Introduzione all'ermeneutica
L' ermeneutica filosofica contiene in sé una duplicità di rimandi. A) Da un lato, il termine "ermeneutica" presenta infatti due significati differenti: uno "tecnico" e uno "generale". Il primo (quello tecnico) la intende come "teoria dell'interpretazione" al cui interno si possono distinguere ulteriormente: un'interpretazione giuridica che si riferisce al fatto per cui occorre interpretare le leggi per applicarle a casi concreti; un'interpretazione teologica soprattutto dei testi sacri (cristiani, ebraici, islamici) e un'interpretazione filosofica (e letteraria) come quell'insieme di regole e norme che insegnano a interpretare i testi filosofici e letterari.
Nel suo senso generale invece indica la teoria dell'interpretazione in senso filosofico: cioè con essa non ci si riferisce più alle tecniche di interpretazione di un testo (anche filosofico), ma si tratta di studiare il senso che ha l'interpretazione all'interno dell'esperienza umana. Si tratta cioè di tematizzare il fenomeno ermeneutico, che si può in linea generale intendere - con Marco Ravera - come il rapporto del lettore con il testo, e soprattutto con i testi di epoche diverse dalla sua, facendolo diventare oggetto di una indagine che tende a chiarirlo non nelle sue regole di svolgimento, ma in particolare nel suo significato per la stessa definizione dell'esistenza dell'uomo. Quindi non è il risalire da un particolare segno a un particolare significato quello che pone originariamente il problema ermeneutico. Il problema ermeneutico si pone invece là dove l'uomo si trova in rapporto a testi che aspirano a valere come inquadramento generale della sua vita.
Sia in senso tecnico (attinente quindi ai concreti processi di interpretazione dei testi - come quando si parla, ad esempio, dell'interpretazione heideggeriana di Nietzsche - e all'elaborazione teorica di regole per la loro adeguata conduzione, come, ad esempio, avviene nella teoria proposta da Emilio Berti) sia in senso generale (attinente cioè all'interrogazione circa la natura e i limiti di ogni comprendere all'interno dell'esperienza dell'uomo nel mondo) si può sostenere - seguendo le indicazioni di Franco Bianco - che l'ermeneutica faccia riferimento ai tre seguenti ambiti semantici fondamentali: l'espressione, ossia la capacità di manifestare mediante segni ( ad esempio i suoni) dotati di significato i pensieri dell'uomo nel loro rimando alle cose da cui hanno origine (è la concezione che ha Aristotele); la spiegazione, ossia - tralasciando per ora il significato che il termine assume nel dibattito culturale ottocentesco, all'interno del quale è contrapposto alla comprensione - il chiarimento di un senso oscuro con l'intento di renderlo accessibile al pensiero (è la concezione platonica); la traduzione, ossia l'atto con il quale si traspone da una lingua naturale a un'altra un qualsiasi discorso orale o scritto, atto che sottende una mediazione tra universi linguistici diversi ( e quindi una tacita interpretazione).
B) Dall'altro lato, l'ermeneutica filosofica rimanda alla "filosofia ermeneutica" quale orientamento di pensiero che si è affermato nella filosofia del Novecento soprattutto a partire da Heidegger e, sulla sua scia, da Gadamer, Ricoeur e Pareyson: si tratta di una corrente filosofica che intende il termine ermeneutica principalmente nel suo significato generale, vedendo, nel suo orientamento complessivo, il carattere interpretativo quale struttura fondamentale dell'esperienza umana, alla luce del quale considerare anche ( o tralasciare) il significato tecnico dell'ermeneutica prima richiamato.Se ci occupiamo di filosofia ermeneutica come disciplina, lo facciamo perché questa corrente fa dell'interpretazione il centro della sua prospettiva e legge dunque tutta l'esperienza umana assumendo come punto centrale il carattere interpretativo, piuttosto che quello oggettivo, di essa.
Certo, non si può non evidenziare che la filosofia ermeneutica novecentesca, pur essendo accomunata dalla dimensione ontologica, la svolge secondo diverse varianti, tra le quali è opportuno accennare fin d'ora alle posizioni dei tre ultimi pensatori richiamati. Gadamer infatti sottolinea maggiormente la dimensione della storia e del susseguirsi in essa delle interpretazioni nella quali sembra esaurirsi completamente l'essere; Pareyson evidenzia invece come la storia e le interpretazioni che in essa si manifestano si radichino, secondo una dinamica di identità nella differenza, nell'essere-verità come loro origine eterna; Ricoeur prospetta infine l'ermeneutica come sforzo di riappropriazione da parte del sé del suo senso disperso nella storia secondo una prospettiva che però può sembrare non attingere mai completamente l'autentica dimensione ontologica.
Nel suo senso generale invece indica la teoria dell'interpretazione in senso filosofico: cioè con essa non ci si riferisce più alle tecniche di interpretazione di un testo (anche filosofico), ma si tratta di studiare il senso che ha l'interpretazione all'interno dell'esperienza umana. Si tratta cioè di tematizzare il fenomeno ermeneutico, che si può in linea generale intendere - con Marco Ravera - come il rapporto del lettore con il testo, e soprattutto con i testi di epoche diverse dalla sua, facendolo diventare oggetto di una indagine che tende a chiarirlo non nelle sue regole di svolgimento, ma in particolare nel suo significato per la stessa definizione dell'esistenza dell'uomo. Quindi non è il risalire da un particolare segno a un particolare significato quello che pone originariamente il problema ermeneutico. Il problema ermeneutico si pone invece là dove l'uomo si trova in rapporto a testi che aspirano a valere come inquadramento generale della sua vita.
Sia in senso tecnico (attinente quindi ai concreti processi di interpretazione dei testi - come quando si parla, ad esempio, dell'interpretazione heideggeriana di Nietzsche - e all'elaborazione teorica di regole per la loro adeguata conduzione, come, ad esempio, avviene nella teoria proposta da Emilio Berti) sia in senso generale (attinente cioè all'interrogazione circa la natura e i limiti di ogni comprendere all'interno dell'esperienza dell'uomo nel mondo) si può sostenere - seguendo le indicazioni di Franco Bianco - che l'ermeneutica faccia riferimento ai tre seguenti ambiti semantici fondamentali: l'espressione, ossia la capacità di manifestare mediante segni ( ad esempio i suoni) dotati di significato i pensieri dell'uomo nel loro rimando alle cose da cui hanno origine (è la concezione che ha Aristotele); la spiegazione, ossia - tralasciando per ora il significato che il termine assume nel dibattito culturale ottocentesco, all'interno del quale è contrapposto alla comprensione - il chiarimento di un senso oscuro con l'intento di renderlo accessibile al pensiero (è la concezione platonica); la traduzione, ossia l'atto con il quale si traspone da una lingua naturale a un'altra un qualsiasi discorso orale o scritto, atto che sottende una mediazione tra universi linguistici diversi ( e quindi una tacita interpretazione).
B) Dall'altro lato, l'ermeneutica filosofica rimanda alla "filosofia ermeneutica" quale orientamento di pensiero che si è affermato nella filosofia del Novecento soprattutto a partire da Heidegger e, sulla sua scia, da Gadamer, Ricoeur e Pareyson: si tratta di una corrente filosofica che intende il termine ermeneutica principalmente nel suo significato generale, vedendo, nel suo orientamento complessivo, il carattere interpretativo quale struttura fondamentale dell'esperienza umana, alla luce del quale considerare anche ( o tralasciare) il significato tecnico dell'ermeneutica prima richiamato.Se ci occupiamo di filosofia ermeneutica come disciplina, lo facciamo perché questa corrente fa dell'interpretazione il centro della sua prospettiva e legge dunque tutta l'esperienza umana assumendo come punto centrale il carattere interpretativo, piuttosto che quello oggettivo, di essa.
Certo, non si può non evidenziare che la filosofia ermeneutica novecentesca, pur essendo accomunata dalla dimensione ontologica, la svolge secondo diverse varianti, tra le quali è opportuno accennare fin d'ora alle posizioni dei tre ultimi pensatori richiamati. Gadamer infatti sottolinea maggiormente la dimensione della storia e del susseguirsi in essa delle interpretazioni nella quali sembra esaurirsi completamente l'essere; Pareyson evidenzia invece come la storia e le interpretazioni che in essa si manifestano si radichino, secondo una dinamica di identità nella differenza, nell'essere-verità come loro origine eterna; Ricoeur prospetta infine l'ermeneutica come sforzo di riappropriazione da parte del sé del suo senso disperso nella storia secondo una prospettiva che però può sembrare non attingere mai completamente l'autentica dimensione ontologica.