La teoria del sogno in filosofia
Il sogno è l'azione dell' immaginazione nel sonno. Questa è la definizione del termine che fu data già da Platone (Tim., 45) e da Aristotele (De Somniis, 1, 459 a 15) ed è anche quella della psicologia moderna: nella quale, naturalmente, da' luogo ad una serie di problemi che esulano completamente dal campo della filosofia.
Freud e gli psicanalisti hanno dato una interpretazione funzionalistica del sogno: hanno cercato di determinare la funzione che esso esercita nella vita dell'uomo. Secondo Freud il sogno è "un mezzo per sopprimere le eccitazioni (psichiche) che vengono a turbare il sonno, soppressione che si effettua con l'aiuto di soddisfazioni allucinatorie " (Intr. a la psychanalyse, 1932, pag.151). I desideri che nel sonno trovano una realizzazione simbolica, sono, il più della volte, desideri proibiti, inibiti dalla censura e perciò subiscono attraverso il sogno una elaborazione radicale che è compito dello psicologo interpretare. Questa teoria di Freud è stata a lungo discussa e non pare che si adatti a spiegare tutte le specie di sogno o tutti gli aspetti del sogno; essa è la sola tuttavia che si è proposta il problema della funzionalità del sogno, cioè del compito cui esso adempie nell'economia della vita psichica.
I filosofi si sono talvolta soffermati sul sogno o per mostrare l'incertezza della discriminazione tra il sogno è la veglia, avvalendosi e come un elemento di dubbio teoretico.
Diceva Platone "Nulla vieta di credere che i discorsi che ora facciamo siano tenuti in sogno; e quando in sogno crediamo di raccontare un sogno, la somiglianza delle sensazioni nel sonno e nella veglia è addirittura meravigliosa" (Teet, 158 c). D'altronde il tempo in cui dormiamo è uguale a quello in cui siamo desti e nell'uso e nell'altro la nostra anima afferma che solo le opinioni che ha in quel momento presente sono vere, sicchè per un eguale spazio di tempo noi diciamo che sonno vere le une ora le altre e le une e le altre sosteniamo con lo stesso vigore" (Ibid., 158 d).
Aristotele, che al sogno consacra due brevi trattati nei Parva naturalia (Dei sogni e Della divinazione nel sonno) fornisce una completa trattazione della fenomenologia e dell'eziologia del sogno. Secondo la definizione aristotelica condivisa da tutta la tradizione, il sogno è "una sorta di immagine che compare nel sonno" (Dei sogni, 3, 462 a). In generale sesso si colloca sul piano dell'immaginazione, intesa come facoltà di conservare l'immagine di qualcosa anche senza la sua presenza nell'intuizione :"l'immaginazione in realtà è un movimento prodotto dal senso quand'è in atto: ora il sogno pare che sia un'immagine (e noi diciamo sogno l'immagine prodotta durante il sonno sia in maniera assoluta, sia in quella maniera): è chiaro, pertanto, che il sognare appartiene alla facoltà sensitiva, e le appartiene in quanto è immaginativa (Dei sogni, 1, 459 a). Perciò quando l'anima si chiude nel sonno alle sensazioni esterne, si producono delle connessioni libere dell'immaginazione, legate a sensazioni precedenti e non attuali, e queste sono per l'appunto i sogni; lo status di queste immagini separate dalla sensazione che le ha prodotte può essere paragonato a quello dei proiettili che si muovono anche quando il percussore non li tocca più. Aristotele parla, come si è visto, di immagini prodotte sia in maniera assoluta, sia in qualche maniera; si intende con questa espressione il dato, facilmente accessibile nell'esperienza di chiunque, che sensazioni presenti al dormiente possono tradursi, sotto altre spoglie, in immagini oniriche (il bubbone della peste viene tradotto nel sogno di Don Rodrigo nell'elsa di una spada).
Se facilmente spiegabile è il carattere e l'eziologia del sogno, più serie questioni filosofiche insorgono a livello gnoseologico. Manca a tutt'oggi un criterio che sappia garantire che la vera vita sia quella che si svolge nella veglia. In Aristotele il problema è affrontato in via capovolta: se durante il sonno uno si accorge di sognare, avrà le immagini del sogno, ma qualcosa dal suo interno gli dirà che quelle immagini non raffigurano alcunchè di realmente presente. Il vero problema è che questa convinzione, che separa il sonno dalla veglia e che può occasionalmente apparire anche nel sogno, non può fondarsi su sè stessa, ossia potrebbe essere a sua volta un sogno (E' il tema barocco svolto da Calderòn de la Barca).
Nel sec. XVII e XVIII il tema del sogno fu ripetuto frequentemente da poeti e filosofi. Shakespeare diceva: "Noi siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e la nostra breve vita è racchiusa in un sonno" (Tempest, atto IV scena I). Calderòn de la Barca aveva utilizzato lo stesso tema ne "La vita è un sogno (1635): "Sono dunque le glorie così simili ai sogni che quelle vere son tenute per false e quelle finte per certe? C'è così poco dalle une alle altre che si fa questione di sapere se quel che si vede o si gode sia un sogno o verità?" (Atto III, scena X).
Cartesio utilizzava lo stesso tema come elemento di dubbio: "Ciò che accade nel sogno non sembra essere così chiaro e così distinto come ciò che accade nella veglia. Ma pensandoci sopra mi ricordo d'essere stato spesso ingannato, quando dormivo, da semplici illusioni. E fermandomi su questo pensiero, vedo chiaramente che non ci sono indici concludenti nè contrassegni abbastanza certi per poter distinguere nettamente la veglia dal sogno al punto che ne so stupito e il mio stupore è tale che è quasi capace di persuadermi che sto dormendo" (Med. I).
La dottrina di Leibniz secondo la quale la vita della monade, cioè della sostanza spirituale, è "un sogno ben regolato"" è un'altra manifestazione dello stesso tema. Dice Leibniz:" Non è impossibile, metafisicamente parlando, che ci sia un sogno continuo e duraturo con me la vita di un uomo (...) Ma posto che i fenomeni siano legati non importa che li si chiamino sogni o no poichè l'esperienza mostra che non ci si inganna nella misura in cui si apprendono i fenomeni, quando essi sono appresi secondo le verità di ragione".
Diceva Voltaire:"Se gli organi da soli producono i sogni nella notte perchè non potrebbero produrre da soli le idee del giorno? Se l'anima sola, tranquilla nel riposo dei sensi e operante da sè è l'unica causa, il soggetto unico di tutte le idee che abbiano dormendo, perchè tutte queste idee sono quasi sempre irregolari, irrazionali, incoerenti?" (Dictionnaire philosophique, 1764).
Schopenhauer è forse l'unico a presentare questo tema nella sua forma classica: "La vita e i sogni sono pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama vita reale. Ma quando l'ora abituale della lettura (il giorno) viene a finire e giunge il tempo del riposo allora spesso seguitiamo ancora, fiaccamente senza ordine e connessione, a sfogliare qua e là qualche pagina: spesso è una pagina già letta, spesso un'altra ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro" (Die Welt, I, 5).
Bibliografia:
Dizionario filosofico di Nicola Abbagnano
Le garzantine L'Universale