Alla scoperta di Rousseau e del suo cammino
“Non ho mai pensato tanto, non sono mai tanto esistito, e non ho mai tanto vissuto e non sono mai stato tanto me stesso, se così posso dire, come nei miei viaggi, che ho fatto da solo e a piedi”.
Dopo avervi parlato nell'articolo precedente di cosa volesse dire camminare durante il medioevo, oggi apriamo la fase moderna e lo facciamo con uno dei filosofi che ho più a cuore, vale a dire Jean Jacques Rousseau e prossimamente parleremo anche di Kant, anche lui grande camminatore (seppur lo faceva in maniera diversa rispetto a Rousseau). È lui l’autore della frase virgolettata qui sopra.
Rousseau nacque il 28 giugno 1712 a Ginevra. La madre morì partorendolo. All’età di 12-13 venne affidato a un pastore di Bossey molto autoritario e brutale e così, un giorno, decise di fuggire dandosi alla vita libera e randagia (obbedendo cioè a quell’inclinazione caratteristica della sua personalità). Con un po’ di scorribande tra Torino e Annecy dove ebbe modo di studiare latino e musica (sua altra grande passione), nel 1730 e cioè all’età di diciotto anni vagabondò tra la Svizzera e la Francia. Camminò moltissimo. Affrontò a piedi viaggi molto impegnativi. Già in questi primi anni di vita, possiamo notare come il suo destino sia stato proprio quello dello spostarsi continuamente, come il suo destino sia stato nomade. Rousseau darà sempre un’importanza primaria all’educazione naturale. Anche questo demarca l’importanza dello stare all’aria aperta. Per educazione naturale Rousseau intende quel tipo di educazione che lui stesso definisce “negativa”, cioè quell’educazione che dipende in larga misura dalla personalità dell’educando.
Secondo Rousseau, lo scopo dell’educazione naturale è quello di preparare la persona a vivere nella società, anche se questa può corromperlo. Emilio –ed è per questo che è stata menzionata questa grande opera- verrà a conoscenza della società mediante quei viaggi che permettono la conoscenza dei popoli nei loro costumi. È anche normale che tra il camminare/viaggiare e la natura ci sia un rapporto profondo. Infatti come abbiamo visto, l’educazione di Rousseau è naturale ovvero si deve svolgere all’aria aperta, in stile selvaggio per così dire. Anche per non “influenzare” il fanciullo con la cultura sociale. Rousseau a questo proposito parlerà anche del rapporto tra natura e cultura. Un rapporto che vede conflittuale e lo spiegherà con degli esempi molto chiari. Per farlo si avvarrà della procreazione e della sessualità.
Potremmo chiarire meglio il tutto attraverso una domanda: Qual è la verità? Quella della natura, la quale afferma che anche a 13/14 anni si può procreare e quindi sottintende che si è perfettamente in grado di prendersi forse la responsabilità più grande e cioè quella di accudire e crescere un’altra vita umana…oppure la verità è quella della cultura in cui viviamo dove soltanto una piccolissima parte degli esseri umani procrea a quell’età perché comunemente si viene considerati ancora bambini non in grado di gestire un così arduo compito?
C’è un ritardo di dieci anni tra natura e cultura (perché la natura ti dice che a 13 anni puoi procreare –e forse anche prima- la cultura ti dice invece che a 23 anni forse sei in grado di accudire la prole, non prima. E questo crea secondo Rousseau un drammatico contrasto e la società risulta costruita in modo tale da non andare d’accordo con la natura. Ed è per questo che Rousseau afferma che bisogna costruire una riforma della cultura che la renda più capace di essere continuazione della natura e non contrasto della natura. Da questo conflitto tra natura e cultura nascono tutti i mali e i vizi che opprimono la vita umana.
Conclude Rousseau: “La meta della civiltà dovrebbe essere quindi quella di riconciliare natura e cultura”. Rousseau era quindi molto attento alla natura alla quale ha dedicato la quasi totalità della sua vita (anche -e forse soprattutto- viaggiando e camminando). Infatti il prossimo articolo lo dedicheremo proprio alla fase del cammino di Rousseau.
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Pensieri in cammino Il taccuino "Pensieri in cammino" è un oggetto da portare sempre con sé per riprendere la buona abitudine di scrivere a mano semplici appunti o i propri pensieri. Ad impreziosire ogni pagina, tanti aforismi sulle camminate dei più importanti filosofi accompagnati da affascinanti illustrazioni che riprendono il tema del taccuino. Poco importa se fate una passeggiata in città o in un parco naturale, un'escursione lunga e impegnativa in montagna o un camino di più giorni, l'importante è non perdere mai la voglia di camminare e guardare il mondo non solo con gli occhi ma anche con la mente e il cuore. Ricordatevi che come disse il filosofo Kierkegaard: "Io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata. Ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati. Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene". Speriamo che tu possa trovare del tempo da dedicare a te stesso, per camminare, riflettere e custodire per sempre un pensiero o un'emozione. |