Antropologia strutturale di C.Levi-Strauss, 1958
Composta da un insieme di saggi di carattere metodologico e teorico, l’opera rappresenta uno dei testi fondamentali dello strutturalismo francese. In essa, l’autore delinea un approccio allo studio dell’etnologia e delle scienze sociali basato sul metodo della linguistica strutturale di R. Jakobson (la struttura costante di una lingua è data dal sistema delle differenze che intercorrono fra i suoi termini) e individua il compito dell’antropologia nella ricerca di strutture soggiacenti, che regolano i diversi sistemi culturali. L’opera è composta da una introduzione, che si occupa del rapporto tra etnologia e storia, e cinque capitoli, in cui vengono illustrate le tematiche e le caratteristiche metodologiche dell’antropologia strutturale. Per l’autore, etnologia e storia non differiscono per l’oggetto di studio (la vita sociale) o lo scopo (una maggiore conoscenza della realtà), ma per la prospettiva d’indagine: la storia costruisce teorie esplicative utilizzando un metodo diacronico e materiali coscienti tratti da una realtà sociale; l’etnologia utilizza una metodologia sincronica e materiali inconsci (Introduzione). Le espressioni inconsce di un gruppo sociale non sono individuali, ma rappresentano strutture universali e costanti in ogni società. Le strutture- questa è la differenza che caratterizza l’impostazione levi-straussiana rispetto allo struttural-funzionalismo britannico- non sono realtà empiriche, non sono relazioni sociali, ma modelli logici universalmente presenti e fondati sull’attività inconscia dello spirito umano. Le strutture sono modelli complessi, basati su un’opposizione binaria, simile a quella rintracciabile in un sistema linguistico , sono una ricostruzione formale dell’architettura logica della realtà, un insieme di elementi dotati di una coesione interna, di cui le relazioni sociali rappresentano solo una manifestazione empirica e contingente. La razionalità interna dei fenomeni sociali ( miti, attività artistica, pratiche magiche) può essere studiata con gli strumenti della linguistica, poiché è possibile rintracciare “nel linguaggio un modello logico che possa aiutarci ( a studiare la logicità delle strutture), in quanto più perfetto e meglio conosciuto (parti 1 e IV). Le strutture sono reali, ma non percepibili empiricamente: lo studioso le considera modelli teorici, ricostruzioni scientifiche delle relazioni che legano elementi della vita sociale, frutto della capacità innata della mente umana di produrre senso (inconscio o spirito umano). Quello che accumuna le strutture al linguaggio è l’essere costituite da una matrice binaria tipica delle produzioni della mente umana: per questo motivo hanno una valenza comunicativa e sono composte da elementi di carattere segnico.
La cultura è ritenuta da Lévi Strauss un insieme di segni, segni che costituiscono il complesso delle relazioni strutturali che formano la realtà. L’antropologia è quindi assimilabile alla semiologia: è un’analisi formale, dotata di rigore scientifico, attraverso la quale comprendere il carattere universale delle strutture e delle leggi logiche che soggiacciono ai fenomeni socio-culturali (parte V).
L’opera concilia le impostazioni classiche della sociologia francese di Durkheim e Mauss con le teorie della linguistica scientifica del circolo di Praga (de Saussure, Troubetzkoy, Jakobson). È considerata l’atto di nascita dell’etnologia strutturale e ha influenzato la filosofia, la semiotica e la critica letteraria della seconda metà del Novecento.
La cultura è ritenuta da Lévi Strauss un insieme di segni, segni che costituiscono il complesso delle relazioni strutturali che formano la realtà. L’antropologia è quindi assimilabile alla semiologia: è un’analisi formale, dotata di rigore scientifico, attraverso la quale comprendere il carattere universale delle strutture e delle leggi logiche che soggiacciono ai fenomeni socio-culturali (parte V).
L’opera concilia le impostazioni classiche della sociologia francese di Durkheim e Mauss con le teorie della linguistica scientifica del circolo di Praga (de Saussure, Troubetzkoy, Jakobson). È considerata l’atto di nascita dell’etnologia strutturale e ha influenzato la filosofia, la semiotica e la critica letteraria della seconda metà del Novecento.