Il giusnaturalismo moderno
La crisi della fondazione teologica del diritto può essere fatta coincidere con l'epoca delle guerre civili di religione, che segnano il processo di costituzione dello stato moderno.
In questop eriodo l'idea del diritto naturale viene ripresa sistematicamente dal giusnaturalismo. L'elemento unificante dell'insieme di posizioni teoriche, anche molto differenti tra di loro, che va sotto questo nome, è il metodo razionale, il tentativo di dare alla scienza del diritto e della morale uno statuto epistemologico analogo alle scienze matematiche, liberandola dagli insolubili conflitti determinati dalla crisi dell'universalismo religioso.
Questo principio metodologico si presenta per al prima volta nel De iure belli ac pacis (1625) di Ugo Grozio ed è compiutamente e rigorosamente definito nell'opera di Hobbes.
In Grozio affermare la normatività spontanea della ragione umana significa opporsi da un lato alla dogmatica teologica della scolastica e del calvinismo, e d'altro lato alla teoria moderna dello stato, che con il Principe (1513) di Machiavelli e la Repubblica (1576) di J. Bodin poneva il potere del sovrano al di fuori di ogni limitazione morale e giuridica.
Per Grozio quindi il diritto naturale, in quanto si fonda sulla sfera della ragione pura, è precedente e autonomo da ogni potere divino e umano. Ma la costruzione di Grozio poggiava ancora sulla concezione aristotelica e scolastica dell'uomo come "animale naturale sociale", in quanto individuava nell'appetitus societatis il dato originario della natura umana. Nel De Cive (1641) Hobbes confuta drasticamente questa idea, stabilendo la dicotomia tra lo stato di natura, in cui tra gli individui isolati non può che regnare la guerra di tutti contro tutti, e lo stato civile, nel quale l'unità politica, lungi dall'essere data naturaliter, è il prodotto del trasferimento dei diritti naturali dei singoli individui nella volontà del sovrano, che monopolizza la produzione del diritto; non conosce alcun limite nel diritto naturale dei governati.
Tutto il giusnaturalismo moderno assume assume la coppia dicotomica stato di natura-stato civile: non c'è più sviluppo lineare tra società naturale e società politica, tra individuo e stato.
Il diritto naturale esprime la dimensione dell'individuo privato, separata e antitetica all'unità razionale del diritto positivo.
In questo modo l'essenza dello stato moderno viene colta in un processo di centralizzazione e di unificazione della politica, come risposta alla crisi del pluralismo dello stato feudale e cetuale.
I termini che entrano in gioco in questo processo sono sono da un lato gli individui liberi e uguali allo stato di natura, dall'altro lo stato che nasce dall'accordo razionale tra gli individui, il contratto sociale.
Lo stato non è più quindi il riflesso di un ordine cosmico divino-naturale, ma una forma tecnico-razionale di regolamentazione dei rapporti umani, legittimata dal consenso degli individui.
All'interno della filosofia moderna del diritto, il rapporto tra diritto naturale-individuale e potere centrale dello stato determina la differenza tra stato assoluto e stato limitato o liberale.
Il modello di stato assoluto di Hobbes realizza la totale integrazione della sfera privata nella razionalità unitaria dello stato. Anche nel Trattato teologico-politico (1670) di Spinoza, la costituzione dello stato implica la quasi totale rinuncia dell'individuo ai diritti naturali, anche se significativamente resta inalienabile il diritto alla libertà di opinione e di giudizio.
Nei Due trattati sul governo (1690) di Locke, al contrario, il diritto pubblico espresso dal potere statale non ha altra funzione che quella di garantire come un giudice imparziale la perfezione del diritto privato. Con Rousseau e con Kant lo schema giusnaturalistico subisce importanti trasformazioni.
Nel Contratto sociale (1762) di Rousseau il trasferimento dei diritti naturali allo stato è totale, ma ciò in quanto egli non identifica la libertà con il diritto naturale, bensì con l'obbedienza a una legge posta dalla stessa ragione umana e che può essere posta solo da un contratto sociale che, alienando tutti i diritti naturali, trasformi l'uomo naturale in cittadino.
La Metafisica dei costumi (1797) di Kant rappresenta la forma teorica più compita dello stato liberale, come stato di diritto e insieme "persona morale", autorità universale che risolve in sé la molteplicità dei voleri.
Per Kant il contratto che fonda il passaggio allo stato civile non è un atto di rinuncia, totale o parziale, ai diritti individuali, ma è il riconoscimento di un dovere e la condizione della libertà, in quanto soggetto del contratto non è l'uomo empirico, ma l'uomo noumenico, per cui lo stato non è, come in Locke, il mero garante degli interessi particolari, ma è l'unità morale dell'umanità associata.
Bibliografia:
Dizionario filosofia di Abbagnano
Le Garzantine filosofia
In questop eriodo l'idea del diritto naturale viene ripresa sistematicamente dal giusnaturalismo. L'elemento unificante dell'insieme di posizioni teoriche, anche molto differenti tra di loro, che va sotto questo nome, è il metodo razionale, il tentativo di dare alla scienza del diritto e della morale uno statuto epistemologico analogo alle scienze matematiche, liberandola dagli insolubili conflitti determinati dalla crisi dell'universalismo religioso.
Questo principio metodologico si presenta per al prima volta nel De iure belli ac pacis (1625) di Ugo Grozio ed è compiutamente e rigorosamente definito nell'opera di Hobbes.
In Grozio affermare la normatività spontanea della ragione umana significa opporsi da un lato alla dogmatica teologica della scolastica e del calvinismo, e d'altro lato alla teoria moderna dello stato, che con il Principe (1513) di Machiavelli e la Repubblica (1576) di J. Bodin poneva il potere del sovrano al di fuori di ogni limitazione morale e giuridica.
Per Grozio quindi il diritto naturale, in quanto si fonda sulla sfera della ragione pura, è precedente e autonomo da ogni potere divino e umano. Ma la costruzione di Grozio poggiava ancora sulla concezione aristotelica e scolastica dell'uomo come "animale naturale sociale", in quanto individuava nell'appetitus societatis il dato originario della natura umana. Nel De Cive (1641) Hobbes confuta drasticamente questa idea, stabilendo la dicotomia tra lo stato di natura, in cui tra gli individui isolati non può che regnare la guerra di tutti contro tutti, e lo stato civile, nel quale l'unità politica, lungi dall'essere data naturaliter, è il prodotto del trasferimento dei diritti naturali dei singoli individui nella volontà del sovrano, che monopolizza la produzione del diritto; non conosce alcun limite nel diritto naturale dei governati.
Tutto il giusnaturalismo moderno assume assume la coppia dicotomica stato di natura-stato civile: non c'è più sviluppo lineare tra società naturale e società politica, tra individuo e stato.
Il diritto naturale esprime la dimensione dell'individuo privato, separata e antitetica all'unità razionale del diritto positivo.
In questo modo l'essenza dello stato moderno viene colta in un processo di centralizzazione e di unificazione della politica, come risposta alla crisi del pluralismo dello stato feudale e cetuale.
I termini che entrano in gioco in questo processo sono sono da un lato gli individui liberi e uguali allo stato di natura, dall'altro lo stato che nasce dall'accordo razionale tra gli individui, il contratto sociale.
Lo stato non è più quindi il riflesso di un ordine cosmico divino-naturale, ma una forma tecnico-razionale di regolamentazione dei rapporti umani, legittimata dal consenso degli individui.
All'interno della filosofia moderna del diritto, il rapporto tra diritto naturale-individuale e potere centrale dello stato determina la differenza tra stato assoluto e stato limitato o liberale.
Il modello di stato assoluto di Hobbes realizza la totale integrazione della sfera privata nella razionalità unitaria dello stato. Anche nel Trattato teologico-politico (1670) di Spinoza, la costituzione dello stato implica la quasi totale rinuncia dell'individuo ai diritti naturali, anche se significativamente resta inalienabile il diritto alla libertà di opinione e di giudizio.
Nei Due trattati sul governo (1690) di Locke, al contrario, il diritto pubblico espresso dal potere statale non ha altra funzione che quella di garantire come un giudice imparziale la perfezione del diritto privato. Con Rousseau e con Kant lo schema giusnaturalistico subisce importanti trasformazioni.
Nel Contratto sociale (1762) di Rousseau il trasferimento dei diritti naturali allo stato è totale, ma ciò in quanto egli non identifica la libertà con il diritto naturale, bensì con l'obbedienza a una legge posta dalla stessa ragione umana e che può essere posta solo da un contratto sociale che, alienando tutti i diritti naturali, trasformi l'uomo naturale in cittadino.
La Metafisica dei costumi (1797) di Kant rappresenta la forma teorica più compita dello stato liberale, come stato di diritto e insieme "persona morale", autorità universale che risolve in sé la molteplicità dei voleri.
Per Kant il contratto che fonda il passaggio allo stato civile non è un atto di rinuncia, totale o parziale, ai diritti individuali, ma è il riconoscimento di un dovere e la condizione della libertà, in quanto soggetto del contratto non è l'uomo empirico, ma l'uomo noumenico, per cui lo stato non è, come in Locke, il mero garante degli interessi particolari, ma è l'unità morale dell'umanità associata.
Bibliografia:
Dizionario filosofia di Abbagnano
Le Garzantine filosofia