In cammino con Nietzsche (parte 7)
In una lettera del cinque maggio 1875 indirizzata a sua madre e sua sorella possiamo leggere quanto segue: “Mie care e buone mamma e sorella, poiché non stavo bene, ero sofferente e spossato, e avevo dovuto anche mettermi a letto due volte, mi sono fatto coraggio e sono andato a Berna una settimana per fare delle passeggiate [...] ho potuto dare libero sfogo alla mia passione per la vita solitaria e le camminate solitarie. Tutti i giorni ho fatto passeggiate di otto ore nei magnifici dintorni di Berna, immerso nei miei pensieri”. Oramai è chiaro: Nietzsche è -anche- un camminatore solitario. E ancora: Nietzsche ama e si sento debitore nei confronti della natura.
Negli articoli precedenti abbiamo visto cosa intende per natura, la settimana scorsa invece ho proposto un riassunto del testo “Cosi parlò Zarathustra” proprio per ribadire il fatto che Nietzsche si è spesso servito di fenomeni naturali per la trattazione dei suoi passi più celebri. E questo non è un caso ma a questo punto direi che era una sua naturale inclinazione. Anche se, come dimostra il virgolettato, qualcosa ci suggerisce che si “ritirava” nei boschi in solitudine perché spesso non stava bene, sia fisicamente che psicologicamente. Ma ora in questa settima parte vediamo come non solo lui è partecipe della natura in prima persona, ma anche come ci renda Zarathustra stesso. Infatti all’interno di “Così parlò Zarathustra” c’è il paragrafo intitolato “Il viandante”. E allora vediamolo brevemente.
Intorno a mezzanotte Zarathustra s’incamminò per raggiungere una spiaggia da dove potersi imbarcare. Nel salire su per la montagna, Zarathustra pensava, cammin facendo, alle molte peregrinazioni solitarie che aveva compiuto sin dalla sua giovinezza e inoltre pensava a tutte quelle montagne che aveva conosciuto e alle vette che aveva salito. “Io sono un viandante che sale su per i monti, diceva al suo cuore, io non amo le pianure e, a quanto sembra, non mi riesce di fermarmi a lungo. E, quali che siano i destini e le esperienze che io mi trovi a vivere, vi sarà sempre in essi un peregrinare e un salire sui monti: infine non si vive se non se stessi”. Più avanti il testo dice che è necessario imparare a distogliere lo sguardo da sé stessi per vedere ciò che ci circonda e che anche di questa durezza hanno bisogno tutti coloro che salgono le montagne. A un certo punto Zarathustra arriva sulla cima del dorso montuoso e davanti a lui si allarga l’altro mare. A quella vista egli tacque a lungo e anche questo dimostra come il profeta di Nietzsche contemplasse e rimanesse ammaliato dalle bellezze naturali. Da quella cima solo una cosa poteva accadere: riscendere fino al punto più basso: il mare. E così fece. Quando alla fine si trovò solo in mezzo agli scogli, il cammino fatto lo aveva reso stanco e ancor più melanconico di prima. “Tutto dorme ora, disse; anche il mare dorme. Ebbro di sonno e straniato, il suo occhio si posa su di me. Ma il suo respiro è caldo, lo sento. E sento anche che il mare sogna. E sognando si gira e rigira su cuscini scabri. Ascolta! Come sospira per ricordi cattivi! O per cattive attese? Ah, con te divido la mestizia, mostro tenebroso, e per tua colpa sono in collera con me stesso. Ah, perché la mia mano non ha forza abbastanza! Davvero ti libererei volentieri dai tuoi sogni cattivi”. Zarathustra si rivolge addirittura al mare come se fosse un essere vivente e questo per sottolineare come il filosofo senta vicino la natura, addirittura sente il mare respirare. Poi si rivolge a sé stesso dicendosi che non ha avuto mai paura nei confronti di tutte le cose paurose e l’amore è il pericolo per il più solo tra gli uomini, l’amore verso qualsiasi cosa, purché vivente. Dopo aver riso della sua follia e della sua modestia in amore, arriva anche il momento del pianto perché in quel rapporto così intenso e in stretto contatto con la natura e con sé stesso, ricorda di avere abbandonato i suoi amici e questo gli causa una grande nostalgia seguita da un pianto amaro.
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Filosofia e sport: stili di vita che ci aiutano a cambiare in meglio L’inattività fisica è in costante aumento, soprattutto tra i più giovani. La sedentarietà sta dilagando e l’uso e abuso di strumenti digitali, tablet, social, smartphone, tv, pc, e videogames, rende tutti meno dinamici. Quando si parla di benessere, di stile di vita sano non si può non prendere in considerazione l’elemento basilare: lo sport. Potremmo chiederci: che cosa c’entra lo sport con la filosofia? Benessere fisico e mentale vanno di pari passo nel cammino della salute? Già nell’antica Grecia filosofia e sport erano strettamente uniti per esprimere il vigore della mente e del corpo, per il “perfezionamento di se stessi”. Lo sport, infatti, si praticava nel Ginnasio (palestra-scuola), in cui si sviluppavano di pari passo il corpo e la mente. Pertanto già gli antichi filosofi greci come ad esempio Socrate praticavano sport, per il corpo ma anche per la mente. Platone era un lottatore e cultore di uno sport democratico, accessibile a tutti, donne comprese. Il pensatore Aristotele, invece, escludeva le donne dallo sport. Filosofia e sport: due discipline spesso controverse, spesso incomprensibili, altre volte invece unite e inseparabili. Sport e filosofia. Corpo e pensiero. Fatica nel praticare e pesantezza nel pensare. Lo sport è un’opportunità che ci viene data per trasformare non solo il nostro corpo ma anche il nostro pensiero. Ricordiamoci sempre il motto: “Mens sana in corpore sano” utile a farci capire come l’esperienza e la pratica sportiva possano fare solo bene alla nostra mente. Solo avendo una mente sana possiamo rendere al meglio nell’attività sportiva, nel lavoro, nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali. |
Pensieri in cammino Il taccuino "Pensieri in cammino" è un oggetto da portare sempre con sé per riprendere la buona abitudine di scrivere a mano semplici appunti o i propri pensieri. Ad impreziosire ogni pagina, tanti aforismi sulle camminate dei più importanti filosofi accompagnati da affascinanti illustrazioni che riprendono il tema del taccuino. Poco importa se fate una passeggiata in città o in un parco naturale, un'escursione lunga e impegnativa in montagna o un camino di più giorni, l'importante è non perdere mai la voglia di camminare e guardare il mondo non solo con gli occhi ma anche con la mente e il cuore. Ricordatevi che come disse il filosofo Kierkegaard: "Io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata. Ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati. Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene". Speriamo che tu possa trovare del tempo da dedicare a te stesso, per camminare, riflettere e custodire per sempre un pensiero o un'emozione. |