In cammino con Rousseau (parte 2)
“Ci sono sempre quattro versioni di ogni storia: la tua versione, la loro, la verità, e ciò che è davvero successo”. Frase molto acuta di Rousseau.
Nell'articolo precedente abbiamo finito affermando che i viaggi di Rousseau risultano abbastanza inattuali.
A tal proposito citiamo testualmente le parole di Frédréric Gros che ha rilasciato durante una delle sue interviste:
“Le nuove generazioni considerano, e possono aver ragione, che devi essere pazzo per andare a piedi da qualche parte, specialmente quando hai a disposizione tutti i tipi di invenzioni tecnologiche che ti permettono di fare tutto senza muoverti. Per loro camminare è monotono, in parte perché sono abituati a immagini che cambiano molto velocemente nei vari schermi, mentre quando camminiamo i paesaggi cambiano molto lentamente. Oltre a questo, camminare è sempre la stessa cosa. Ed è considerato noioso. Per alcuni camminare è l’esatto opposto del significato del piacere, perché tendiamo a comparare il piacere con l’eccitazione. E perché ci sia eccitazione è necessaria la novità. Di fronte a questo scoprire il piacere di camminare può essere qualcosa di completamente esotico. Si scopre una dimensione che ad oggi è praticamente bandita dalla nostra vita: la lentezza, la presenza fisica. Durante la camminata, tutti i sensi sono presenti, ascoltiamo i rumori della foresta e percepiamo le luci”.
Tornando a Rousseau: a quaranta anni si inoltra nei boschi, ospitato in case di campagna da suoi protettori dell'aristocrazia. Amava passeggiare in campagna. Si trovava perfettamente a suo agio poiché apprezzava la limpidezza di un mattino e il suono degli animali durante la notte. E allora qui, camminando tutto il giorno, Rousseau concepisce il folle progetto di ritrovare in sé l’uomo naturale e cioè quell’uomo non alterato dalla cultura, dall’educazione e dalle arti: l’uomo di prima, prima dei libri e dei salotti, prima della società del lavoro. Infatti Rousseau affermerà che un uomo acculturato è in un certo senso un uomo snaturato. Dentro quel bosco Rousseau cercava l’immagine di quei tempi primitivi di cui andava delineando orgogliosamente la storia.
Si accorse pian piano che questi primitivi passavano –esattamente come lui- giornate tranquille e innocenti e in armonia con la natura. Rousseau si sentiva guarito dalle passioni fittizie ed estenuanti del bel mondo. A questo punto è l’uomo civilizzato a diventare bruto: pieno di invidia e di rabbia. Rousseau dichiara che a forza di camminare qualcosa cambia e cioè che non si prova più niente per l’altro, né aggressiva malvagità né falsa fraternità. Si prova soltanto una disponibilità neutra che si riavviva non appena un altro viene scoperto in lacrime. Quando l’altro per te non rappresenta più un ostacolo per i tuoi obiettivi, spariscono i sentimenti negativi.
Insomma per Rousseau il camminare, già insito in sé dalla sua giovinezza è una purificazione, è un riscoprire la genuinità primitiva abbandonando i sentimenti negativi scaturiti dalla società attuale fatta di invidie, gelosie e arrivismo. È uno scoprire ciò che non sta scritto nei libri, un andare oltre sé stesso per conoscersi sempre meglio, un addentrarsi nel cuore della natura che serve a lui come fonte di ispirazione per la vita e per le sue opere. Si addentra nei boschi per sentir palpitare dentro di sé il primo uomo. Il risultato riportato da Rousseau è che non detesta più nessun altro e anzi compiange il prossimo e si prova più amore verso sé stessi. Alle soglie dei sessant’anni, le ultime passeggiate hanno il sapore del distacco, tutto è più mite e si accompagna il calar della notte. Dichiarerà che non c’è più niente da aspettarsi o da sperare e che bisognerà soltanto vivere e lasciarsi esistere. Qui ci si abbandona, si lascia tutto com’è e se ne assapora il gusto affezionandosi ancor più a sé stessi per i ricordi degli anni passati. Questo camminare è un rilassamento dell’Essere. I destini sono esauriti, conclusi, definiti, compiuti. I libri sono chiusi.
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Filosofia e sport: stili di vita che ci aiutano a cambiare in meglio
L’inattività fisica è in costante aumento, soprattutto tra i più giovani. La sedentarietà sta dilagando e l’uso e abuso di strumenti digitali, tablet, social, smartphone, tv, pc, e videogames, rende tutti meno dinamici.Quando si parla di benessere, di stile di vita sano non si può non prendere in considerazione l’elemento basilare: lo sport. Potremmo chiederci: che cosa c’entra lo sport con la filosofia? Benessere fisico e mentale vanno di pari passo nel cammino della salute? Già nell’antica Grecia filosofia e sport erano strettamente uniti per esprimere il vigore della mente e del corpo, per il “perfezionamento di se stessi”. Lo sport, infatti, si praticava nel Ginnasio (palestra-scuola), in cui si sviluppavano di pari passo il corpo e la mente. Pertanto già gli antichi filosofi greci come ad esempio Socrate praticavano sport, per il corpo ma anche per la mente. Platone era un lottatore e cultore di uno sport democratico, accessibile a tutti, donne comprese. Il pensatore Aristotele, invece, escludeva le donne dallo sport. Filosofia e sport: due discipline spesso controverse, spesso incomprensibili, altre volte invece unite e inseparabili.Sport e filosofia. Corpo e pensiero. Fatica nel praticare e pesantezza nel pensare. Lo sport è un’opportunità che ci viene data per trasformare non solo il nostro corpo ma anche il nostro pensiero. Ricordiamoci sempre il motto: “Mens sana in corpore sano” utile a farci capire come l’esperienza e la pratica sportiva possano fare solo bene alla nostra mente. Solo avendo una mente sana possiamo rendere al meglio nell’attività sportiva, nel lavoro, nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali. |
Pensieri in cammino Il taccuino "Pensieri in cammino" è un oggetto da portare sempre con sé per riprendere la buona abitudine di scrivere a mano semplici appunti o i propri pensieri. Ad impreziosire ogni pagina, tanti aforismi sulle camminate dei più importanti filosofi accompagnati da affascinanti illustrazioni che riprendono il tema del taccuino. Poco importa se fate una passeggiata in città o in un parco naturale, un'escursione lunga e impegnativa in montagna o un camino di più giorni, l'importante è non perdere mai la voglia di camminare e guardare il mondo non solo con gli occhi ma anche con la mente e il cuore. Ricordatevi che come disse il filosofo Kierkegaard: "Io, camminando ogni giorno, raggiungo uno stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata. Ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati. Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene". Speriamo che tu possa trovare del tempo da dedicare a te stesso, per camminare, riflettere e custodire per sempre un pensiero o un'emozione. |