Thomas Hobbes: vita, opere e pensiero
Opera come filosofo e teorico della politica prevalentemente nel ventennio 1640-1660 pervenendo dopo aver criticato il cartesianesimo nelle sue fondamenta metafisiche a una teorizzazione dell'assolutismo. Nasce dall'esigenza di trovare una soluzione alla guerra civile e consiste nella teoria del conferimento di tutti i diritti dei singoli ad una autorità sovrana che può essere non solo monarchica ma anche repubblicana.
Mise a punto e realizzo' il suo progetto di creare una scienza nuova: la filosofia civile, una scienza che si affianchi alle altre create da Copernico, Galilei nella fisica astronomia.
La premessa del suo progetto è che bisogna tenere separate le questioni religiose da quelle filosofiche e scientifiche come avevano affermato già precedentemente Galilei e Bacone. Il progetto muove dal rifiuto del dualismo cartesiano contro il quale Hobbes aveva scritto le tre obiezioni alle Meditazioni metafisiche di Cartesio. Hobbes contrappone alla tesi cartesiana delle due sostanze ( res extensa e res cogitans) una concezione materialistica e meccanicistica.
Esistono soltanto corpi materiali in movimento composti da atomi in uno spazio pieno e non vuoto ( c'è una materia sottile che collega i corpi nello spazio) e il movimento è di tipo meccanicistico il quale risulta da una stretta concatenazione di tipo causale e regolata da leggi. A partire da questo costruisce una teoria della conoscenza o logica nella quale l'intelletto umano non è una sostanza separata ma uno dei modi di funzionamento dei corpi come la sensazione è l'immaginazione. La conoscenza conserva il carattere matematico e diventa un calcolo di concetti assimilabile è riducibile alle operazioni della matematica.
"De Cive"
Quest'opera riguarda la nascita dello stato assoluto frutto di un patto o contratto fra esseri umani per uscire dalla loro condizione naturale di guerra di tutti contro tutti. Lo stato che qui è descritto e' cristiano e si identifica con la chiesa per cui il potere sovrano e' politico e religioso. Il passaggio dallo stato di natura a quello artificiale e' frutto della necessità delle leggi della natura umana. Gli uomini nell stato di natura si comportano come animali e spinti dai loro desideri e paure si trovano in uno stato di guerra di tutti conto tutti e hanno diritto a tutto. Da questo stato naturale gli uomini escono attraverso dei patti con i quali trasferiscono i loro diritti naturali a un sovrano (uomo o gruppo di uomini). Il patto produce il passaggio dalla libertà di ciascuno propria della condizione naturale al potere proprio della sovranità dello stato.
Hobbes descrive l'essere umano nello stato di natura guidato da quattro facoltà: forza fisica, esperienza, ragione e passioni. Queste risalgono alla concezione materialistica e meccanicistica. Gli uomini sono per natura tutti uguali tra loro. La diseguaglianza è stata introdotta dalle leggi civili. Gli esseri umani nella condizione naturale hanno gli stessi diritti ( ciascuno cerca quel che è bene per lui e fugge da ciò che è male soprattutto dalla morte). In questa condizione il diritto è la libertà di usare la ragione delle proprie facoltà naturali.
Il primo fondamento del diritto naturale è che ciascuno tuteli la propria vita e le proprie membra. Il diritto alla propria conservazione, alla sopravvivenza costituisce per l'essere umano il fondamento del suo agire e la legittimazione dei mezzi da lui usati per quel fine. Dato che ciascuno ha diritto a tutto, tutti si scontrano con tutti. L'uomo in tale situazione è homo homini lupus cioè un lupo per l'altro uomo. Gli uomini si rendono conto che non si può rimanere in tale situazione per la paura continua, insicurezza ecc...e così entra in funzione la prima legge di natura e cioè che si deve tendere alla pace finché c'è qualche speranza di ottenerla. Bisogna rinunciare al proprio diritto naturale a qualsiasi cosa. La seconda legge di natura è che bisogna stare ai patti. Da queste leggi nasce lo stato sovrano il quale è il risultato dei patti in virtù dei quali gli uomini hanno rinunciato ai loro diritti naturali e li hanno trasferiti al sovrano (è il destinatario dei diritti ed è stato investito dalla sovranità) il quale non fa parte del patto, non è fra i contraenti e deve garantir la vita è la sicurezza di coloro che hanno stipulato il contratto. Ogni legge è una limitazione di un diritto! Hobbes preferisce tra le diverse forme di stato quella monarchica. Lo stato di cui parla Hobbes è quello che si armonizza con quanto dicono le scritture. Il sovrano dello stato è anche capo della chiesa.
Per Hobbes l'interpretazione non deve essere lasciata ai singoli cristiani ma dipende e deriva dall'autorità di quella persona che detiene il potere sovrano. Chiesa e stato sono una cosa sola.
La religione
Hobbes pensa a una religione purificata di tutto quanto riguarda l'esteriorità rituale, cerimoniale e dalle dispute che producono tali aspetti. Egli ritiene che per la salvezza (fine per cui esiste la religione) sono necessarie due cose: fede e obbedienza. La prima consiste nel credere che Gesù è il Cristo cioè il Messia annunciato dai profeti dell'Antico Testamento è venuto sulla terra per redimerci dal peccato originario ereditario; la seconda, invece, si riduce non alle opere che si compiono ma alla volontà e intenzione con cui quelle opere vengono compiute. Se si ha la fede la quale deriva da Dio le opere buone seguono. L'obbedienza equivale allora al pentimento cioè alla consapevolezza di essere nel peccato. Ribellarsi al sovrano sarebbe contrario al patto che fonda lo stato e quindi bisogna andare a Cristo attraverso il martirio. La religione è subordinata al potere dello Stato.
Il Leviatano
Compito del filosofo é proporre una riflessione e un'analisi dei processi conoscitivi che consentono di giungere alle dottrine politiche base della filosofia civile.
La filosofia civile ci mostra che l'umanità è a immagine di Dio e imita Dio nell'arte di creare o produrre: Dio crea la natura e l'uomo naturale e quest'ultimo crea un animale non naturale ma artificiale il "leviatano" cioè la comunità politica o lo stato il quale ha il compito di proteggere e difendere. L'uomo naturale creato da Dio viene prima di quello artificiale creato dagli uomini.
La conoscenza
Hobbes indica nel senso/immaginazione/ragione i gradi naturali della conoscenza in termini materialistici e meccanicistici. Sul piano dell'agire, lo sforzo di conservazione si manifesta nell'appetito e avversione dei corpi esterni sui singoli nostri sensi e produce immagini o fantasie che noi definiamo qualità sensibili dei corpi. In realtà i corpi non hanno quelle qualità. Materia e movimento sono le condizioni di partenza.
Anche la memoria, l'immaginazione è il sogno sono spiegabili con i nostri movimenti corporei; noi non creiamo nulla nella nostra conoscenza. Tutto quello che accade è il risultato di movimenti corporei. Tutte le fantasie per Hobbes sono movimenti dentro di noi. Al di sopra dell'immaginazione come capacità di articolare non solo fantasie ma anche pensieri e parole c'è la ragione della quale viene data una spiegazione materialistica e meccanicistica.
Per Hobbes c'è un livello di formazione e utilizzazione del pensiero che abbiamo in comune con gli esseri animali; mentre solo il livello più ricco quello che ci porta a costruire discorsi è esclusivo dell'essere umano. Si tratta del livello in cui manifestiamo i nostri sentimenti, desideri, paure e speranze.
Se tutto ciò che conosciamo è frutto di movimenti esterni della materia e di quelli interni corporei nostri; tutti questi movimenti sono finiti e non possono dar luogo a immagini o idee dell'infinito, ne di Dio.
La parola è l'invenzione più importante dell'umanità e con essa sono possibili il discorso e la manifestazione più ricca della ragione. Parola, linguaggio è discorso distinguono l'essere umano dal resto della natura. Hobbes fa risalire al rapporto di Adamo con Dio l'invenzione della parola e del linguaggio in quanto Dio parla con Adamo e questo riceve da Dio il compito è il potere di assegnare i nomi alle cose e agli animali.
Linguaggio, nomi e cose sono i tre concetti fondamentali della teoria hobbesiana della ragione intesa come potere di assegnare nomi alle cose secondo i nostri pensieri e di usarli per rappresentarle. Hobbes prende posizione sulla questione degli universali cioè di ciò che corrisponde ai nomi generali (uomo, animale ecc...). Egli asserisce che come non esistono le idee dell'infinito, non esistono neppure le idee generali o universali. I nomi sono sì in alcuni casi universali o generali ma non le realtà alle quali si riferiscono che sono sempre individuali. Più che nomi universali dovrebbero chiamarsi "nomi comuni".
La ragione è quindi definita da Hobbes come attività di calcolo (addizione e sottrazione del risultato dei nomi generali connessi tra loro allo scopo di fissare ed esprimere i nostri pensieri).
Esclusivamente umano è per Hobbes il sentimento della religione di cui viene proposta una spiegazione meccanicistica e materialistica. A differenza degli animali; gli esseri umani desiderano conoscere le cause delle cose e le loro origini e di fronte all'incapacità di trovare spiegazioni provano paura per il futuro, ansietà e immaginano forza misteriose invisibili dietro ai fatti: gli spiriti.
Hobbes distingue le religioni naturali susseguitesi nella storia pagana dell'umanità da quella vera rivelata da Dio al popolo ebraico.
Il regno delle tenebre è tutto ciò che è contrario a una corretta lettura dei testi biblici insieme a tutto ciò che rimane di demonologia e di paganesimo in alcune religioni.
Critica a Cartesio
Hobbes colpisce la filosofia di Cartesio proprio al cuore cioè all'argomentazione che, muovendo dal dubbio aveva condotto Descartes alla prima verità (io penso) specificata con la seconda conclusione (io sono un essere pensante e quindi uno spirito, anima, intelletto e ragione). Hobbes accetta la prima conclusione ma non condivide la seconda. La seconda conclusione è ricavata indebitamente poiché può darsi, osserva Hobbes, che una cosa che pensa sia qualche cosa di corporeo e il contrario di questa ipotesi è postulato ma non provato.
Secondo Hobbes la conclusione "io penso" si ricava dal fatto che non possiamo concepire alcun atto senza il suo soggetto, come il pensiero senza una cosa che pensa. Sbaglia Cartesio, secondo Hobbes, a confondere una funzione (quella del pensare) con una realtà o sostanza (il pensiero inteso come res cogitans); un errore che dovrebbe portare per analogia a confondere il passeggiare con la passeggiata.
Obiezioni relative all'idea di Dio: Cartesio aveva asserito che in noi è presente l'idea di infinito e di perfezione cioè l'idea di Dio secondo l'argomento ontologico costituisce di per sè una prova dell'esistenza di Dio (dal momento che le nostre limitate capacità mentali non sono in grado di formare quell'idea che risulta quindi indipendente da noi, innata in noi ma non formata da noi).
Hobbes afferma che noi non abbiamo quell'idea di Diio di cui parla Cartesio (confonde le idee con i nomi). Diamo il nome di Dio non a qualcosa di cui abbiamo un'idea ma a ciò che si chiede di credere pur non conoscendola e non avendo la possibilità di conoscerla.
Secondo Hobbes noi non possediamo l'idea di Dio ma la ricaviamo dai ragionamenti che facciamo intorno alle cose che ci circondano e ci rinviano di causa in causa a una causa prima che chiamiamo Dio.
Dio e anima più che idee sono nomi di realtà inconoscibili per noi. Ciò che conosciamo è il risultato della nostra esperienza.