-2002) il quale nel 1960 pubblicò quello che viene considerato il testo base dell'ermeneutica: "Verità e metodo". Con Gadamer si ha l'universalizzazione dell'ermeneutica, cioè questa diventa un metodo generale che investe tutta la filosofia cioè si passa dall'ermeneutica come problema di metodo, all'ermeneutica come problema ontologico.
Mette in luce le condizioni del comprendere. Gadamer stabilisce un'equivalenza per cui comprendere=interpretare; interpretare =coincide con l'esistenza stessa. Il nostro esistere, per Gadamer, è un continuo interpretare.L'esistenza è definita dal comprendere nella sua finitezza e storicità. Il nostro esistere, comprendere è sempre finito, limitato e storico (legato a una posizione storica), storicizzato, non è universale.Il comprendere è un'esperienza di verità irriducibile al metodo della scienza; Gadamer contrappone il metodo dell'ermeneutica al metodo scientifico.Qui si ha il trionfo di quelle concezioni che insistono sulla differenza tra la cultura scientifica e umanistica.Secondo Gadamer l'ermeneutica ci dà un'esperienza di verità che non solo si contrappone al metodo scientifico ma va oltre, lo supera.
L'ermeneutica fonda le scienze dello spirito (filosofia, arte, storia sono forme di esperienza in cui si annuncia una verità che non può essere verificata con il metodo scientifico) e queste stanno al di fuori della scienza, si oppongono e la superano. Per illustrare questa separazione/opposizione tra ermeneutica e scienza, Gadamer sottolinea molto la vicinanza tra l'ermeneutica cioè l'atto di interpretare e l'arte perché quest'ultima modifica contemporaneamente il soggetto e l'oggetto in quanto quando io mi avvicino ad un'opera d'arte, ne sono modificato cioè subisco un'impressione ma a mia volta interpretando ad esempio un quadro in un certo modo, gli conferisco un significato, per cui io letteralmente modifico il significato del quadro.C'è un'interazione tra soggetto e oggetto (questo è tipico dell'arte ma anche dell'atto di interpretazione). La scienza vuole essere oggettiva. Alla visione oggettivistica della scienza, si contrappone per Gadamer l'interazione tra il soggetto e l'oggetto che si realizza nell'arte e nell'interpretazione.Quali conseguenze ha questo quando ci avviciniamo ad esempio a un testo o documento del passato?
Schleiermacher credeva ancora che si potesse fare una ricostruzione del passato, mentre secondo Gadamer questa ricostruzione era impossibile in quanto è una falsificazione in ultima analisi perché la vita che viene restaurata/ricostruita non è più la vita originaria.Gadamer contrappone a questa ricostruzione impossibile il concetto di "integrazione (concetto ripreso da Hegel): cioè pensare il passato in relazione al presente tramite un'opera di mediazione di ciò che è stato con ciò che è (è una sorta di integrazione del presente con il passato).
Circolo ermeneutico: l'interpretante accede all'interpretato solo attraverso una serie di pre-comprensioni o di pregiudizi e a sua volta l'interpretato agisce sull'interpretazione modificandolo.Interpretante ----------------> interpretato (es. testo)(lettore, osservatore) <-------------------In filosofia di solito il circolo è vizioso, mentre per Gadamer è l'aspetto più positivo e interessante dell'ermeneutica.Questo circolo non è un limite ma un pregio. L'urto tra l'interpretante e interpretato è benefico cioè serve a smontare i pregiudizi/pre-comprensioni dell'interpretante; però il circolo ermeneutico rivela il carattere storico e finito della razionalità umana che è sempre un "progetto gettato" (Heidegger).
Non esiste un'interpretazione universale perché l'interpretante è sempre condizionato dalle pre-comprensioni/pregiudizi (questi cambiano con l'urto ma non scompaiono).L'interpretazione è sempre storico-finita, cioè non è universale/eterna; è sempre legata a un'epoca particolare.Nell'interpretato noi troviamo sempre cose nuove perché l'interpretante è diverso.L'interpretazione non è definita, cambia/avanza sempre e trova ricchezze sempre nuove nell'oggetto storico.Se l'interpretazione non è mai finita, ma è sempre storica e finita cioè condizionata dal punto di vista dell'interpretante; dal punto di vista dei pregiudizi e della pre-comprensione dell'interpretante bisogna asserire che non esistono valori (si parla di questi grazie all'Illuminismo) universali e questo pone numerosi problemi.
L'ermeneutica rischia di trascinarci in una posizione di relativismo storico per cui i valori/certezze sono relativi all'epoca in cui sono enunciati.In Gadamer si trova una polemica contro l'Illuminismo (filosofia di liberazione dai pregiudizi) e ritiene che i pregiudizi sono ineliminabili (in quanto l'idea di liberarsi da un pregiudizio è un pregiudizio).
Il lavoro ermeneutico implica una tensione fra estraneità e familiarità (con l'oggetto si ha una familiarità e anche estraneità). La lontananza fra l'interpretante e l'interpretato nell'incontro ermeneutico è riempita dalla tradizione.Perché possiamo capire un testo di 2000 anni fa appartenente a una cultura diversa? Perché tra noi e il testo c'è una tradizione di interpretazione/lettura che colma la distanza.Questa storia della tradizione è chiamata da Gadamer "Wirkungsgeschichte" (storia degli effetti).Tra me e il testo c'è tutta una tradizione, che è una storia degli effetti che il testo ha prodotto sulla cultura europea e grazie a questa catena noi riusciamo a capire un determinato testo; se la catena si fosse spezzata non si potrebbe capire.Quando noi leggiamo un testo è come se questo avesse uno spessore e quest'ultimo è la tradizione cioè gli effetti che ha provocato dal tempo in cui è stato concepito fino a me che lo vedo/leggo.L'incontro ermeneutico tra il soggetto e l'oggetto consiste nella "fusione degli orizzonti" (quando ad esempio leggo Omero è come se si realizzasse una fusione tra l'orizzonte mentale di Omero e il mio orizzonte mentale).
C'è una compenetrazione tra il soggetto e l'oggetto. Questo significa che non c'è mai un'interpretazione uguale a un'altra, non c'è mai un'interpretazione universale, non c'è mai un'interpretazione assoluta e definitiva.Per Gadamer si realizza un dialogo tra il presente e il passato; spesso Gadamer ricorda la dialettica platonica (arte dell'interrogare cioè del porre domande e avere risposte).Il testo nasce come una domanda e pone a noi continui nuovi interrogativi.Gadamer esclude programmaticamente la possibilità di un sapere assoluto; l'uomo non può mai trascendere i limiti della sua storicità in direzione di un sapere totale e concluso.
Gadamer sottolinea la finitudine e la storicità del nostro sapere, quindi recupera il concetto kantiano del limite contro l'idea hegeliana dell'assoluto. Gadamer dice che uno spirito assoluto di Hegel o il dio di Aristotele non ha bisogno di interpretare. L'interpretazione è la caratteristica di noi che siamo esseri finiti e storici cioè legati a una certa epoca storica.
L'ontologia ermeneutica: essere linguaggio e verità
Il linguaggio non è uno strumento ma coincide con l'essere (l'essere che può venir compreso è linguaggio). Tutte le forme di vita sono linguaggio. Da ciò si ha l'equazione essere=linguaggio=interpretazione.L'ermeneutica diventa una teoria dell'essere (ontologia).L'ermeneutica non è solo una tecnica dell'interpretazione; con Gadamer l'ermeneutica diventa qualcosa di universale cioè una dottrina dell'essere, dell'uomo. L'essere dell'uomo finito è linguaggio quindi interpretazione.Come viene interpretato il concetto di verità da Gadamer?Contro il punto di vista soggettivo tipico della filosofia moderna da Cartesio in avanti; Gadamer ristabilisce il primato dell'essere e quindi interpreta la verità come appartenenza all'essere (la comprensione è un momento dell'essere stesso e non anzitutto un fatto del soggetto).
Per Gadamer è molto importante il concetto di arte e quello di gioco (cioè l'interpretazione, attività dell'interpretare assomiglia a un gioco) nel senso che il soggetto o il signore del gioco non sono mai i giocatori me è il gioco stesso ossia l'essere e il linguaggio medesimo. Nel gioco dell'interpretazione non siamo noi che giochiamo ma siamo giocati dal gioco perché questo gioco in realtà è l'essere e noi apparteniamo a questo. E' l'essere che è signore di noi.Gadamer è anti soggetto centrico.Gadamer è stato uno degli allievi di Heidegger e rispetto a questo ha cambiato una tesi fondamentale.Per Heidegger tutta la storia della metafisica è una dimenticanza/oblio dell'essere a favore del predominio degli enti.Per Heidegger, da Parmenide in poi, i filosofi hanno dimenticato l'essere e si sono dedicati agli enti. Gadamer non ha una visione così negativa della storia della metafisica, ha una visione più positiva, ottimistica della storia della metafisica.
Anche per Gadamer la verità non è mai un umanistico afferrare ma un ontologico appartenere a qualcosa (l'essere-linguaggio incarnato nelle varie comunità e tradizioni storiche) che ci possiede e ci supera. La verità è appartenenza all'essere, questo è incarnato nel linguaggio il quale si traduce in interpretazione e l'interpretazione è sempre quella di una comunità, sfera storica collettiva che ci comprende. Come non ci sono valori universali, così non c'è una verità universale la quale è legata all'interpretazione, al linguaggio che è sempre storico e finito. Si può giungere a una concezione etnocentrica della verità (critica fatta a Gadamer e all'ermeneutica).La globalizzazione smentisce la tesi di Gadamer in quanto sta facendo nascere una verità che è dell'umanità e supera i confini delle singole civiltà.Sembra che la globalizzazione sta portando l'umanità verso una civiltà unica.
Gadamer direbbe che in ogni caso il concetto di verità come appartenenza non cambia, solo che mentre prima la verità era l'appartenenza a un popolo tedesco/francese ora diventa appartenenza al popolo globale che è costituito dalla globalizzazione.L'ermeneutica è quindi un processo infinito, è un gioco infinito, ovvero,inesauribile auto-rappresentazione o auto-manifestazione dell'essere nel linguaggio.
L'urbanizzazione dell'heideggerismo e la filosofia pratica:
Secondo Gadamer il soggetto non appartiene a se stesso bensì a qualcosa che va al di là del soggetto come la tradizione, verità, l'essere. Habermas afferma che Gadamer ha urbanizzato la filosofia heideggeriana. Gadamer ha trasformato l'ermeneutica in una filosofia pratica nel senso di morale cioè che governa i comportamenti pratici/morali/etici degli uomini, delle civiltà, delle culture.Quella di Heidegger era una riflessione ontologica, l'ermeneutica di Gadamer è centrata sulla pratica cioè sull'essere come essere pratico dell'uomo e quindi ha una valenza meno astratta.
L'ermeneutica di Gadamer ha un'incidenza pratica consistente nel tentativo di proporre una "razionalità responsabile" cioè una razionalità consapevole dei suoi limiti, delle sue basi e della sua storicità. Gadamer vuole renderci consapevoli dei limiti della nostra razionalità. L'ermeneutica può ambire ad essere una filosofia per l'incontro tra le civiltà lontane e diverse da noi.Mentre Heidegger aveva svolto una polemica molto aspra contro la scienza (una polemica anti-scientifica); Gadamer non è anti-scientifico ma anti-scientista cioè è contrario non alla scienza ma alla pretesa di predominio che la scienza ha su tutte le attività umane.
L'ermeneutica di Skinner (analisi del libro):
All'inizio del libro, Skinner spiega che normalmente si intende per storia del pensiero, la storia dei concetti fondamentali o delle questioni durature.Nel saggio fa molti esempi ricavati dalla storia del pensiero politico. Normalmente, dice Skinner, si pensa che per esempio nella storia del pensiero politico ci sono dei concetti fondamentali che rimangono da Platone fino ai nostri giorni.Questo è il modo tradizionale di interpretare la storia del pensiero.Il modo di Skinner è profondamente diverso, applicare dei paradigmi, dei modelli pre-costituiti alla storia del passato genera delle mitologia.Gran parte della prima parte del saggio è dedicata a classificare i diversi tipi di mitologie che Skinner vuole combattere.
1) Mitologia delle dottrine (pag. 14): essa consiste nell'idea che ogni sistema di pensiero debba sviluppare una determinata dottrina completa. Questa a sua volta si divide in due:
a) Anacronismo (pag. 15) consiste nell'applicare ad un autore del passato degli schemi che sono familiari per noi ma non lo erano all'epoca dell'autore considerato. Tra i vari esempi fatti da Skinner uno molto chiaro è quello di Marsilio da Padova (grande pensatore politico italiano del XIII secolo). Molte volte è stato studiato cercando di trovare in lui una teoria della divisione dei poteri (è una parte fondamentale del pensiero politico moderno e contemporaneo da Locke a Montesquieu in avanti si basa sul concetto della divisione dei poteri per cui il potere esecutivo è distinto dal potere legislativo e i due sono distinti dal potere giudiziario.Viene spontaneo ad uno storico che si occupa di autori del passato cercare la teoria della divisione dei poteri anche in Marsilio da Padova ma in lui non è presente.In questo modo, lo storico, pecca di anacronismo cioè applica un modello che per noi è familiare ad un autore del passato che non aveva ancora quel modello in quanto non era ancora stato elaborato.
b) Storia delle idee (pag.8): come è stata teorizzata e praticata da un autore americano della prima metà del 900 di nome Lovejoy. Secondo questo autore nella storia del pensiero ci sono delle idee base chiamate da lui "idee unità" che rimangono stabili e durature nel tempo (cambia la loro combinazione ma gli elementi fondamentali restano identici). Questa teoria delle idee di Lovejoy assomiglia alla teoria atomica (cambiano le molecole ma gli atomi di cui le molecole sono fatte restano uguali).Anche questa, secondo Skinner, è una vera e propria mitologia.
2) Mitologia (pag.21) opposta alla mitologia delle dottrine: per esempio nel caso del pensiero politico noi abbiamo un'idea, uno schema, un paradigma di quella che dovrebbe essere una teoria politica completa, critichiamo gli autori del passato se non hanno affrontato tutti gli aspetti di questo paradigma.In pratica ci serviamo del paradigma pre-costituito come un metro per misurare la completezza o la validità di una dottrina/teoria o autore che stiamo esaminando.
Ci sono due sottopunti:a) versione demonologica: deriva da demone perché tende a demonizzare l'autore spiegato cioè denigrarlo in modo molto pesante. A questo proposito, Skinner fa due esempi molto chiari di uno storico di origine tedesca emigrato negli Stati Uniti in quanto ebreo: Leo Strauss il quale ha scritto diverse opere di pensiero politico e si è occupato di due autori: Machiavelli e Th. Hobbes demonizzandoli. Ha denigrato il primo accusandolo di essere un immoralista e il secondo è stato accusato di essere ateo.In entrambi i casi si tratta di demonizzare cioè denigrazione dell'oggetto storico; prima ancora di capire che cosa volevano dire Machiavelli e Hobbes questi sono stati "etichettati" con delle categorie ritenute negative, svalutative.
b) approccio essenzialistico (pag. 23): si parte da una definizione di essenza (per esempio si dice l'essenza dello stato) e si considerano le teorie politiche del passato in rapporto a questa definizione di essenza come se lo stato fosse un'essenza che rimane permanente nel tempo.
3) Mitologia della coerenza: Si suppone che un autore nel corso di tutta la sua opera debba sempre essere coerente e si cerca di risolvere le antinomie che eventualmente si trovano in lui. Questa mitologia tende a negare o sminuire la possibilità di un'evoluzione nel pensiero di un autore.C'è la tendenza a riportare tutta l'opera di un autore a una sorta di coerenza stabile, unitaria e anche quando questa coerenza sembra non sussistere si fanno tutti gli sforzi per risolvere le antinomie cioè le contraddizioni; pertanto si dice che le antinomie sono soltanto apparenti e si afferma che invece nella sostanza il pensiero è coerente/unitario.Questa mitologia della coerenza tende ad appiattire il pensiero dell'autore e a renderlo monocorde, si negano evoluzioni, contrasti, contraddizioni, tutto ciò che può turbare la coerenza del pensiero dell'autore.
Skinner prende in esame alcuni pensatori classici (ad esempio come viene interpretato Hobbes da un grande storico di nome Hood il quale tende a negare le contraddizioni del pensiero di Hobbes).Intorno a Hobbes c'è una grande battaglia proprio perché il suo pensiero è contemporaneamente una teoria politica laica in cui la figura di Dio ha pochissimo rilievo e poi successivamente i temi religiosi, in particolare quelli ricavati dalla Bibbia sono dominanti.A questo punto ci si chiede: Qual'è il vero Hobbes?Gli autori hanno così cercato di stabilire una coerenza; chi è partito da un'ipotesi religiosa ha asserito che il vero Hobbes è quello della seconda parte del suo pensiero, e ha reinterpretato la prima parte del suo pensiero per farla quadrare con la seconda; altri, hanno dato un'interpretazione laica del suo pensiero.Skinner fa l'esempio e dice: vediamo che alla fine del Leviatano (dopo le parti che sembrano in contraddizione), Hobbes scrive il capitolo finale intitolato "Revisione e conclusione" nel quale troviamo che i temi religiosi sono completamente assenti.
Lo stesso Hobbes ci dà, quindi, una chiave per leggere la sua opera.Hood che è un seguace dell'interpretazione religiosa di Hobbes ignora o sminuisce il valore di questa conclusione.Un'altra versione di questa mitologia della coerenza è stata sviluppata da Leo Strauss il quale ha proposto di leggere gli autori classici che hanno vissuto in epoca di persecuzione tra le "righe".Questi autori che non hanno potuto esprimersi liberamente/pubblicamente hanno cercato di far capire tra "le righe" quello che era il loro vero pensiero. Strauss dice che anche quando Hobbes parla di Dio, in realtà sta nascondendo il suo vero pensiero, è una forma di simulazione o dissimulazione.La simulazione è dire il contrario di ciò che uno pensa. La dissimulazione è quando non si dice il falso ma si nasconde il vero.Secondo Strauss gli autori del 500 e del 600 hanno praticato delle tecniche si simulazione e di dissimulazione.In altri termini, noi non dobbiamo prendere alla lettera i loro testi ma cercare di decifrare il significato nascosto.Questo è un metodo pericoloso in quanto si rischia di far dire all'autore quello che vogliamo noi. Proprio per questo motivo, Skinner critica questo metodo e lo colloca tra le mitologie.
4) Mitologia della prolessi: (pag.34) Prolessi è un termine ricavato dal greco e significa anticipazione.Si considera un autore/testo/opera come se anticipasse dei temi/problemi che storicamente vengono dopo.Skinner fa diversi esempi: il più chiaro è quello riferito a uno storico americano di nome Talmond il quale ha visto nel pensiero di Rousseau un'anticipazione del totalitarismo del XX secolo.In generale ogni anticipazione è falsa. Noi molto spesso cadiamo in questa in quanto sappiamo come è andata a finire la storia quindi colleghiamo un autore del 600 con uno del 900.La prolessi se vogliamo è una variante dell'errore dell'anacronismo.
5) Mitologia del campanilismo (pag.37): pregiudizio del proprio paese. E' interpretare una cultura diversa dalla nostra con schemi che sono a noi familiari, cioè interpretare il lontano con le categorie o paradigmi che sono a noi vicini.Una variante del campanilismo è la teoria dell'influsso o delle influenze (pag. 38-39): cioè leggo gli autori in termini di influenze che hanno avuto da altri autori o dal passato.Molte volte queste influenze sono ingannevoli. Un'influenza deve essere documentata altrimenti si ricade nel paragone/parallelismo cioè confronto astratto.Fino adesso Skinner ha attaccato gli errori (mitologie) in cui facilmente cadono gli storici. Verso la fine del saggio cerca di sviluppare la pars costruens cioè la parte positiva.A questo proposito cerca di trarre alcune lezioni metodologiche.
Il metodo positivo che Skinner propone è il "contestualismo" cioè ogni opera/autore deve essere analizzata/o e interpretata/o nel suo contesto.
- Bisogna analizzare non solo il significato del testo ma anche l'intenzione che l'autore aveva nel produrre un certo testo (pag.43)
- Anche il testo è una forma di azione. E' importante capire anche che cosa stava facendo l'autore, oltre a cosa diceva. Skinner fa l'esempio dei testi ironici (pag.48)
- Non esistono idee permanenti ma solo affermazioni, enunciati calati nel loro contesto storico (pag.52)
- Importanza del contesto. Il contesto come mezzo per decodificare le intenzioni dell'autore (pag.54)
- Non esistono questioni eterne ma solo risposte individuali a problemi individuali tanti quanti sono i soggetti che li pongono
- La storia concepita come autoconsapevolezza (pag.56)
Capitolo 3: Interpretazione, razionalità e verità (pag.83)
Ruolo che le credenze rituali hanno nella spiegazione storica degli avvenimenti. Spesso lo storico quando studia il passato, le altre civiltà, epoche ha a che fare con delle credenze che intervengono e spiegano l'azione storica anche se ormai quelle credenze sono superate (es. nel 500/600 ci imbattiamo in credenze legate al demonio, alle streghe, ala sabba ecc..; oggi noi riteniamo che queste credenze sono false).La nostra spiegazione della storia cambia a seconda che riteniamo le credenze degli uomini del passato vere o false?Questo è il problema metodologico affrontato in questo capitolo.Skinner inizia discutere la tesi di Taylor secondo il quale non è possibile isolare il problema della spiegazione storica da quello della verità della credenza.Lo storico deve interrogarsi se la credenza che sta studiando riferendosi al passato è vera o falsa. Questo non è il punto di vista di Skinner!
Skinner cerca di delucidare le tesi dell'avversario il più possibile prima di criticarle e abbandonarle.Skinner dice: "Perché secondo Taylor è importante interrogarsi sulla verità di una credenza dal punto di vista di uno storico?Taylor dice che inevitabilmente se noi riteniamo che una credenza è falsa saremo portati a cercare altre spiegazioni storiche aggiuntive rispetto a quella credenza per spiegare gli avvenimenti. Se noi riteniamo che la credenza è vera siamo anche portati a credere che la credenza sa sola giustifica il comportamento e gli avvenimenti.Quando riteniamo che una credenza è falsa siamo portati a chiederci le ragioni che hanno portato ad adottare una credenza falsa e le interpretiamo in termini di carenza di razionalità.
A questo punto vengono proposte tre diverse regole metodologiche:
- Dobbiamo assumere quella che Lewis chiama "convenzione di veracità" per i soggetti che cerchiamo si spiegare le credenze. Veridicità non è verità, infatti, la prima equivale alla sincerità.
- Dobbiamo prendere le affermazioni degli uomini del passato alla lettera e non interpretare in chiave allegorica, simbolica, non letterale.
- Si ricollega al contestualismo di Skinner cioè dobbiamo prendere le credenze che stiamo spiegando storicamente non isolate l'una dall'altra ma inserirle in un contesto in cui sono collegate (ricostruire il contesto di una credenza).
Skinner si pone il problema se la spiegazione storica di un concetto/parola/credenza richieda come condizione necessaria la sua traducibilità nel nostro linguaggio.La tesi della traducibilità è un problema sul quale si è soffermata la filosofia analitica del linguaggio secondo la quale questo problema si pone tra enunciati protocollari e teorici.I primi, sono quelli che descrivono un esperimento o avvenimento, sono il protocollo cioè il verbale di ciò che avviene; mentre i secondi, nella scienza ci serviamo di termini/concetti che invece non si vedono letteralmente negli esperimenti cioè non sono direttamente sperimentabili.Si è ritenuto che gli enunciati teorici dovevano essere traducibili in enunciati protocollari.
Questo è un criterio di traducibilità forte in quanto possiamo servirci di un termine teorico solo se è traducibile in termini osservativi. Esempio quando Machiavelli usa il termine virtù, è chiaro, che non ha più il significato cristiano/morale/religioso che ha oggi.Skinner si pone questo problema: lo storico deve essere in grado di tradurre un termine in uno corrispondente del nostro linguaggio? Molte volte questa traducibilità è impossibile.Questo vuol dire essere cattivi storici? No, perché noi possiamo sempre ricorrere a delle perifrasi e ricostruire un contesto che ci permette di capire ad esempio la parola "virtù" senza tradurla.Rinunciamo alla traducibilità ma non alla spiegazione storica.L'esigenza di traducibilità termine a termine p un requisito troppo forte che non solo lo storico talvolta non può soddisfare, anzi, in certi casi deve rinunciare.Se cerco la traducibilità cado in errore; se rinuncio a questa e cerco di ricostruire una spiegazione più ampia riesco ad esempio a capire che cosa intendeva Machiavelli con il termine virtù.
Un altro aspetto sul quale Skinner insiste molto in questo capitolo è che quando indaghiamo la razionalità di una credenza dobbiamo adottare come parametri di razionalità non i nostri ma quelli contestuali dell'autore o dell'epoca considerata.Si può fare un'obiezione a Skinner (lui fa questa obiezione a se stesso): "il tuo contestualismo non rischia di essere un relativismo (in storia diventa giustificazionismo)?La verità è relativa ad un contesto/epoca/civiltà.
Capitolo 4: Significato, atti linguistici e interpretazione
E' necessario tenere distinti il giudizio morale da quello storico. Quando parliamo di giudizio morale ci riferiamo al giudizio che diamo in base al codice di comportamenti, ai valori morali che noi adottiamo.Per dare un giudizio morale non c'è bisogno di studiare la storia; da quando Mosè ha asserito di non uccidere, il giudizio morale è quello di non uccidere. La storia come disciplina non ha il compito di dare giudizi morali.E' utile per lo storico interrogarsi sulla verità e razionalità delle credenze?Lo storico quando si interroga sulla razionalità di una credenza deve adottare come paradigma, modello di razionalità non il proprio ma quello dell'epoca o dell'autore considerato.
Perché dal punto di vista storico ci interroghiamo sul problema della razionalità di una credenza?Perché se riteniamo una credenza razionale per gli standard dell'epoca come storici siamo portati a credere che quella credenza è un motivo sufficiente per spiegare gli avvenimenti storici che ne derivano.Come storico non fornisco un giudizio morale ma cerco le cause degli avvenimenti e devo capire se mi basta la credenza oppure se devo invocare altre cause storiche che stanno dietro quella credenza e che sono più importanti rispetto a questa.
In questo capitolo viene alla luce la base filosofica dell'interpretazione di Skinner la quale è da cercare nella filosofia del linguaggio del XX secolo anglosassone e in particolare nella filosofia analitica inaugurata da Wittgenstein.Skinner fa riferimento a due autori:a)Wittgenstein b) Austin Il primo aveva messo in luce il fatto che quando studiamo il linguaggio, non dobbiamo fermarci solo al significato delle parole cioè quella che può essere chiamata "dimensione semantica". Altrettanto importante accanto alla dimensione semantica è la dimensione di uso del linguaggio cioè l'utilizzo che noi facciamo del linguaggio come se fosse uno strumento.Il linguaggio è una forma di azione!Wittgenstein aveva messo in luce che l'uso si rivela nei giochi linguistici e nelle forme di vita.Ogni forma di linguaggio è come un gioco che obbedisce a regole e serve per un uso.Poi, nell'ultima fase della sua vita, aveva allargato il concetto di gioco linguistico portandolo alla dimensione della forma di vita; cioè il linguaggio ha senso/significato/uso all'interno di una forma di vita (esempio linguaggio rituale utilizzato a messa ha un significato diverso dal linguaggio utilizzato nella vita quotidiana in quanto appartiene a una forma di vita diversa da quella della vita quotidiana).Wittgenstein faceva il paragone asserendo che le nostre parole sono come degli attrezzi in una scatola dell'artigiano (esempio la lima ha un uso diverso rispetto al cacciavite).Anche il linguaggio è implicato nell'azione ed è una forma di azione linguistica.
B) Austin aveva proseguito nella linea di Wittgenstein e aveva scritto un libro importante intitolato "Come fare cose con le parole" che noi possiamo tradurre più semplicemente così: "Quando dire è fare" (quando il dire è una forma di azione esempio la formula del matrimonio, promettere, giurare, quando il giudice assolve o condanna).Austin aveva chiarito che noi per ogni enunciato dobbiamo esaminare l'aspetto illocutorio e l'aspetto perlocutorio.Il primo deriva da il loquor= parlare, esprime la forza dell'enunciato (es. prendiamo la frase il ghiaccio è sottile, sono in riva a un lago e constato che è sottile ---> in questo caso non c'è una forza illocutoria è solo una constatazione, enunciato dichiarativo. Se invece sono un vigile e vedo un bambino che pattina sul ghiaccio e grido:"il ghiaccio è sottile", il mio enunciato ha anche una forza illocutoria di un avvertimento oppure quando si minaccia).L'aspetto perlocutorio, invece, è quello che descrive gli effetti o le conseguenze di un enunciato (esempio formula del matrimonio).
Questi concetti hanno un'applicazione anche quando noi studiamo da storici dei testi, cioè facciamo il mestiere dell'interpretazione di testi o autori del passato o presente.La teoria degli atti linguistici applicata alla storia non è una teoria che si basa sulle intenzioni degli autori.Secondo i critici, la tesi di Skinner, è quella di cercare le intenzioni degli autori, ma non è così in quanto egli ha sempre difeso la posizione antitenzionalista (qui Skinner fa riferimento al fatto che per una importante tradizione filosofica che risale allo storicismo tedesco dell'800 che poi è continuata nell'ermeneutica di Gadamer, comprendere un testo o un autore significa comprendere le intenzioni che l'autore ha avuto nello scrivere quel testo. Gli storicisti tedeschi dell'800 e principalmente Dilthey avevano ritenuto che lo storico attraverso una forma di empatia deve immedesimarsi nel testo o autore che viene studiato). Gadamer aveva parlato di "fusione degli orizzonti".
Questa concezione basata sul concetto base dell'idea di intenzione è stata molto criticata dalla filosofia analitica del linguaggio proprio perché le intenzioni in quanto sono interne a ciascuno non possono essere colte dall'esterno. Secondo la filosofia del linguaggio, tutto ciò che noi possiamo comprendere deve essere oggettivabile cioè deve esprimersi in linguaggio o azioni. Tutto ciò che noi possiamo cogliere/studiare è ciò che viene espresso in modo "pubblico" ciò che è privato (l'intenzione) è sottratto alla nostra comprensione.(esempio di Defoe ---> pag.134 il modo più breve per cavarsela con i dissedenti è quello di uccidere. La forza illocutoria di questo significato nello scritto di Defoe è un'esortazione a uccidere i dissedenti ma è un'ironia sull'intolleranza).L'ironia è il caso più eclatante davanti al quale si trova uno storico e che lo spinge appunto ad esaminare l'aspetto non del significato ma dell'atto linguistico che l'autore sta compiendo scrivendo un certo testo. Se uno si esprime con ironia sta asserendo il contrario di quello che apparentemente dice.Noi dobbiamo ricostruire il contesto di un'opera per capire quale era l'uso che l'autore voleva dare alle frasi che sono contenute in un'opera. Dobbiamo considerare gli enunciati come delle mosse (perché l'autore l'ha fatta? Contro chi? Quali regole stava seguendo?).
Skinner si chiede se il suo contestualismo si avvicina alle tesi che sono state enunciate in Francia da Michel Foucault il quale ha sostenuto la tesi della "morte dell'autore" cioè per comprendere un'opera letteraria, filosofica ecc... l'individualità dell'autore è poco importante cioè è secondaria rispetto alle convenzioni linguistiche ed epistemiche vigenti nella sua opera. In un certo senso l'autore è condizionato/attraversato dal linguaggio. L'episteme condiziona l'opera dei singoli individui.Skinner non arriva ad affermare la morte dell'autore ma anche lui in un certo senso mette al di sopra dell'individualità dell'autore il contesto e il gioco linguistico che si esprime nel contesto.Qui si trova una delle poche prese di posizione contro l'ermeneutica.
Noi accediamo, comprendiamo le intenzioni che l'autore ha non attraverso un processo di empatia ma attraverso l'uso di convenzioni linguistiche, pubbliche e quindi intersoggettive.Ad esempio le espressioni del volto possono essere interpretate come un linguaggio comprensibile solo alla luce di convenzioni cioè regole pattuite.Altro esempio: quando leggiamo le Meditazione di Cartesio possiamo constatare che tutta la prima parte è volta a confutare i dubbi dello scetticismo; ci sembrano strani/artefatti ma se studiamo il contesto dell'opera di Cartesio ci rendiamo contro che tra la fine del 500 e la prima metà del 600 c'era stata una rinascita dello scetticismo e quindi Cartesio con quelle argomentazioni stava giocando un gioco linguistico, una serie di mosse argomentative che avevano una forza illocutoria proprio perché si rivolgevano al contesto scettico in cui era emerso.Se noi non studiamo il contesto ma ci fermiamo al puro significato del testo cartesiano non lo comprendiamo in tutta la sua forza illocutoria. Uno dei modi più naturali di interpretare la storia del pensiero è quella di dire che i pensatori affrontano gli stessi problemi, danno tutti delle risposte a delle eterne domande. E' come se la storia fosse una "grande conversazione" (Rorty) in cui i grandi autori del passato dialogano intorno agli stessi problemi.Il punto di vista di Skinner è esattamente l'opposto, cioè non esistono eterni problemi e eterne domande ma ogni discorso è storicamente individuale; cioè è calato in un contesto che è storicamente individuale/individuato.Noi studiamo i testi per la loro individualità storica.Secondo Skinner l'idea di una grande conversazione che si sviluppa a cavallo dei secoli è sbagliata, è una finzione e non ha un significato storico reale ma solo un significato immaginario.
La storia, asserisce Skinner, non è una lezione basata sull'identità o somiglianza fra persone e passato ma è una lezione sulla diversità tra noi e gli altri, diversità che ci aiuta a comprendere la contingenza della nostra civiltà. Studiando la storia compiamo che la nostra civiltà non è l'unico modo per organizzare la vita degli uomini; ma altri uomini hanno costruito la loro civiltà con regole, comportamenti diversi dai nostri.La storia è anche lezione di libertà cioè noi siamo liberi di fare/costruire la nostra storia/società in modo diverso da come si presenta; così come altri popoli/civiltà si sono organizzati in modo diverso rispetto a noi.La storia è principalmente una lezione di diversità, contingenza, libertà e di responsabilità perché dove c'è libertà c'è responsabilità.A questo punto, Skinner, fa riferimento a Karl Popper che ha scritto un libro intitolato "La società aperta e i suoi nemici". La società aperta è la società liberale, democratica opposta ai suoi nemici: totalitarismo.Skinner asserisce che studiare la storia come la presenta lui è un modo per difendere la società aperta, cioè per mantenere la nostra società aperta a opzioni, alternative, soluzioni rispetto a quelle che per noi sono abituali.
Modello ermeneutico di Gadamer e interpretativo di Skinner:
Predominano le differenze!
1) Concetto di ermeneutica: Skinner non adopera la parola ermeneutica ma parla costantemente di interpretazione e da un punto di vista letterale è la stessa cosa (ermeneutica=interpretazione). Mentre Gadamer aveva esteso il concetto di ermeneutica; Skinner lo fa ritornare al suo significato originario più ristretto, più limitato cioè interpretazione dei testi e dei documenti del passato. Si ha una concezione dell'interpretazione meno globale, metafisica di quella di Gadamer.Skinner vuole ritornare all'esperienza dell'interpretazione dei testi.
2) Per Gadamer in "Verità e metodo" interpretare=comprendere e interpretare coincide con l'esistenza stessa. L'esistenza dell'uomo, per Gadamer, è tutta un interpretare. Con Skinner si ha una differenza importante ma se si vuole si può avere un punto di contatto.Skinner non fa un discorso sull'esistenza dell'uomo nella sua globalità. Per Skinner l'interpretazione è un'attività dell'esistenza umana e non l'attività dell'esistenza umana. L'esistenza umana è più ricca dell'interpretare.Tra Skinner e Gadamer ci può essere un punto di contatto: per Skinner una delle fonti principali è Wittgenstein (la filosofia analitica anglosassone ha due padri: Moore e Wittgenstein) il quale veniva da una famiglia più in vista dell'impero austroungarico. Fece studi di ingegneria, poi, scoprì la passione per la filosofia.Decise di andare a studiare a Cambridge e aveva come maestro Moore.In Wittgenstein ci sono due fasi: la prima è quella del Tractatus. E' una fase neopositivistica; mentre la seconda fase inizia con la filosofia analitica e rinuncia di fondare una filosofia della scienza potente e si sofferma sull'analisi del linguaggio ordinario e non su quello scientifico.Wittgenstein elaborò il concetto di "forme di vita" o sfere di vita partendo dall'analisi del linguaggio ordinario. Il linguaggio, secondo il "secondo" Wittgenstein, non deve essere considerato isolatamente come mezzo di comunicazione linguistica ma deve essere considerato/studiato/interpretato all'interno della sfera o forma di vita alla quale appartiene (ad esempio il discorso religioso sul peccato ha senso solo all'interno di una forma di vita che è quella religiosa).Attraverso il concetto di forme di vita, il linguaggio potrebbe acquisire un significato generale/universale/globale simile a quello che ha all'interno della filosofia di Gadamer.Rorty ("in filosofia e specchio dell'anima") combina Heidegger e Gadamer da una parte e tutta la filosofia analitica del linguaggio dall'altra.
3) Circolo ermeneutico: Skinner mette più l'accento sulle discontinuità tra presente e passato, soggetto e oggetto, interpretante e interpretato; cioè la storia per Skinner è una lezione di differenze. Gadamer cerca la fusione degli orizzonti anche se l'interpretazione è infinita (la fusione non si realizza mai), prevale il tentativo di assimilare cioè rendere simile; per Skinner è importante che lo storico sia consapevole delle differenze, dissomiglianze tra presente e passato.Skinner non parla mai del circolo ermeneutico (è impossibile distinguere l'oggetto dai pregiudizi con i quali li affronto).Per Skinner la storia, se è veramente storia, deve mettermi in grado di capire qual'è la differenza ad esempio tra il mio concetto di virtù e quello di Machiavelli.Per Skinner non esistono domande, problemi perenni a cui si danno risposte differenti nel tempo, ma come cambiano le risposte, cambiano anche i problemi.L'ermeneutica è il tentativo di mettermi in contatto diretto con gli autori e filosofi del passato (per Skinner non è così).Per Gadamer l'alterità è il punto di partenza, mentre, la fusione degli orizzonti è il punto di arrivo.Per Skinner l'alterità è il punto di arrivo, cioè lo scopo è la conoscenza dell'alterità. Secondo Skinner, noi in qualche maniera, attraverso il metodo del contestualismo possiamo oggettivare i nostri pregiudizi e neutralizzarli e così riusciamo anche ad oggettivare il testo, la filosofia e il pensatore che stiamo studiando.Quello di Skinner è un approccio più scientifico all'interpretazione dei testi; quello di Gadamer è un approccio più esistenziale che a un certo punto diventa metafisico (precisamente quando asserisce che essere equivale a interpretare).Infine bisogna asserire che il contesto di Skinner è scientifico, empiristico, analitico e anti-metafisico; quello di Gadamer è metafisico, anti-empiristico e anti-scientistico.
4) In Gadamer c'è una vera e propria ontologia ermeneutica. L'essere è linguaggio per Gadamer, tutte le forme di vita sono linguaggio e all'interno di questa ontologia ermeneutica si concretizza l'idea della verità come appartenenza (la comprensione è un momento dell'essere stesso e non anzitutto un fatto del soggetto). Per Gadamer la verità non è mai un umanistico afferrare ma un ontologico appartenere a qualcosa cioè l'essere-linguaggio che ci possiede e ci supera.La nozione di contesto può essere avvicinata, paragonata alla verità come appartenenza?La verità come appartenenza di Gadamer mi domina; io sono dominato dalla verità a cui appartengo, non posso uscire dal contesto a cui appartengo ed è per questo che ha un significato metafisico.Per Skinner ogni contesto è limitato e dominabile! Per Gadamer il contesto cioè la verità come appartenenza è un destino a cui non si sfugge; per Skinner il contesto è una tecnica che si può padroneggiare e quindi non è un destino e dipende dalla mia libertà e responsabilità.Ogni momento storico è contingente!
Capitolo 5: Linguaggio e mutamento sociale
Il metodo di Skinner e la sua maniera di fare storia sono incentrati sulla documentazione linguistica. Noi letteralmente quando facciamo storia del pensiero, facciamo storia dei testi scritti cioè lavoriamo su documenti linguistici.I grandi maestri di Skinner sono stati Wittgenstein, Austin e Searle. D'altra parte, Skinner, a differenza dei filosofi del linguaggio è uno storico. Lo storico aggiunge una dimensione in più allo studio del linguaggio ed è la "dimensione storica temporale" cioè si ritiene che il linguaggio ha un'evoluzione.Mentre il filosofo analitico tende a considerare il linguaggio dal punto di vista logico (lo fissa nelle sue caratteristiche logiche che sono permanenti e non cambiano da un linguaggio all'altro se consideriamo il linguaggio occidentale tradizionale); lo storico, invece, si rende conto che il materiale sul quale lavora non ha una fissità logica ma ha una dinamica evolutiva e storica.Questa dinamica evolutiva e storica è legata/correlata/connessa anche all'evoluzione sociale (cioè evoluzione della società).
Il linguaggio ha una duplice dimensione: storica e sociale le quali sono legate nel tempo e conoscono una loro specifica evoluzione.C'è un mutamento del linguaggio e un mutamento della società.Skinner in questo saggio solleva alcuni interrogativi:1) di carattere generale riguarda il linguaggio stesso, cioè noi siamo abituati a considerare il significato della parole termine a termine (esempio: quando noi troviamo in una società, in un'epoca storica la parola arte/religione/politica, ci interroghiamo sul significato di quella parola in quell'epoca o società "Che cos'era l'arte per gli egiziani?).Ci rendiamo conto immediatamente che anche noi ad esempio abbiamo un'arte ma il significato della parola arte è cambiato.Siamo naturalmente persuasi che il significato delle parole cambia nel tempo ma molte volte ci limitiamo a considerare il significato delle parole isolatamente.Skinner invita a considerare che non solo cambia il significato della singola parola o del singolo concetto ma cambiano anche i rapporti tra questo significato e altri significati all'interno del discorso.
Skinner asserisce che noi dobbiamo considerare il linguaggio e il significato delle parole in una "prospettiva olistica" e a questo proposito critica Williams e il suo libro intitolato "Key Words" e dice che questo ha trascurato l'aspetto olistico del linguaggio. Il termine olistico viene dalla parola greca olos= tutto/intero.Noi dobbiamo considerare il significato dei termini in una prospettiva olistica cioè non singolarmente ma nella globalità del linguaggio.Skinner, successivamente, fornisce alcune raccomandazioni utili: sottolineatura degli usi del linguaggio il quale è essenzialmente uno strumento che corrisponde a determinati usi.Il campo di riferimento è il campo di applicazione del termine conoscere.Afferrare il significato e il riferimento della parola.
2) L'altro interrogativo sollevato in questo capitolo è il rapporto tra mutamento linguistico e sociale cioè quale sia la causa e l'effetto.Ci sono delle teorie le quali ritengono che la causa del mutamento linguistico è il mutamento sociale e che fondamentalmente i mutamenti del linguaggio sono determinati dai mutamenti della società.Basta studiare la storia della società per capire perché e come il linguaggio è cambiato. La tesi di Skinner è che questa spiegazione è troppo univoca e semplicistica cioè troppo pluridirezionale.Secondo Skinner, in realtà i processi non sono unidirezionali ma bidirezionali cioè la causalità è reciproca; cioè molte volte gli uomini sono costretti a cambiare il linguaggio per rendersi accettabili alla società nella quale vivono.Non è solo la società che cambia il linguaggio ma è anche un cambiamento del linguaggio che finisce per cambiare la società.Esempio di Skinner: evoluzione tipica che è legata sia nel linguaggio sia nella società alla nascita di figure moderne come quella del mercante e del banchiere cioè figure borghesi per eccellenza che nascono in Italia fra il 300 e 400 e poi in Europa tra il 400 e il 500.Nell'Europa del Medioevo sul banchiere gravava una pesante condanna morale in quanto il far pagare un interesse sul capitale era una forma di usura; quindi il banchiere era essenzialmente un usuraio.Sul mercante non gravava questa condanna in quanto comprava merci e vendeva.L'etica del mercante è basata sul calcolo, sull'economia, sul risparmio ed è tenuto a comportarsi secondo dei principi di stretta e rigida economia.Nell'Europa dell'ancient regime la figura sociale più elevata è il nobile che non vive secondo i principi dell'economia infatti spende di più di ciò che guadagna. Il nobile considera l'economia un'avarizia/una meschinità, invece, lo spendere e spandere è considerato come un segno di generosità e di potenza.
La figura del banchiere e del mercante sono importanti e emergenti nella storia, hanno un'enorme difficoltà a farsi accettare dai valori dominanti della società del loro tempo; hanno bisogno di esprimere un discorso cioè un linguaggio che descriva la loro attività non come vizi o peccati ma come qualità positive.Esaminando l'ascesa di queste due figure chiave, vediamo che il loro linguaggio è influenzato dalla società, cioè su di loro grava la condanna religiosa o morale/sociologica della società del loro tempo ma al tempo stesso producono un linguaggio di giustificazione delle loro attività che poco alla volta trasforma la società del loro tempo.Alla fine del 700 sono figure pienamente accettate e le commedie del Goldoni sono diventate una satira della nobiltà (l'autore è più dalla parte del mercante che non quella del nobile).Il linguaggio prodotto dal mercante per secoli ha finito per rovesciare i valori, portatore di una morale plebea, ristretta e disprezzante e il nobile era invece di grande animo.Quello che era un valore è diventato un disvalore; quello che era un vizio è diventato un valore.
C'è un'interazione reciproca tra pratiche sociali e lessico. Non sono solo le pratiche che creano il lessico ma è anche il lessico che rende accettabili e quindi rafforza, consolida le pratiche sociali.Il metodo praticato da Skinner è diventato una vera e propria scuola storiografica!
Capitolo 6: Retorica e mutamento concettuale
Fino agli anni '70 Skinner era convinto che si potesse cambiare il significato valutativo dei termini manipolando il lessico (esempio il mercante e banchiere; il comportamento del mercante può essere descritto come avarizia o parsimonia, nel primo caso il termine valutativo è negativo, nel secondo è positivo).Il mutamento concettuale e sociale ha portato un'intera società a definire come virtù quello che prima era descritto come un vizio.Si è passati da un termine valutativo negativo a uno positivo.Skinner dice che quando si è immerso nello studio dei teorici antichi dell'eloquenza cioè i retorici (Aristotele, Cicerone e Quintiliano) si è reso conto che questo mutamento concettuale che è anche un mutamento di valutazione si poteva ottenere in una maniera diversa; non attraverso la manipolazione ma attraverso una tecnica che era ben nota agli antichi e che Skinner chiama "ridescrizione retorica".
Su che cosa si basa questa?
Bisogna riesumare un concetto tipico della morale antica e sopratutto della morale aristotelica; secondo quest'ultima ogni virtù è il punto di mezzo tra due estremi opposti che sono entrambi vizi (esempio virtù della generosità avarizia e prodigalità). Sono una questione di giusto mezzo. La morale aristotelica ha dominato per millenni.Il retore cioè l'oratore (colui che parla in pubblico esempio Demostene e Cicerone) è capace di persuadere il pubblico, il suo uditorio non in base alla conoscenza scientifica in quanto altrimenti sarebbe uno scienziato o filosofo ma facendo leva sulle "passioni dell'uditorio".L'avvocato ad esempio è un retore non è tenuto a una presentazione scientifica della verità dei fatti. Anche il politico è un retore.Una situazione classica/tipica del discorso retorico è la ridescrizione retorica cioè quando il retore o oratore ridescrive un vizio come una virtù o viceversa perché vizi e virtù sono tra loro vicini.
Perché è possibile ridescrivere un vizio in una virtù e viceversa?
Proprio perché vizi e virtù sono tra loro vicini basta spostare il punto medio da una parte o dall'altra e così si ottiene la ridescrizione retorica.Skinner riporta esempi da Aristotele e Quintiliano e infine è presente un esempio tratto da Nietzsche il quale descrive come è nata la morale cristiana.I cristiani rivolgendosi ai più umili, schiavi e non al superuomo hanno finito per santificare e trasformare in virtù proprio le debolezze e le miserie dei poveri. Hanno trasformato l'impotenza (è il peggior difetto che secondo Nietzsche l'uomo può avere) in umiltà davanti a Dio e ne hanno fatto il cardine della morale cristiana.Secondo Skinner, Nietzsche, non ha fatto altro che mostrare in azione una tecnica di ridescrizione retorica.Un vizio viene descritto come una virtù, un difetto come un pregio.Nietzsche presenta la ridescrizione retorica fatta dai cristiani come una fabbrica di menzogne.
Capitolo 7: Gli storici britannici e il culto del fatto
E' una polemica contro lo storico e predecessore di Skinner: Sir Joffrey Elton. Skinner polemizza contro questo in quanto rappresenta la vecchia scuola della storiografia cioè quella empirista britannica per la quale la storia è essenzialmente accertamento dei fatti storici.Skinner mostra in un certo senso che i fatti storici allo stato puro non esistono o meglio i fatti dipendono dalla maniera in cui noi interroghiamo la storia (qui viene fatto l'esempio del castello di Chatsworth).La stessa nozione di fatto storico non è una cosa basilare, un enunciato protocollare ma dipende dal mio obiettivo della ricerca storica.In generale, si può asserire che questa è una polemica in nome della nuova storia contestualistica e della storia della mentalità che Skinner difende contro le obiezioni di Elton (come si fa a studiare la mentalità di un'epoca? Non è un fatto!).