Camminare nel Medioevo
“Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”.
Per parlare del viaggio durante il medioevo abbiamo deciso di iniziare con questa frase di Agostino d’Ippona.
Prima del XVIII secolo camminare era sinonimo di povertà. In particolare, durante il XVI secolo camminare era inteso solamente come una pratica fisica necessaria e nulla più. Non si doveva camminare per strada perché così facendo saresti stato definito come un povero, un popolare. Quindi nel XVI secolo il camminare ha una valenza popolare. Prima della metà del XVIII secolo, il centro del viaggio coincideva con la meta da raggiungere. In questo periodo, la distanza che separava due luoghi, era considerato uno spazio di sofferenza (necessaria) per raggiungere il luogo di interesse.
Con il tempo poi, questa distanza da percorrere tra un luogo e un altro, non venne più intesa come sofferenza ma, iniziò ad assumere una connotazione diversa e questo avvenne quando il cammino diventò un prolungamento della passeggiata nel giardino che facevano gli aristocratici nelle loro ampie dimore.
Da questo momento in poi, la distanza tra i due luoghi era vissuta come scopo e non più come sofferenza. In altre parole: si camminava per il gusto di farlo e non perché era strettamente necessario. Quasi a tutti oggi sarà capitato di leggere che è importante quello che si prova durante il viaggio e non la meta finale. È appunto dopo il medioevo che si inizia a percepire questa cosa che oggi sembra una tendenza più che comune.
Io stesso -avendo attraversato a piedi l’intera Nuova Zelanda, avendo quindi camminato per circa 5 mesi e mezzo, tutto il giorno, tutti i giorni- posso affermare che non ho mai avuto molto interesse alla meta finale anche se comunque -parlando sinceramente- man mano che si avvicinava ci tenevo sempre di più. Ma i primi mesi ero totalmente disinteressato. Quel che a me interessava era l’incontro umano. Ero concentrato tutto lì. Il resto veniva dopo. Torniamo a noi.
Il camminare è da sempre legato allo spazio aperto, non regolato ed extraurbano. Come si può osservare nella nostra realtà, tale spazio è in continua diminuzione. Una serie di cambiamenti provocarono in Inghilterra, verso la metà del XVIII secolo, la cosiddetta “enclosure” che modificò sostanzialmente il paesaggio della campagna inglese. In particolare l’utilizzo di recinzioni tra un campo e l’altro chiuse i sentieri che venivano utilizzati dalla popolazione per raggiungere una località vicina, percorsi che facevano parte della vita quotidiana e che erano utilizzati per gli spostamenti dal proprio villaggio ad un altro piuttosto che per raggiungere un mercato o una chiesa.
Camminare -in questo contesto- serviva principalmente per preservare i propri territori e tenerli lontani da quel cambiamento forzato che sarebbe necessariamente avvenuto.
Poi, nel cuore del XVIII secolo, il camminare diviene strettamente legato al concetto di natura e, proprio in questo secolo, il gusto per la natura cominciò a divenire un fatto culturale. Ed è per questo che sempre più persone cominciarono a camminare e spesso lo facevano spostandosi in dei luoghi che ancora erano sconosciuti.
Possiamo notare ancora questo legame tra il camminare e il conoscere, tra il camminare e l’esplorare.
Libri consigliati sullo stesso argomento:
Filosofia e sport: stili di vita che ci aiutano a cambiare in meglio
L’inattività fisica è in costante aumento, soprattutto tra i più giovani. La sedentarietà sta dilagando e l’uso e abuso di strumenti digitali, tablet, social, smartphone, tv, pc, e videogames, rende tutti meno dinamici. Quando si parla di benessere, di stile di vita sano non si può non prendere in considerazione l’elemento basilare: lo sport. Potremmo chiederci: che cosa c’entra lo sport con la filosofia? Benessere fisico e mentale vanno di pari passo nel cammino della salute? Già nell’antica Grecia filosofia e sport erano strettamente uniti per esprimere il vigore della mente e del corpo, per il “perfezionamento di se stessi”. Lo sport, infatti, si praticava nel Ginnasio (palestra-scuola), in cui si sviluppavano di pari passo il corpo e la mente. Pertanto già gli antichi filosofi greci come ad esempio Socrate praticavano sport, per il corpo ma anche per la mente. Platone era un lottatore e cultore di uno sport democratico, accessibile a tutti, donne comprese. Il pensatore Aristotele, invece, escludeva le donne dallo sport. Filosofia e sport: due discipline spesso controverse, spesso incomprensibili, altre volte invece unite e inseparabili. Sport e filosofia. Corpo e pensiero. Fatica nel praticare e pesantezza nel pensare. Lo sport è un’opportunità che ci viene data per trasformare non solo il nostro corpo ma anche il nostro pensiero. Ricordiamoci sempre il motto: “Mens sana in corpore sano” utile a farci capire come l’esperienza e la pratica sportiva possano fare solo bene alla nostra mente. Solo avendo una mente sana possiamo rendere al meglio nell’attività sportiva, nel lavoro, nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali. |
Pensieri in cammino Il taccuino "Pensieri in cammino" è un oggetto da portare sempre con sé per riprendere la buona abitudine di scrivere a mano semplici appunti o i propri pensieri. Ad impreziosire ogni pagina, tanti aforismi sulle camminate dei più importanti filosofi accompagnati da affascinanti illustrazioni che riprendono il tema del taccuino. Poco importa se fate una passeggiata in città o in un parco naturale, un'escursione lunga e impegnativa in montagna o un camino di più giorni, l'importante è non perdere mai la voglia di camminare e guardare il mondo non solo con gli occhi ma anche con la mente e il cuore. Ricordatevi che come disse il filosofo Kierkegaard: "Io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata. Ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati. Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene". Speriamo che tu possa trovare del tempo da dedicare a te stesso, per camminare, riflettere e custodire per sempre un pensiero o un'emozione. |