L'empirismo britannico
L'empirismo, dottrina secondo cui l'esperienza è la base di ogni conoscenza, è una posizione da sempre presente nella storia della filosofia. Nella versione moderna dell'empirismo britannico, inaugurata da Locke e perseguita da Berkeley e Hume, la tesi della preminenza dell'esperienza assume anche il carattere di una polemica nei confronti dei grandi sistemi metafisici del Seicento, proposti dai razionalisti quali Cartesio, Spinoza e Hobbes, che ritenevano di poter costruire una teoria integrata della realtà a partire dai principi generali (la distinzione necessaria tra materia e pensiero, il meccanicismo, il determinismo). Ogni nostra teoria sul mondo dovrà invece essere costruita un passo alla volta, senza allontanarci da ciò che l'esperienza ci mostra, e con la precisa consapevolezza dei limiti della ragione umana.
La critica delle idee innate
L'empirista nega in particolare l'esistenza delle idee innate, così come è scettico nei confronti di ogni forma di conoscenza a priori della realtà, e ritiene che la mente al momento della nascita sia una tabula rasa, uno strumento passivo su cui i sensi lasciano le loro tracce.
La critica della sostanza
Un altro aspetto caratteristico dell'empirismo è la critica all'idea di sostanza: la natura della realtà, se è accessibile all'uomo, può essere individuata soltanto con riferimento alle idee che di essa riusciamo a formarci. Il sapere è dunque relativo e probabile (non certo e dimostrato, come nel razionalismo), in accordo con l'idea del carattere fallibile e limitato di ogni attività umana.