Leibniz: vita, opere e pensiero
Leibniz nacque a Lipsia nel 1646 e morì nel 1719. Genio universale, coltivò numerosi interessi come la filosofia,il diritto, la politica, la storia, la matematica ecc.. Aveva una concezione del sapere in cui la teoria si sposava con la pratica. Costruì anche una calcolatrice. Le diverse discipline di cui Leibniz si occupò trovarono nella filosofia il loro momento fondante e unificante. Il suo pensiero era orientato alla costruzione di un sistema filosofico unitario. Le sue opere filosofiche sono scritte quasi tutte in francese. Importante è il "Discorso di metafisica". I "Saggi di teodicea" sono incentrati sui problemi del rapporto tra necessità e libertà e della giustificazione del male nel mondo. Oltre a opere filosofiche scrisse anche opere di carattere politico, giuridico e matematico: importante è la "Nova methodus pro maximis te minimis" sul calcolo infinitesimale. Importante è il carteggio intrattenuto con alcuni pensatori tra i quali spicca Malebranche.
La logica
Leibniz si intertessò alla logica nella giovinezza. Importante è la " Dissertatio de arte combinatoria". Il suo obiettivo era formularla un metodo logico che matematizzasse il pensiero eliminando da esso ciò che è soggettivo e riconducendo le operazioni mentali a una forma di calcolus ratiocinator. La logica svolge una duplice funzione: deve dimostrare gli enunciati con assoluta certezza è deve consentire di inventare nuovo sapere attraverso la combinazione delle conoscenze già acquisite.
L'intero contenuto del pensiero deve essere ridotto a un numero è finito di concetti semplici da cui possono derivare tutti i concetti composti: si tratta di scoprire una sorta di alfabeto concettuale che costituisce per il pensiero l'analogo di ciò che l'alfabeto letterale rappresenta per la lingua. Anche se non riuscì a determinare i concetti semplici, pensò a una loro classificazione e catalogazione.
In secondo luogo, Leibniz, intendeva assegnare a ciascun concetto un carattere cioè un simbolo che lo rappresentasse in modo da porter operare sui simboli anzichè sui concetti; nello stesso tempo occorre ordinare i caratteri un modo che le relazioni corrispondano a quelle dei pensieri. Si tratta di determinare la lingua del pensiero con la sua struttura. Per questo è stato considerato lo scopritore della moderna logica formale. In base a questa logica, la verità stà nel fatto che la combinazione dei concetti avvenga senza comportare alcuna contraddizione. La verità si fonda sul principio di identità. Una proposizione è vera e quindi identità se in essa il predicato è già contenuto nel soggetto. Al principio di identità (A=A) è riconducibile anche il principio di contraddizione come sua variante negativa (A non è =A). Le verità fondate sui principi di identità e contraddizione si chiamano verià di ragione e sono necessarie e infallibili. Essendo fondate esclusivamente sul rapporto formale dell'identità, esse si riferiscono solo a ciò che è logicamente possibile come concetto astratto indipendentemente dal fatto che esso sia o non sia realizzato nella realtà.
Accanto alle verità di ragione, Leibniz, colloca le verità di fatto delle quali è sempre possibile il contrario. Sono contingenti e si fondono sul principio della ragione suffciente in base al quale non accade nulla senza che sia possibile a chi conosca sufficientemente le cose, indicare una ragione che basti a determinare perchè è stato così e non altrimenti.
Le verità di fatto non sono però completamente contrapposte da Leibniz alle verità della ragione. Per chi ha una conoscenza assoluta delle cose è possibile vedere come nelle verità di fatto attraverso un numero indefinito di passaggi logici, il predicato già contenuto nel concetto di soggetto. In questo modo anche le verità di fatto sarebbero ricondotte a proposizioni identiche e quindi a verità di ragione. La sola differenza è che in queste ultime l'identità tra soggetto e predicato è immediata o mediata da pochi passaggi intermedi; mentre nelle prime o presuppone un numero infinito di passaggi.
La sostanza individuale
Nel piano logico il soggetto è una funzione logica definita dalla sua correlazione con il predicato; nel piano ontologico invece, non è più solo una funzione ma un supporto metafisico del predicato cioè la sua sostanza. L'inerenza del predicato al soggetto appare ontologicamente come un essere in un essere dentro il soggetto. Dato che la totalità dei predicati ascrivibili a un soggetto definisce quest'ultimo in maniera assolutamente singolare distinguendolo da tutti gli altri soggetti, la sostanza nella quale sono contenuti i predicati è una sostanza individuale. La metafisica leibniziana essendo fondata sulla nozione di sostanza individuale, ha un carattere pluralistico. Essa si contrappone al dualismo cartesiano che dava una definizione generale della sostanza, privilegiando su tutti gli altri un solo attributo o predicato, l'estensione o il pensiero; e al monismo di Spinoza nel quale l'infinitezza degli attributi conduceva all'unicità della sostanza. La dottrina di Leibniz è fedele alla tradizione aristotelica che riconosce nell'individuo una forma sostanziale in cui convergono l'aspetto logico e metafisico. La sostanza leibniziana come quella aristotelica ha come caratteristica fondamentale l'individualità ed è singolare. Ciascuna sostanza è definita in modo particolare dai predicati che sono in essa contenuti. I predicati della sostanza individuale esprimono tutto ciò che di essa si può affermare o predicare, quindi non solo le proprietà accidentali ma anche le azioni o gli effetti che da essa derivano. Gli uomini non possono conoscere la sostanza individuale nella sua completezza, hanno nozione delle sue azioni soltanto a posteriori e di essere possono dare una spiegazione solo sulla base del principio di ragion sufficiente. Tra le diverse sostanze non esistono rapporti di causalità reciproca ma ciascuna di esse è un mondo chiuso in sè il quale si può accordare con gli altri mondi-sostanze in modo da produrre l'apparenza di un'influenza causale assolo in virtù di un'armonia prestabilita. Dato che ciascuna sostanza ha rapporti diretti o indiretti con tutte le altre; la sostanza individuale appare come lo specchio dell'intero universo.
La metafisica delle monadi
La filosofia di Leibniz è caratterizzata dall'esigenza di pervenire agli elementi ultimi che compongono le cose. Egli sentì il fascino dell'atomismo cioè la dottrina che risolve la realtà in elementi non ulteriormente scomponibili.
Nella formulazione antica (democriteo-epicurea) e in quella moderna (Gassendi) dell'atomismo gli atomi sono intensi come elementi materiali. La materia è estesa e tutto ciò che è esteso è divisibile in parti quindi parlare di atomi materiali è una contraddizione. Il problema viene risolto se gli elementi ultimi sono intesi come atomi non materiali ma di forza o centri di forza privi di estensione. La realtà materiale è composta da atomi inestesi ai quali Leibniz dà il nome di monadi (greco monàs) per esprimere il loro carattere unitario e indivisibile.
Le monadi sono:
1) prive di parti (mancanza di estensione)
2)non sono nè generabili né corruttibili
3)possono essere create solo da Dio con un atto non processuale di immediato passaggio dal non essere all'essere chiamato da Leibniz "fulgorazione" così come da Dio soltanto possono essere improvvisamente annichilite
4)non si possono scomporre quindi non possono esercitare alcuna azione causale reciproca
5)non hanno finestre attraverso le quali qualcosa può entrare o uscire
6) sono sottoposte a modificazioni (ma dato che non possono venire dall'esterno sono il risultato dell'attività interna della monade)
7)rappresenta a sè stessa ciò che avviene nel mondo, è concepita come uno specchio dell'universo.
8) non riproduce sempre la stessa percezione ma passa da una percezione all'altra presentando stati interni sempre più nuovi e configurazioni sempre diverse: ciò che la spinge a questo è l'appetizione
La dottrina della monade è la stessa dottrina della sostanza individuale che si è tradotta in un'esplicita metafisica della forza.
Le monadi possono avere diversi gradi di perfezione i quali dipendono dalla chiarezza e distinzione delle loro percezioni. Esse formano una scala gerarchica alla base della quale vi sono le monadi le cui percezioni sono oscure e confuse da non essere consapevoli. Queste monadi costituiscono ciò che fenomenicamente appare come materia. Poi avviene un salto qualitativo il quale si ha nel passaggio dalla semplice percezione inconscia alla appercezione cioè alla percezione consapevole di sè stessa.
Il più alto livello di consapevolezza e di perfezione è raggiunto in Dio il quale è collocato al vertice della scala gerarchica. E' la monade delle monadi e in lui non solo sono chiare e distinte tutte le percezioni ma si realizza anche l'unità delle percezioni. E' il fondamento di tutte le monadi, ragion sufficiente della loro esistenza.
Le monadi possono trovare il principio della propria esistenza solo in una mente divina che nell'assolutezza della sua conoscenza determina con precisione i rapporti di ciascuna di esse con tutte le altre. Secondo Leibniz, esistono delle monadi che hanno la facoltà di dominare altre in quanto le loro percezioni sono il fondamento della percezione di altre. Questo spiega la differenza tra materia organica e inorganica. Nel primo caso esiste una monade centrale la quale pur conservando un'individualità sua propria, ha la capacità di ricondurre all'unità un aggregato di altre monadi:così l'anima è la monade che nell'uomo e nell'animale fa in modo che le diverse monadi costituiscano un organismo.
Dato che la monade è sempre attiva si deduce che lo spirito dell'uomo pensa sempre, non ha mai interruzioni nella propria attività percettiva.
Anche all'interno delle monadi fornite di appercezioni come l'anima dell'uomo, ci sono percezioni che non giungono alla coscienza di sè.
Il sapere della monade è innato in essa e ciò che appare come un processo di apprendimento è in realtà il passaggio delle percezioni dallo stato di oscurità a quello di chiarezza.
In opposizione a Locke, Leibniz, riprende da Cartesio e Malebranche le tesi innatistiche.
L'armonia prestabilita
Per esporre tale teoria, Leibniz utilizza l'esempio di due orologi che avanzano allo stesso modo così da indicare entrambi sempre la stessa ora. La coincidenza tra i due orologi può essere spiegata in tre diverse modalità:
1) immaginare che i due orologi sono connessi in modo tale da influenzarsi a vicenda
2) la seconda spiegazione presuppone un abile orologiaio che interviene continuamente sugli orologi per metterli al passo; questa è la proposta dell'occasionalismo per il quale l'accordo tra sostanze diverse è imputabile al continuo intervento straordinario di Dio
3) si pensa che entrambi gli orologi sono così precisi che avendo ricevuto la stessa carica devono seguire gli impulsi che già contengono in sè stessi per indicare entrambi la stessa ora. A questo principio obbedisce la dottrina dell'armonia prestabilita secondo la quale all'atto della creazione del mondo Dio ha dato a ogni monade una legge di sviluppo che si armonizza con quelle di tutte le altre.