Ontologia morale: immoralismo, oggettivismo e soggettivismo etico
L'immoralismo è la tesi formulata da Nietzsche e poi divulgata fra altri da Gide con il romanzo "L'Immoralista". Come la formula Nietzsche, vuole essere una tesi metaetica (ontologica: riguardo alla natura dei valori umani, e semantica:riguardo alla natura del linguaggio morale).
Come è noto la tesi è stata fatta oggetto di accuse di ambiguità (per esempio, come si può affermare che la maggioranza giudaica cristiana umanitaria socialista oggi più forte è una maggioranza di cattivi e non di buoni, dato che di fatto prevale?)
L'immoralismo nietzschiano in quanto tesi metaetica porta con sé una tesi di etica normativa: il rifiuto di ogni giudizio morale, ovvero la prescrizione di cessare di parlare in termini prescrittivi.
In senso più generico un atteggiamento polemico nei confronti della morale, chiamato talvolta "a moralismo" anziché immoralismo, è moneta corrente nella cultura europea dopo l'illuminismo, quasi come reazione al (fallito) progetto dell'illuminismo di fondare un'etica autonoma e universale. Si vedano la condanna dell'astratta morale come ideologia da parte di Marx o la condanna della morale come falsa coscienza da parte di Sartre.
In realtà, fuori dalla paradossale ma se non altro conseguente formulazione nietzschiana, la gran parte del discorso contro la morale nella cultura europea degli ultimi due secoli si riduce a due tesi molto più innocue:
a) una tesi di etica normativa: la condanna di tutto ciò che viene comunemente (in una certa cultura o in un certo contesto) accettato come morale (o una confusione fra il rifiuto di ogni giudizio morale)
b) un'altra tesi di etica normativa: "che ognuno dovrebbe fare ciò che ritiene dovrebbe fare". Questa è una tesi vuota, oppure l'affermazione di qualcosa di molto meno dirompente di quanto il linguaggio impiegato suggerisce: la tesi del pluralismo (cioè la tesi metaetica secondo la quale esistono principi etici non riducibili l'uno all'altro e in certi casi fra loro in conflitto, da cui discende verosimilmente la tesi di etica prescrittiva della tolleranza, secondo la quale non vanno imposti a tutti certi comportamenti anche se ritenuti moralmente desiderabili da qualcuno).
c) un'altra tesi di etica normativa: la tesi dell'egoismo etico, secondo cui gli individui devono perseguire solo i propri interessi. Questa tesi è da distinguere da:
a) la tesi psicologica secondo cui gli individui di fatto perseguono solo il proprio interesse:
b) la tesi normativa (in termini di razionalità strumentale, non in termini di moralità) secondo la quale gli individui devono essere interessati egoisticamente se vogliono essere razionali: Mentre nel corso della storia della filosofia quelli che vennero definiti dagli avversari esecrabili fautori dell"egoismo etico" furono prevalentemente sostenitori della tesi psicologica (come Hobbes, Mandeville, Bentham), la possibilità di difendere la tesi normativa in una delle due forme (relativamente alla razionalità strumentale o relativamente all'etica) è stata discussa a fondo soltanto negli ultimi decenni da filosofi morali anglosassoni da Kurt Baier in poi.
Le confutazioni dell'immoralismo e dell'egoismo etico:
Per Sidgwick è possibile razionalmente essere "egoisti razionali" o aderire all'edonismo particolare (prudenza senza giustizia e beneficenza) e questo implica già il superamento dell'impulso immediato. Non è razionalmente confutabile l'adesione all'egoismo. Il principio alternativo (edonismo universale)
Kurt Baier: non è razionale. Il punto di vista morale è da adottare per motivi di calcolo razionale ed egistico. Ma ogni punto di vista morale implica alcune caratteristiche "kantiane": i principi morali validi per tutti, prevalenti sulle ragioni non morali.
Williams: l'immoralismo non può essere argomentato; è inattaccabile finchè è solo una scelta non difesa da ragioni. Se se ne fa una teoria è una teoria contraddittoria.
Il soggettivismo etico (o scetticismo etico):
Lo scetticismo o soggettivismo etico è una tesi metaetica a rigore detersa dall'immobilismo: afferma la non esistenza di valori oggettivi; è quindi una tesi ontologica (si noti che si parla di valori anche di natura non morale, per esempio estetica). E' stato periodicamente riproposto dai Sofisti, i cirenaici, gli scettici, i libertini. E' stato recentemente riproposto da Mackie.
Le reazioni allo scetticismo morale nella storia dell'etica sono state che:
a) è non solo falso ma pernicioso;
b) è triviale:
c) è senza senso o vacuo.
Spesso si confondono con il soggettivismo tutte le forme di non- cognitivismo, cioè l'emotivismo e il prescrittivismo. Invece il non-cognitivismo è una tesi semantica, mentre il soggettivismo è una tesi ontologica; le due tesi possono coesistere, ma non necessariamente.
Il prescrittivismo potrebbe essere visto (come Bernard Williams) come un modo di limitare le conseguenze dirompenti del soggettivismo sulle morali tradizionali ponendo vincoli alla formulazione di prescrizioni arbitrarie attraverso requisiti formali come quello dell'universalizzabilità.
Il soggettivismo a sua volta può coesistere con la negazione della validità del non-cognitivismo come tesi semantica. Pe riempio, secondo Mackie, il conflitto fra non cognitivismo e naturalismo illustra bene i limiti dell'uno e dell'altro: se rifiutiamo la tesi che la funzione dei termini valutativi (come buono, coraggioso, leale, ecc..) sia quella di introdurre valori oggettivi nel discorso che verte sulla condotta, sembrano esserci due teorie alternative:
a) il non cognitivismo
b) il naturalismo.
Secondo Mackie, il parlante ordinario del linguaggio etico manifesta una specie di oggettivismo presupposto: vuole caratterizzare come buona o cattiva un'azione come una qualità in sé, non come espressione dell'atteggiamento di qualcuno, e inoltre non vuole dare a usta caratterizzazione l'aspetto di una semplice descrizione ma darle una forza obbligante.
E' questo l'aspetto del linguaggio ordinario che viene colto dall'idea di Moore di qualità non naturali e - aggiungerei - dal discorso sui "valori" della fenomenologia scheleriana. La tesi di Mackie è che:
1) i giudizi morali ordinari includono una pretesa di oggettività;
2) ma se la discussione delle questioni metaetiche dovesse confinarsi all'analisi linguistica questa dovrebbe concludere per la verità della tesi dell'esistenza dei valori oggettivi;
3) questa pretesa di oggettività però non è autoconvalidatesi;
4) la sua negazione però non può derivare dall'analisi del linguaggio, ma da una teoria dell'errore: la teoria secondo la quale anche se i più nel formulare giudizi morali sostengono implicitamente di riferirsi a qualcosa di oggettivamente prescrittivo, queste pretese sono tutte infondate. E' meno paradossale respingere che accettare la credenza nell'esistenza di valori oggettivi perché possiamo spiegare come questa credenza ha preso piede. La ragione dell'affermarsi della credenza sta in processi di oggettivazione, su basi antropomorfiche, come quelli messi in luce da Nietzsche e dal bisogno della morale per regolare confronti interpersonali.
Oggettivismo o realismo etico:
La concezione metaetica secondo la quale esiste una realtà morale oggettiva 8da cui per lo più discende una tesi di etica normativa che afferma la giustificabilità di un insieme di prescrizioni universalmente valide).
Afferma l'oggettività dei valori, ciò che è diverso dall'intersoggettività in base alla quale ci potrebbe essere accordo nel valutare anche se valutare è semplicemente qualcosa che si fa, in assenza di un'ulteriore convalida per questa attività.
L'oggettività è diversa dall'universalizzabilità in quanto si potrebbe pretendere l'applicazione universale dei propri giudizi prescrittivi senza pretendere che questi fossero più che prescrizioni. Dall'oggettività discende l'universalizzabilità ma non viceversa.
L'oggettivismo è diverso sal cognitivismo o descrittivismo: dottrina sul significato dei termini e degli asserti etici secondo la quale il loro significato è puramente descrittivo ( e non, neppure parzialmente, prescrittivo o emotivo o valutativo) 0, in altri termini, non è una caratteristica essenziale del significato convenzionale degli asserti morali l'avere una speciale forza illocutiva o performativa consistente nell'approvare invece che nel descrivere.
La concezione descrittivistica del significato non implica e non è implicata dall'oggettività.
Tuttavia l'intuizionismo nel senso di Moore ( o i suoi equivalenti delle filosofie dei valori e della fenomenologia) affermano una sorta di oggettivismo estremo, per cui esiste una sfera di fatti morali separata dagli altri fatti. Il naturalismo nelle sue forme diverse si accompagna a una forma si oggettivismo più debole, secondo il quale esiste almeno qualche fatto morale, anche se non si può affermare che vi sia qualche fatto che sia esclusivamente un fatto morale.
Come è noto la tesi è stata fatta oggetto di accuse di ambiguità (per esempio, come si può affermare che la maggioranza giudaica cristiana umanitaria socialista oggi più forte è una maggioranza di cattivi e non di buoni, dato che di fatto prevale?)
L'immoralismo nietzschiano in quanto tesi metaetica porta con sé una tesi di etica normativa: il rifiuto di ogni giudizio morale, ovvero la prescrizione di cessare di parlare in termini prescrittivi.
In senso più generico un atteggiamento polemico nei confronti della morale, chiamato talvolta "a moralismo" anziché immoralismo, è moneta corrente nella cultura europea dopo l'illuminismo, quasi come reazione al (fallito) progetto dell'illuminismo di fondare un'etica autonoma e universale. Si vedano la condanna dell'astratta morale come ideologia da parte di Marx o la condanna della morale come falsa coscienza da parte di Sartre.
In realtà, fuori dalla paradossale ma se non altro conseguente formulazione nietzschiana, la gran parte del discorso contro la morale nella cultura europea degli ultimi due secoli si riduce a due tesi molto più innocue:
a) una tesi di etica normativa: la condanna di tutto ciò che viene comunemente (in una certa cultura o in un certo contesto) accettato come morale (o una confusione fra il rifiuto di ogni giudizio morale)
b) un'altra tesi di etica normativa: "che ognuno dovrebbe fare ciò che ritiene dovrebbe fare". Questa è una tesi vuota, oppure l'affermazione di qualcosa di molto meno dirompente di quanto il linguaggio impiegato suggerisce: la tesi del pluralismo (cioè la tesi metaetica secondo la quale esistono principi etici non riducibili l'uno all'altro e in certi casi fra loro in conflitto, da cui discende verosimilmente la tesi di etica prescrittiva della tolleranza, secondo la quale non vanno imposti a tutti certi comportamenti anche se ritenuti moralmente desiderabili da qualcuno).
c) un'altra tesi di etica normativa: la tesi dell'egoismo etico, secondo cui gli individui devono perseguire solo i propri interessi. Questa tesi è da distinguere da:
a) la tesi psicologica secondo cui gli individui di fatto perseguono solo il proprio interesse:
b) la tesi normativa (in termini di razionalità strumentale, non in termini di moralità) secondo la quale gli individui devono essere interessati egoisticamente se vogliono essere razionali: Mentre nel corso della storia della filosofia quelli che vennero definiti dagli avversari esecrabili fautori dell"egoismo etico" furono prevalentemente sostenitori della tesi psicologica (come Hobbes, Mandeville, Bentham), la possibilità di difendere la tesi normativa in una delle due forme (relativamente alla razionalità strumentale o relativamente all'etica) è stata discussa a fondo soltanto negli ultimi decenni da filosofi morali anglosassoni da Kurt Baier in poi.
Le confutazioni dell'immoralismo e dell'egoismo etico:
Per Sidgwick è possibile razionalmente essere "egoisti razionali" o aderire all'edonismo particolare (prudenza senza giustizia e beneficenza) e questo implica già il superamento dell'impulso immediato. Non è razionalmente confutabile l'adesione all'egoismo. Il principio alternativo (edonismo universale)
Kurt Baier: non è razionale. Il punto di vista morale è da adottare per motivi di calcolo razionale ed egistico. Ma ogni punto di vista morale implica alcune caratteristiche "kantiane": i principi morali validi per tutti, prevalenti sulle ragioni non morali.
Williams: l'immoralismo non può essere argomentato; è inattaccabile finchè è solo una scelta non difesa da ragioni. Se se ne fa una teoria è una teoria contraddittoria.
Il soggettivismo etico (o scetticismo etico):
Lo scetticismo o soggettivismo etico è una tesi metaetica a rigore detersa dall'immobilismo: afferma la non esistenza di valori oggettivi; è quindi una tesi ontologica (si noti che si parla di valori anche di natura non morale, per esempio estetica). E' stato periodicamente riproposto dai Sofisti, i cirenaici, gli scettici, i libertini. E' stato recentemente riproposto da Mackie.
Le reazioni allo scetticismo morale nella storia dell'etica sono state che:
a) è non solo falso ma pernicioso;
b) è triviale:
c) è senza senso o vacuo.
Spesso si confondono con il soggettivismo tutte le forme di non- cognitivismo, cioè l'emotivismo e il prescrittivismo. Invece il non-cognitivismo è una tesi semantica, mentre il soggettivismo è una tesi ontologica; le due tesi possono coesistere, ma non necessariamente.
Il prescrittivismo potrebbe essere visto (come Bernard Williams) come un modo di limitare le conseguenze dirompenti del soggettivismo sulle morali tradizionali ponendo vincoli alla formulazione di prescrizioni arbitrarie attraverso requisiti formali come quello dell'universalizzabilità.
Il soggettivismo a sua volta può coesistere con la negazione della validità del non-cognitivismo come tesi semantica. Pe riempio, secondo Mackie, il conflitto fra non cognitivismo e naturalismo illustra bene i limiti dell'uno e dell'altro: se rifiutiamo la tesi che la funzione dei termini valutativi (come buono, coraggioso, leale, ecc..) sia quella di introdurre valori oggettivi nel discorso che verte sulla condotta, sembrano esserci due teorie alternative:
a) il non cognitivismo
b) il naturalismo.
Secondo Mackie, il parlante ordinario del linguaggio etico manifesta una specie di oggettivismo presupposto: vuole caratterizzare come buona o cattiva un'azione come una qualità in sé, non come espressione dell'atteggiamento di qualcuno, e inoltre non vuole dare a usta caratterizzazione l'aspetto di una semplice descrizione ma darle una forza obbligante.
E' questo l'aspetto del linguaggio ordinario che viene colto dall'idea di Moore di qualità non naturali e - aggiungerei - dal discorso sui "valori" della fenomenologia scheleriana. La tesi di Mackie è che:
1) i giudizi morali ordinari includono una pretesa di oggettività;
2) ma se la discussione delle questioni metaetiche dovesse confinarsi all'analisi linguistica questa dovrebbe concludere per la verità della tesi dell'esistenza dei valori oggettivi;
3) questa pretesa di oggettività però non è autoconvalidatesi;
4) la sua negazione però non può derivare dall'analisi del linguaggio, ma da una teoria dell'errore: la teoria secondo la quale anche se i più nel formulare giudizi morali sostengono implicitamente di riferirsi a qualcosa di oggettivamente prescrittivo, queste pretese sono tutte infondate. E' meno paradossale respingere che accettare la credenza nell'esistenza di valori oggettivi perché possiamo spiegare come questa credenza ha preso piede. La ragione dell'affermarsi della credenza sta in processi di oggettivazione, su basi antropomorfiche, come quelli messi in luce da Nietzsche e dal bisogno della morale per regolare confronti interpersonali.
Oggettivismo o realismo etico:
La concezione metaetica secondo la quale esiste una realtà morale oggettiva 8da cui per lo più discende una tesi di etica normativa che afferma la giustificabilità di un insieme di prescrizioni universalmente valide).
Afferma l'oggettività dei valori, ciò che è diverso dall'intersoggettività in base alla quale ci potrebbe essere accordo nel valutare anche se valutare è semplicemente qualcosa che si fa, in assenza di un'ulteriore convalida per questa attività.
L'oggettività è diversa dall'universalizzabilità in quanto si potrebbe pretendere l'applicazione universale dei propri giudizi prescrittivi senza pretendere che questi fossero più che prescrizioni. Dall'oggettività discende l'universalizzabilità ma non viceversa.
L'oggettivismo è diverso sal cognitivismo o descrittivismo: dottrina sul significato dei termini e degli asserti etici secondo la quale il loro significato è puramente descrittivo ( e non, neppure parzialmente, prescrittivo o emotivo o valutativo) 0, in altri termini, non è una caratteristica essenziale del significato convenzionale degli asserti morali l'avere una speciale forza illocutiva o performativa consistente nell'approvare invece che nel descrivere.
La concezione descrittivistica del significato non implica e non è implicata dall'oggettività.
Tuttavia l'intuizionismo nel senso di Moore ( o i suoi equivalenti delle filosofie dei valori e della fenomenologia) affermano una sorta di oggettivismo estremo, per cui esiste una sfera di fatti morali separata dagli altri fatti. Il naturalismo nelle sue forme diverse si accompagna a una forma si oggettivismo più debole, secondo il quale esiste almeno qualche fatto morale, anche se non si può affermare che vi sia qualche fatto che sia esclusivamente un fatto morale.