Cartesio: vita,opere e pensiero
Cartesio nacque a La Haye nel 1596 e morì a Stoccolma nel 1650. Di famiglia appartenente alla piccola nobiltà francese, Cartesio (nome italianizzato di René Descartes) compie gli studi nel rinomato collegio gesuita di la Flèche; in seguito studia diritto a Poitiers. Malgrado l'indole tranquilla e prudente, i suoi primi anni sono caratterizzati da un inquieto periodo di viaggi nell'Europa sconvolta dalla Guerra dei Trent'anni. A lungo incerto se consacrarsi alla professione di soldato o a quella di studioso, Cartesio si dedica dapprima alla vita militare ( in un primo tempo nell'esercito protestante del principe d'Orange, poi in quello cattolico del duca di Baviera) finché, in una notte del novembre 1619, una serie di sogni rivelatori gli indica la nuova via da intraprendere. La via è quella della ricerca di una nuova logica capace di dare fondamento a una scienza universale. Abbandonata la carriera militare, si applica a tempo pieno allo studio, soggiornando preferibilmente in Olanda, anche per sottrarsi agli impegni mondani parigini.
Nelle "Regale ad directione ingenii" (1619) espone le prime idee del suo metodo; nel trattato "Il Mondo o Trattato sulla luce", che viene lasciato (temporaneamente incompiuto) nel 1633 in seguito alla condanna di Galileo, difende l'ipotesi copernicana e una visione meccanicistica dell'uomo. Le sue concezioni si chiariscono ulteriormente nel "Discorso sul metodo" (1637) e nelle "Meditationes de prima philosophia (1641), e sugli stessi temi ritornano i "Principia philosophiae" (1644) e "Le passioni dell'anima" (1649), un trattato di psicologia in cui si affronta il tema del rapporto tra anima e corpo. Nel 1649 accetta l'invito a recarsi in Svezia presso la corte della regina Cristina. Qui tuttavia mal sopporta i rigori del clima e l'obbligo di tenere quotidiane lezioni di filosofia alla regina alle cinque del mattino. Cartesio muore di polmonite nel 1650.
Cartesio e il suo tempo
La prima metà del Seicento è un periodo di grandiosi cambiamenti intellettuali, nel quale l'intera tradizione culturale precedente entra in una crisi senza speranza: ogni conoscenza va rivista, dalla cosmologia (dove sia ferma l'idea copernicana che è la Terra a ruotare intorno al Sole e non viceversa) alla fisiologia (dove l'organismo non è più mosso dalle varie anime ma viene ormai paragonato a una grande macchina). Galileo individua nella matematica la chiave della realtà (il gran libro della natura è scritto in caratteri matematici) e la nuova fisica intraprende la sua battaglia decisiva con la cultura tradizionale (e con l'Inquisizione). Si tratta ora di proporre un sistematizzazione filosofica della visione del mondo:l'importanza di Cartesio sta nell'averla fornita, disegnando così la geografia concettuale del pensiero moderno. Egli presenta una nuova ontologia, incentrata sulla contrapposizione tra spirito e materia, e soprattutto una nuova epistemologia, una nuova teoria della conoscenza basata sulla capacità del soggetto di giungere attraverso l'unione di percezioni chiare e distinte e di un corretto metodo di ragionamento alla comprensione dei caratteri essenziali della realtà.
La teoria della conoscenza
La fondazione della conoscenza
Secondo Cartesio, l'intera conoscenza trasmessa dalla filosofia scolastica deve essere radicalmente messa in questione; occorre ricominciare da zero, partire da una certezza che sia assolutamente al di là di ogni dubbio e risalire, attraverso le regole di un metodo affidabile, fino a un sapere giustificato, saldo e indubitabile.
Il punto di partenza per ogni ulteriore sapere viene individuato nel "Discorso sul metodo e nelle "Meditationes de prima philosophia" nella certezza che ognuno di noi ha di esistere; tale certezza si esprime nella celebra massima cogito ergo sum (penso dunque sono): l'autoevidenza del cogito, e del pensiero, è il punto di partenza della vera conoscenza.
Il Discorso sul metodo
Il Discorso sul metodo si divide in sei parti; la prima dedicata a mostrare l'esigenza di un nuovo metodo per la scoperta della verità; la seconda enuncia le regole di tale metodo, basato sull'importanza dell'evidenza (di ciò che ci appare certo e indubitabile), sull'attenzione da portare tanto alla scomposizione dei problemi nei loro costituenti quanto alla sintesi, che permette di risalire dalla conoscenze più semplici a quelle più complesse. Di tale modello del conoscere, simile a quello della matematica, viene fornita una giustificazione filosofica nella quarta parte del Discorso, dopo aver proposto nella terza parte una morale provvisoria, quale riferimento sicuro nell'attuale fase di dubbio. Infine, nella quinta e nella sesta parte, Cartesio esprime la tesi della distinzione radicale tra l'animale e l'uomo (che solo possiede l'anima) e conclude con un'appassionata difesa della scienza.
Cuore filosofico del Discorso sul metodo è il procedimento del dubbio metodico, presentato nella quarta parte. Cartesio ritiene di dover rifiutare come assolutamente falso tutto ciò di cui si possa avere il minimo dubbio, per vedere se, dopo aver così proceduto, rimanga ancora qualche cosa che sia del tutto indubitabile. La scoperta di Cartesio è che quasi nulla di quanto riteniamo di sapere è in grado di superare il test del dubbio metodico. Le percezioni più chiare possono ingannarci, come avviene nel caso dei sogni, e persino i ragionamenti matematici posso risultare errati.
Il genio maligno
Per rendere più solido il suo argomento, nelle Meditationes Cartesio immagina la possibilità che un certo genio maligno abbia posto ogni sua astuzia nel far sì che io mi inganni. Ogni nostra conoscenza sprofonda nell'incertezza: l'azzurro del cielo, il dolce del miele, perfino il proverbiale 2+2=4, tutto potrebbe essere falso, eppure sembrarci vero per la perfida azione del demone ingannatore.
Il cogito ergo sum
Perché vi sia l'inganno occorre che qualcuno venga ingannato. Se posso mettere in dubbio ogni mia conoscenza, occorre quanto meno che io esista: se io penso (o dubito), sono. Il fatto stesso di dubitare è prova evidente di esistere.
L'esistenza è dunque un attributo essenziale del soggetto che pensa, e il cogito è la pietra di paragone di ogni conoscenza certa. A partire da questa solida roccia Cartesio può iniziare la riconquista delle conoscenze faticosamente raggiunte dall'uomo.
La centralità del soggetto
Nel porre l'autoevidenza del pensiero alla base della sua filosofia, Cartesio opera una grande svolta, tale da influenzare l'intero pensiero moderno. Tema centrale della filosofia non sarà più, infatti, la natura dell'essere in quanto essere (come era nella tradizione antica e medioevale), ma il rapporto conoscitivo fra l'uomo e il mondo. Ciò riflette tanto la centralità assunta dalla scienza, quanto il definitivo passaggio della riflessione filosofica dalle questioni teologiche (la natura di Dio) a quelle, in senso lato, antropologiche (l'uomo, la sua natura, i limiti dell'intelletto).
Le idee innate
Secondo Cartesio, una volta appurata la certezza dell'esistenza del soggetto come un essere pensante, è possibile rintracciare al suo interno le idee innate e i principi razionali in grado di giustificare la fondazione su basi certe dell'edificio della conoscenza. Cartesio chiama idea ogni contenuto cosciente della mente. Tra le idee, alcune derivano dai sensi, altre sono frutto dell'azione dell'intelletto e altre ancora (quelle innate, appunto) sono presenti fin dalla nascita, quali contenuti universali tipici di ogni essere pensante.
Tra le idee innate, un ruolo fondamentale gioca l'idea di Dio, la quale per Cartesio-che riprende l'argomento ontologico di Anselmo d'Aosta-è sufficiente per dimostrare che:
1) esiste un essere onnipotente e infinitamente buono;
2) non essendo concepibile che questo essere voglia ingannarci, possiamo fidarci di ciò che ci appare come evidente e al di là di ogni dubbio, quando usiamo in modo corretto le facoltà intellettive di cui ci ha dotati. In questo senso, la benevolenza di Dio garantisce che alla certezza corrisponda la verità: in termini filosofici ciò significa giustificare la pretesa della conoscenza umana di cogliere la vera natura (la struttura ontologica) della realtà.