Pomponazzi : l'aristotelismo rinascimentale
Pietro Pomponazzi (Mantova, 16 settembre 1462 – Bologna, 18 maggio 1525) è un aristotelico e uno scolastico nello stile delle sue opere. E' un professore di filosofia all'università di Padova.
Opere principali
La sua opera che suscitò le maggiori polemiche fu "Il De Immortalitate animae".
Compose ma non pubblicò altre due opere importanti: il "De Fato" e il "De Incantationibus" (pubblicata postuma e inserita nell'Indice della chiesa cattolica).
Il libro di Pomponazzi sull'immortalità dell'anima è fatto alla maniera degli scolastici e discute meticolosamente le più importanti dottrine sull'immortalità dell'anima e cioè quelle di Averroè, Platone, Tommaso, Alessandro di Afrodisia commentatore di Aristotele.
L'anima intellettiva è principio di intendere e volere immanente all'uomo. Rispetto all'anima sensitiva degli animali, è in grado di conoscere l'universale e il soprasensibile. Tuttavia essa non è un'intelligenza separata e per questo motivo non può conoscere se non mediante le immagini che le derivano dai sensi. L'anima non può strutturalmente fare a meno del corpo, giacché, privata del corpo, non potrebbe svolgere la sua propria funzione. Pertanto va considerata come una forma che nasce e perisce con il corpo non avendo alcuna possibilità di agire senza i corpo. Tuttavia, Pomponazzi asserisce che essendo l'anima il più nobile degli esseri materiali e trovandosi al confine con quelli immateriali "profuma di immaterialità" anche se non in assoluto. Pomponazzi non voleva negare l'immortalità in assoluto, ma solo come verità dimostrabile con sicurezza della ragione. Che l'anima sia immortale è articolo di fede e che come tale deve essere provato con gli strumenti della fede, cioè con la rivelazione e le scritture canoniche.
Il 97 % dell'opera è dedicato a mostrare che l'anima è mortale, mentre il 3% è dedicato all'immortalità dell'anima. Pomponazzi asserisce che se l'unica filosofia esistente fosse quella aristotelica si dovrebbe concludere che l'anima è mortale. Tutta l'opera di Pomponazzi è una confutazione di singole ipotesi e si giunge alla conclusione che nell'ambito della filosofia aristotelica non si può dimostrare l'immortalità dell'anima.
"De Incantationibus" (libro degli incantesimi): in questo libro, al problema se esistono cause soprannaturali nella produzione dei fenomeni naturali, Pomponazzi risponde mostrando che tutti gli eventi senza eccezione possono essere spiegati con il principio della naturalità, compreso tutto quanto accade nella storia degli uomini.
"De Fato" (sul destino): Il destino viene considerato da Pomponazzi alla maniera degli Stoici: una razionalità universale che governa il mondo con leggi necessarie. Pomponazzi ritiene che la natura sia piena di magia, di poteri magici/occulti che in qualche modo condizionano la vita umana. Viene negata la libertà umana perché l'uomo essendo parte della natura è interamente in balia delle cause naturali le quali sono molto spesso occulte.
Le stesse religioni sono per Pomponazzi il frutto di cause naturali e devono essere considerate al pari di qualsiasi altra realtà di questo modo soggetto alla generazione e alla corruzione.
Pensiero in ambio etico/morale
Pomponazzi sostiene che la virtù cioè la vita morale si salva più con la tesi della mortalità dell'anima che non con quella dell'immortalità. La vera felicità è riposta nella virtù medesima (idea ripresa da Socrate), così come l'infelicità è riposta nel vizio. Chi è buono in vista dei premi ultraterreni corrompe la purezza della virtù.
Forma espositiva
E' molto vicina a quella che si chiama la "doppia verità". Idea che esista una verità filosofica e una verità di fede. Sono due verità che no coincidono. Un pensatore accetta e quindi riconosce come vero qualcosa che è contrario a ciò che quello stesso pensatore riconoscerebbe per vero se non avesse la fede ma solo la filosofia. E' una sorta di periodo ipotetico o controfattuale della realtà.
Paul Kristeller: "Una cosa può semplicemente essere più probabile secondo la ragione e secondo Aristotele per quanto l'opposto debba essere accettato come vero sulla base della fede".