Vico: vita, opere e pensiero
Vico nacque a Napoli nel 1668 e morì nel 1744. Non tutto il Settecento si identifica con il pensiero illuminista. Tra le eccezioni, una delle più notevoli è rappresentata da Vico, che nella prima metà del secolo sviluppa con coerenza e determinazione una risoluta polemica anti-razionalista.
Di famiglia povera, Giambattista Vico come da autodidatta gli studi di letteratura, filosofia e diritto. Nei suoi primi anni è influenzato dalle filosofie atomistica e cartesiana che avevano cominciato a diffondersi anche a Napoli; in seguito tuttavia rinnegherà tali esperienze giovanili.
Nel 1699 ottiene un modesto incarico come professore di eloquenza all'università di Napoli e da allora dedica tutta la propria esistenza allo studio, malgrado sia afflitto da problemi finanziari e familiari, nonché da frustrazioni e risentimenti per la mancanza di quei riconoscimenti che gli giungono soltanto nel 1732, con la nomina a storiografo regio.
Polemica contro Cartesio
Fin dall'orazione "De nostri temporis studiorum ratione" (1708) e soprattutto in "De antiquissima Italorum sapientia (1710) Vico sviluppa la sua polemica contro il razionalismo cartesiano, difendendo la fantasia e la memoria facoltà che rendono possibile la poesia e rivendicando il valore della retorica e dell'eloquenza in polemica con l'idea che esista un unico metodo per la ricerca e lo studio.
Peculiarità della scienza morale
Per Vico le scienze morali e politiche presuppongono il libero arbitrio dell'uomo, e risultano quindi incompatibili con la certezza assoluta propugnata dal metodo cartesiano. Egli cita con favore Francesco Bacone e quei pensatori, come Gassendi o Hobbes, che negano la possibilità di una coscienza a priori della natura. Vico sottolinea così i limiti della natura umana, contro l'empia pretesa della fisica a priori di Cartesio di descrivere il mondo dal punto di vista di Dio. Egli critica lo stesso cogito cartesiano: è vero che ciascuno di noi ha una coscienza immediata di se stesso, ma non per questo ha scienza del proprio pensiero, perché non sa come il pensiero si produce.
Scienza della natura
Nella sua opposizione al cartesianesimo, Vico finisce con l'accogliere posizioni addirittura reazionarie per quanto riguarda la scienza della natura: egli rifiuta il principio di inerzia e le leggi del moto della nuova fisica, in polemica con l'atomismo e la riduzione della materia a pura estensione. Egli afferma invece una visione del mondo legata al neoplatonismo e al pensiero ermetico rinascimentale, secondo cui la natura è composta da punti metafisici o centri di forza immateriali.
Scienza nuova
Molto più interessante e originale è la riflessione di Vico sulla storia e la civiltà umana, elaborata in opere quali "Il diritto universale" (1720-22) e soprattutto nei volumi de "La scienza nuova" (1725,1730 e 1744). La scienza nuova è la scienza della natura umana, la cui possibilità si basa sulla tesi che è conoscibile con verità solo ciò di cui si è autori. Per Vico, mentre non è possibile conoscere le leggi della natura delle quali è autore Dio, noi siamo in grado di conoscere le norme che governano le istituzioni, il linguaggio, i miti, dato che di esse siamo noi gli autori. Propugnando l'identità del vero con il fatto ( verum ipsum factum), Vico individua nella storia umana il campo di una conoscenza completa e adeguata.
Le tre età
Partendo dall'osservazione che nell'individuo dapprima si sviluppa il senso (la sensibilità), poi la fantasia, e in ultimo la ragione, Vico ipotizza che lo stesso avvenga per le civiltà umane. Proiettando lo schema dello sviluppo psicologico dell'individuo sul piano della storia umana, egli afferma che si hanno tre stadi storici dello sviluppo delle nazioni: l'età degli dei, dove dominano i miti religiosi primitivi; l'età degli eroi, caratterizzata dal dominio signorile (che trova espressione nei poemi omerici); infine l'età degli uomini, caratterizzata dalla comparsa della filosofia e del diritto.
Vico nega quindi la tesi di una sapienza più profonda, goduta dall'umanità primitiva, ma d'altra parte critica la boria del pensiero razionalistico. Questi giudicherebbe in modo storico le credenze arcaiche, disprezzando in quanto superstizioni quelli che sono i passaggi naturali dello sviluppo della cultura umana ignorando i meriti della sapienza poetica.
Corsi e ricorsi storici
Secondo Vico, le nazioni, una volta compiuto il proprio ciclo, possono ricadere in uno stadio precedente, ricominciando daccapo il tragitto verso la civilizzazione, dando vita a corsi e ricorsi storici: il Medioevo, per esempio, rappresenta un ritorno alla barbarie, dopo le vette della civiltà classica e niente ci garantisce che la civiltà moderna non possa a sua volta entrare in una fase di decadenza. Civiltà e razionalità risultano dunque conquiste precarie, mai garantite e suscettibili di venir perdute dagli uomini, anche se non necessariamente ogni civiltà dovrà decadere.
La religione
Polemica nei confronti dell'ala più radicale del pensiero illuminista è anche la tesi di Vico, secondo cui all'origine del cammino che conduce gli uomini alla civiltà vi sia il sentimento religioso: senza religione non si dà società. Il timore nei confronti di manifestazioni paurose e incomprensibili (per esempio un fulmine) muove i bestioni di cui si compone l'umanità primitiva al timore nei confronti di qualche forza superiore, e da qui alla creazione di riti e costumi che sono il primo passo verso la società civile.